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Il caso

Il Sauvignon alterato con il “lievito magico”: in 41 patteggiano la pena

18 Ottobre 2017
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Si è chiusa ieri sera tardi con 41 patteggiamenti, per 31 persone fisiche e dieci aziende, l'inchiesta della Procura di Udine sul presunto caso di sofisticazione del Sauvignon con un esaltatore dei normali aromi del vino bianco, non dannoso per la salute dei consumatori ma non previsto dal disciplinare di produzione (leggi questo articolo e quest'altro per i dettagli). 

Hanno scelto la via del patteggiamento l'enologo Ramon Persello che aveva inventato l'esaltatore di aromi (sei mesi; pena sospesa) e 30 produttori che hanno concordato il pagamento di una somma variabile tra tremila e diecimila euro. Sanzione pecuniaria anche per le dieci aziende coinvolte. Solo un produttore non ha scelto la via del patteggiamento e affronterà dunque il processo. Altre posizioni, tra cui quella della moglie dell'enologo e quattro produttori, erano state già archiviate nei mesi scorsi. L'inchiesta era stata avviata nel settembre del 2015 con una serie di perquisizioni delegate dal pm titolare del fascicolo Marco Panzeri ed eseguite dai Carabinieri del Nas di Udine in una serie di aziende agricole che, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbero usato l'esaltatore per produrre il vino. 

Le indagini erano state avviate sulla base di una segnalazione “interna” partita da alcuni produttori del Sauvignon. Per la Procura di Udine, la scelta dei patteggiamenti “conferma la solidità dell'impianto accusatorio”. Un finale per niente scontato quello decretato dal gup del tribunale di Udine, Andrea Comez, per la stragrande maggioranza degli indagati coinvolti nell’inchiesta sul vino “dopato”. Non, almeno, due anni fa, quando la Procura di Udine sollevò il velo sulle indagini e, con le prime perquisizioni in una ventina di aziende vitivinicole, puntò il dito contro alcune tra le più blasonate etichette dei Colli Orientali e del Collio. Tutt’altro che disposti ad accettare il colpo assestato dai carabinieri del Nas e dal personale dell’Ufficio antifrode di Udine al cuore di una delle sue eccellenze, il mondo economico regionale e le stesse cantine indagate risposero con una levata di scudi che tutto lasciava prevedere, fuorchè un accordo sulle pene.

Il caso Sauvignon inizia nell'agosto del 2015 quando la Procura di udine apre un fascicolo di indagini sulla presunta contraffazione del vino. Sono 17 le aziende per cui le ipotesi di reato è “frode per l'esercizio del commercio”. Avrebbero ottenuto un “lievito magico” in grado di amplificare il profumo del vino Vengono sequestrate cantine ed ettolitri di mosto di sauvignon: i periti non riscontrano irregolarità. A un anno dall'apertura delle indagini l'inchiesta si allarga coinvolgendo anche Terni e Chieti. Il 17 ottobre 2017 41 persone scelgono di patteggiare. Frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine il reato contestato a tutti dal pm Marco Panzeri, titolare dell’inchiesta. In cima all’elenco dei patteggiamenti spicca il nome di Ramon Persello, il consulente bioclimatico di Attimis considerato, allora come adesso, uno tra i migliori fantasisti della chimica applicata all’enologia. Sua l’invenzione del preparato che ha finito per inguaiare decine di vignaioli, dentro e fuori regione: un esaltatore di aromi, non nocivo alla salute, ma neppure previsto nel disciplinare di produzione dei vini Doc, venduto per anni a tutti coloro che, confidando nella sua esperienza, puntavano “semplicemente” a migliorare le proprie bottiglie, valorizzandone profumi e resa.

