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Il personaggio

“Vini naturali? Categoria ormai superata, piuttosto siano autentici”

03 Ottobre 2013
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Luca Gargano, patron di Velier e ideatore delle Triple A: biologico e aggettivi simili sono inflazionati, il terroir più importante di ogni cosa

“Il futuro del vino è nel passato.

E cioè nella difesa della tradizione sta la forza per affrontare l'avvenire”. Non ha dubbi Luca Gargano, patron di Velier, azienda genovese leader nella distribuzione di vini e distillati, e ideatore delle Triple A. Il vino, spiega Gargano in una intervista a Cronache di Gusto, oggi deve essere soltanto espressione “autentica” di un terroir, veicolo di convivialità e bandiera del savoir faire del produttore. E poi sull'Italia e le sue abitudini enofile Gargano è ancora più tranchant: “Vedo un Nord Italia appiattito, senza dinamismo, privo di vivacità e voglia di vivere. Per fortuna c'è un Sud Italia dove ancora certi valori resistono. Come il piacere della tavola, della convivialità, e anche un certo entusiasmo per le piccole cose belle della vita, tutte motivazioni che aiutano il mondo del vino”.

Addirittura. Vedi un Sud piú propositivo? Piú ottimista?
“Direi di sì. Penso proprio che il Sud, nel mondo del vino e dei suoi appassionati, in questo momento sia piú attento alle tradizioni e più pronto a scommettere sul futuro. Sicuramente, c'è una contrazione del mercato italiano, dovuto più che alla crisi economica, che prima o poi passa, ad una cattiva comunicazione. Penso, ad esempio, alle norme che regolano il consumo di alcool per chi guida. Sui consumi credo che negli ultimi cinque anni si sia creata una vera e propria psicosi tra la gente. E in un Paese che vive di vino e di enogastronomia, questo è più che deleterio. Dall'altra parte, però, si sta sviluppando una richiesta da parte dei consumatori di vini che esprimono sempre più il gusto di un terroir, il vino insomma come espressione di autenticità”.

E a proposito di autenticità, come nasce il progetto Triple A?
“Nel 2001 all'interno di Velier. Il Manifesto delle Triple A, è stato un modo per racchiudere alcuni produttori nella trivalenza di agricoltori, artigiani, artisti, cioè coloro insomma che dedicano la loro vita alla terra. Sono i piccoli vigneron che vogliono esprimere con i loro vini il loro savoir faire, le loro emozioni attraverso ciò che offre il territorio. Dodici anni fa questo era un concetto del tutto nuovo, oserei dire quasi “rivoluzionario”. Nessuno prima di allora aveva mai parlato di vini standardizzati, ovvero ottenuti con tecniche agronomiche ed enologiche che mortificano l’impronta del vitigno, l’incidenza del territorio e la personalità del produttore, nonché la personalità e la longevità del vino. Oggi si parla spesso e con troppa leggerezza di “biologico”, “naturale”, inserendo in questo concetto vini, che spesso sono lontani da questa idea in senso stretto. Con ciò non voglio parlare male di nessuno e proprio per questo motivo piuttosto che parlare di vino biologico o naturale preferisco parlare di vino autentico, che inserisce nella sua accezione tutte quelle caratteristiche che ritroviamo nei vini delle Triple A”.

Dal punto di vista commerciale come vanno le triple 
“Malgrado la recessione registriamo un più cinque per cento nel fatturato. Ci sembra un buon risultato”

Quanti vini comprendono le Triple A?
“Le aziende sono circa settanta. Sedici italiane, mentre la maggior parte delle altre sono francesi. Naturalmente abbiamo anche vini georgiani, come Clos des Amandiers, ma anche qualche sloveno, Branko e Vasja Cotar, qualche tedesco come Clemens Busch e uno spagnolo, Barranco Oscuro. Inoltre anch'io sono proprietario di un'azienda in Georgia. Ma nella rosa dei prodotti Velier la parte del leone la fanno i distillati. Aziende internazionali come Hendricks, Macallan e Brugal per il rum. Noi selezioniamo barili speciali di  “invecchiati” che è possibile trovare in commercio in piccole quantità. In particolare mi preme segnalare Demerara Distillers e il Clairin rum, che amo definire come la “cenerentola” di Haiti, un Paese che tutti dipingono come pericoloso ma che invece rappresenta la “terra” dei rum con ben 532 distillerie, un dato molto interessante se si pensa che in tutti i Caraibi ce ne sono 39. In questo momento stiamo promuovendo Clairin in Italia”.


Clemens Busch

Tornando al vino, hai scoperto qualche azienda “rivelazione”?
“Ho scoperto due personaggi, Brezza che produce in Piemonte, a San Giorgio Monferrato, Mocagatta, il cui padre fu il primo biodinamico. E poi c'è Bellotti di Cascina degli Ulivi, Altura nell'Isola del Giglio, azienda caratterizzata da una viticoltura eroica, con particolari vigneti terrazzati, e poi un'azienda che per me produce uno dei migliori bianchi al mondo: Giorgio Clai e il suo Jacov da Malvasia Istriana”.


Stefano Bellotti

Per concludere, in base alla tua esperienza, come pensa si potrà far fronte a questo periodo di crisi?
“Prima di tutto occorre fare una distinzione fra distillati e vini. I primi per noi crescono molto di più. I dati indicano un più 21 per cento. Questo ci dice che la crisi interessa maggiormente il mondo del vino, ma solo una fascia di vino, ovvero quelli che costano più di dieci euro. L'invasione dei vini “cari” ha fatto sì che in questa fascia ricadessero anche i grandi vini. E questo ha causato un arresto delle vendite, provocato anche dal fatto che c'è sempre meno gente che è disposta a spendere di più per un grande vino. Dal generale al particolare posso affermare che Velier in questi tre anni, ha incrementato il suo fatturato e questo dimostra che il mercato è pronto a recepire prodotti nuovi. Come uscire dalle crisi del vino? Sarebbe più facile se incominciassimo a farlo bene. E in questo devo dire che anche i grandi produttori si sono accorti che devono cambiare rotta e che è deleterio puntare su una falsa “democrazia” del vino. Per esempio secondo me non tutte le zone dove si produce vino in Italia sono vocate. Rispettare la terra è il primo passo per realizzare un prodotto autentico. E desidero ribadire che un vino è tale se viene da un grande terroir. Un vino fatto in questa maniera porterebbe anche a un maggiore consumo. Questo modus si sta sviluppando soprattutto nell'area mediterranea, dove è spiccato l'interesse verso i vini da vitigni autoctoni”.

M.A.P.