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Birra della settimana

La magia di Klanbarrique, dove i mosti fermentano e le birre si trasformano

25 Novembre 2018
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(Matteo Marzari, Agostino Arioli e Vittorio Tarantola)

di Andrea Camaschella

Ci sono molte cose, come la curiosità, la passione e il gusto personale che ci fanno muovere, cambiare idea, percorsi. Creano i presupposti per nuovi incontri, ci portano verso nuove avventure, che magari poco prima mai avremmo immaginato.

Klanbarrique è nato così, da un casuale incontro sul filo delle passioni incrociate di Agostino Arioli, Matteo Marzari e Andrea Moser, propiziato da un comune amico. Birraio il primo, enologi gli altri due. Un incontro così porta a qualcosa di rivoluzionario, senza il quale però non possiamo essere: il giorno e la notte, il bianco e il nero, lo Yin e lo Yang.

Lo Yin
Il Birrificio Italiano, inaugurato il 3 aprile 1996 è stato uno dei primissimi birrifici artigianali italiani, uno di quelli che hanno fatto la storia della birra artigianale italiana. E Agostino Arioli – socio fondatore e tuttora birraio – questa storia rivoluzionaria l’ha scritta con una Pils, guardando – e rispettando – la tradizione tedesca, tirando leggermente i lembi delle loro rigide regole.

Lo Yang
Fermentazioni miste, ricerca di contaminazioni da frutta, botti, aria; la ripresa della tradizione belga delle cantine di affinamento, guardare a quel mondo di fermentazioni spontanee reinterpretando secondo chiavi di lettura tipiche del vino, il metodo classico, la presa di spuma, il liqueur de tirage. O, da un altro punto di vista…

Lo Yin 2.0
La Cantina de Tarczal dove lavora Matteo Merzari e la Kellerei Kaltern (Caldara) dove lavora Andrea Moser, producono vini tradizionali, dove ogni aspetto è curato e seguito meticolosamente dalla vigna alla bottiglia, per evitare fermentazioni e infezioni non volute e problematiche.

Lo Yang 2.0
Klanbarrique dove Brettanomyces, altri lieviti e batteri, nemici giurati del vino osano e provvedono a cambiare le carte in tavola, o meglio in bottiglia.


(Birrificio Italiano Milano)

Insomma, Klanbarrique è sì uno spin-off del Birrificio Italiano, ma è anche un laboratorio di sperimentazione e soprattutto è un produttore di birre, una categoria nuova come produttore, perché se è vero che l’impianto per produrre il mosto a Rovereto non c’è, è vero che qui qualcosa succede, che va decisamente oltre le possibilità di un beer firm (birrificio senza impianto). Klanbarrique è un affinatore, una cantina dove i mosti fermentano o le birre si trasformano con nuove e importanti fermentazioni. Qui insomma avviene una nuova magia. E che magie! Birre che seguono il metodo classico, lavorazioni faticose e complicate, aggiunte ardite ed estreme di luppoli direttamente in bottiglia. Il ripristinare l’ordine delle cose attraverso il blend, il mix di birre provenienti da più botti. L’uso di frutta, di uva “verde” non ancora matura. Tutte le follie che né Agostino né Andrea e Matteo avrebbero mai intrapreso nelle loro altre imprese. Tutte follie che portano a interessanti e replicabili risultati in bottiglia.

Forse è un po’ complicata da spiegare e anche loro stessi creano un po’ di confusione, ma Klanbarrique è oramai attivo come produttore da un paio di anni e ha una linea consolidata di birre. Ogni referenza è ragionata ed è inevitabile che si scenda a patti con la natura e il tempo, ma il risultato è, di lotto in lotto, davvero molto simile. Occorre pensare più in ottica cantina del vino piuttosto che di birrificio: le stagioni, in qualche modo, contribuiscono al risultato finale, ergo nulla può essere identico. Simile e riconducibile però sì. Yin il lavoro degli uomini, Yang il tempo e la natura, uno non può esserci senza l’altro, e questo in Klanbarrique è chiaro ed evidente.

Ho finalmente colto appieno tutto questo assaggiando 4 birre di Klanbarrique accompagnate da 4 piatti preparati dallo chef Vittorio Tarantola, in una serata al locale milanese del Birrificio Italiano. Serata dedicata a spiegare quanto siano birre da ristorazione, anche se complesse e da raccontare prima di essere servite. Concordo sul fatto che siano birre da ristorazione. Anche, ma non solo da ristorazione: una per l’altra le vedo benissimo in un pub tanto quanto a casa, alcune le vedo benissimo in un bar specializzato sugli aperitivi. Non concordo sul fatto che vadano raccontate per filo e per segno altrimenti non capite.

La Inclusio Ultima, con la sua bollicina viva e appagante, derivata dal metodo classico, eseguito in fase di imbottigliamento, ha profumi intriganti, di frutta e erbe, e forse un finale leggermente più amaro di quello che ti aspetteresti; dunque facile da bere, più difficile da abbinare. E' stata servita con cotechino, zucca al forno, lenticchie chips, scarola e nuvola di patate

La Wildekind è forse quella più scorbutica, con note dei lieviti selvatici, Brettanomiceti, piuttosto evidenti soprattutto nell’amaro e nella secchezza finale. Complessa più sull’amaro che sull’acidità che anzi, a parer mio, manca un po’, ma che la rende più semplice per molti bevitori. E' stata abbinata con un risotto al rabarbaro e blu di Moncenisio

La Padosè, erede della mitica Cassissona del Birrificio Italiano, riveduta a mo’ di spumante (metodo classico), con le sue bacche di ribes nero (Cassis) è ora l’aperitivo perfetto, da portarti a tavola fino al dolce, con le sue note vinose, fruttate, una bollicina fine e piacevole. Piace o non piace, quello dipende dal gusto personale, ma per quanto complessa e intrigante per profumi e sapori, non è affatto difficile da bere. E' stata abbinata con cervo al pepe nero, cipolla arrosto e salsa ai mirtilli

La Moonshare è invece una derivazione maturata in botti del Barley Wine di Birrificio Italiano (la Sparrow Pitt). Le botti sono però già state utilizzate dalla grappa Riserva 18 Lune Merzadro, quindi i “riflessi” caldi e liquorosi della birra sono facilmente riconducibili al mondo dei distillati. Se piace la grappa, questa sarà la birra perfetta, in realtà proprio il suo essere birra può avvicinare anche chi la grappa non la beve solitamente o non la apprezza particolarmente. E' stata abbinata con mela caramellata alle noci, gelato al formaggio di capra, panettone e biscotti alla mandorla

I complimenti a Vittorio Tarantola, per aver centrato gli abbinamenti con piatti complessi e molto buoni. E ovviamente ad Agostino Arioli e Matteo Marzari per le creazioni birrarie.

Le foto del servizio sono di Maurizio Tosi

Rubrica a cura di Andrea Camaschella e Mauro Ricci

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