Un’inchiesta che ha messo a soqquadro il settore, ben più di quanto le “polverine” magiche dell’enologo finito nei guai abbiano inficiato la bontà del vino. Finito anche sul registro degli indagati delle Procure di Terni, Chieti e Lanciano, per effetto degli stralci per competenza territoriale operati dal pm friulano, Persello è l’unico ad avere patteggiato una pena detentiva: 6 mesi di reclusione, sospesi con la condizionale, in cui il suo difensore, avvocato Luca Ponti, è riuscito a fare accorpare tutti e quattro i procedimenti con una formula omnia globale. Altrettanto, ma in termini di archiviazione, il legale aveva ottenuto nei mesi scorsi per la moglie del consulente, Lisa Coletto, inzialmente coinvolta in qualità di presunta assistente del coniuge nel laboratorio allestito nella loro abitazione, ma risultata poi estranea alle attività contestate.”I produttori di Sauvignon scelgono la via dell’accordo con la Procura, per dedicarsi con tutte le loro forze alla qualità del prodotto e alla tutela del loro marchio. È prevalsa unanimemente la convinzione che un’applicazione di sanzione sostitutiva pecuniaria avrebbe evitato una impegnativa, in termini di tempo e denaro, verifica dibattimentale degli assunti accusatori”, dicono in un comunicato stampa i vignaioli per i quali il gup di Udine ha applicato le pene rispettivamente patteggiate con la Procura.

I produttori coinvolti

Il secondo round di perquisizioni risale al 22 ottobre 2015. A Ortona, l’avviso di garanzia viene notificato a Lucio Di Bartolomeo, presidente della cantina, e a Mastropierro. Nell’ordinanza sono riportati i passaggi delle intercettazioni telefoniche e della mail considerate più significative. Il 15 luglio 2015, per esempio, Persello allega il documento “Chardonnay esteri” in cui menziona l’aggiunta di amminoacidi ramificati Bcaa, uguali a quelli citati in una serie di precedenti messaggi Telegram. Nel procedimento, all’epoca, figuravano già indagati Claudio Buiatti, di Buttrio, Stefano Traverso, di Prepotto, e Thomas Kitzmuller, di Brazzano, Roberto Snidarcig (“Tiare”, Dolegna del Collio), Adriano Gigante (Corno di Rosazzo), Valerio Marinig (Prepotto), Paolo Rodaro (Spessa di Cividale), Pierpaolo Pecorari (San Lorenzo isontino), Michele Luisa (Corona), Anna Muzzolini (“Iole”, Prepotto), Roberto Folla (“Cortona”, di Villa Vicentina), Luca Caporale (“Venchiarezza”, di Cividale), Federico Stefano Stanig (Prepotto), Andrea Visintin (“Magnas”, di Cormons), Cristian Ballaminut (Terzo d’Aquileia), Cristian Specogna (Corno di Rosazzo), Gianni Sgubin (Dolegna), Filippo Butussi (Corno di Rosazzo), Remo De Luca (Mozzagrogna, provincia di Chieti) e Valentino Cirulli (Ficulle, provincia di Terni).

E quelli aggiunti dopo

Lo scorso gennaio, l’inchiesta era stata estesa a un nuovo gruppo di produttori ed enologi. Per tutti, in luglio, il pm Marco Panzeri ha chiesto la proroga delle indagini e anche sui loro nomi è venuto meno il segreto istruttorio. Ecco l’elenco: Maurizio Arzenton, di Attimis, Stefano Bernardis, di Dolegna, Bruno Bertossi, di Faedis, Nicola Bodigoi, di Prepotto, Franco Clementin, di Terzo d’Aquileia, Giovanni Foffani, di Trivignano Udinese, Mara e Paolo Giavitto, di Faedis, e l’omonima società agricola, Andrea Magnan, di Corno di Rosazzo, Milano, Denis e Mitja Miklus, di San Floriano del Collio, con la loro azienda, Franco Pizzulin, di Prepotto, Michele Specogna, di Premariacco, e la società Toblar di Ramandolo, Denis e Patrick Sturm, di Cormons, con la loro azienda a Zegla, e Oliviero, Palmira e Cinzia Visintini, di Corno di Rosazzo, con la loro azienda.

C.d.G.