Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Gli olivicoltori fanno rete: nasce la federazione italiana

27 Marzo 2023
Fioi 1 Fioi 1

Alta qualità, tutela del paesaggio, promozione delle varietà italiane e voglia di crescere e migliorare insieme. Sono alcuni dei principi che animano gli olivicoltori della Fioi, la Federazione italiana olivicoltori indipendenti, nata circa un anno fa e ufficializzata a gennaio di quest’anno. Nonostante la sua giovane età, la Federazione può contare già su una cinquantina di associati tra produttori semplici, con frantoio o cooperative. “Chi privilegia esclusivamente l’olio extravergine di oliva italiano è il benvenuto”, dice Antonella Titone, produttrice trapanese e vice presidente della Fioi. “Ci siamo associati – spiega – perché non ci riconoscevamo nelle compagini già esistenti. Noi vogliamo essere esclusivamente paladini dell’olio di qualità e spesso i problemi di questo comparto vengono affrontati in modo contraddittorio dalle associazioni che accolgono tutti, dai piccoli produttori all’industria, con obiettivi spesso in contrasto tra di loro. Noi, proprio perché siamo indipendenti, non abbiamo legami e se c’è qualcosa che non ci piace, la combattiamo. La Fioi ha avuto una lunga gestazione proprio perché abbiamo ponderato tutto per evitare che possano subentrare interferenze e per tutelare chi produce qualità italiana”.

I soci fondatori della Fioi sono quattordici e a spingere perché si costituisse la Federazione è stata, su tutti Caterina Mazzocolin. “La mia famiglia produce vino in Chianti Classico nell’azienda Felsina e io mi sono innamorata dell’olio nella cantina di famiglia – racconta – Nel 2002, sulla scia delle indicazioni date da Veronelli nel suo manifesto dedicato all’olio, ci siamo dotati di un frantoio all’avanguardia per produrre olio da olive denocciolate monocultivar. Veronelli diceva che bisogna conoscere le varietà per difenderle e questa scoperta mi ha fatto venire voglia di comunicare al mondo intero la ricchezza che si produce in Italia. La nostra nazione per me è come la Champagne, con un territorio piccolo e una produzione ricchissima. In Italia abbiamo circa 600 varietà di olive e siamo l’unico paese al mondo ad averne così tante. Ma si produce solo il 3 per cento di olio di qualità. Ecco, tutti insieme possiamo far fronte al fatto che le regolamentazioni attualmente vigenti favoriscano l’industria e non la qualità”.

Tra gli obiettivi principali, dunque, la valorizzazione della materia prima, che poi significa tutela del paesaggio, minor abbandono di campi e terreni, attenzione all’aspetto salutistico di ciò che si porta in tavola e possibilità di riappropriarsi della piacevolezza nel consumo di un prodotto che, per qualità e caratteristiche, ci distingue dal resto del mondo. “Vogliamo proteggere il piccolo produttore rispetto alla remunerazione dell’olio – afferma la vice presidente Titone – ma anche far conoscere i nostri prodotti e creare affiliazioni per facilitare la commercializzazione, un po’ sulla falsa riga di quello che fa la Fivi che raggruppa i vignaioli indipendenti. È importante fare gruppo per creare una rete di sostegno e promozione”.

“Tra i nostri obiettivi – aggiunge Caterina Mazzocolin – c’è quello di fare incontri regionali per spiegare il nostro progetto ai produttori, mettere a loro disposizione buone pratiche ed esperienza. Stiamo lavorando anche ad una mappatura di frantoi a marchio Fioi per tutti gli associati che non ne hanno uno a disposizione ma vogliono comunque garantire la qualità del loro prodotto”. Intanto, tra i problemi più urgenti da affrontare, c’è quello della Xylella, il batterio che si propaga all’interno della pianta di olivo, causandone la morte. “È una questione che va affrontata a livello politico nazionale perché non riguarda solo la Puglia – spiega il presidente della Fioi, il pugliese Pietro Intini, dell’omonima azienda di Alberobello, nel barese –. In questa regione, tra alberi malati e morti siamo arrivati a quota venti milioni. La Xylella è arrivata già nell’alto Salento e in provincia di Bari. Purtroppo le buone pratiche agronomiche servono solo per arginare il problema ma per eradicarlo è necessario mettere in quarantena le zone infette e stanziare fondi per effettuare i controlli. Se collassa la Puglia, che da sola produce oltre il 40 per centro dell’olio italiano, rischia di crollare tutto il sistema di trasformazione ed imbottigliamento del centro nord Italia. Sappiamo che è stato fatto tanto ma altrettanto rimane ancora da fare e come Fioi ci battiamo anche per questo”.