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La degustazione

Il vino che “vola sopra le nuvole”: la degustazione con Ao Yun che conquista Milano

07 Febbraio 2019
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(I vigneti di Ao Yun)

di Michele Pizzillo, Milano

Un vino che vola al di sopra delle nuvole. Ottenuto da uve che maturano in vigne piantate a 2.600 metri di altitudine. L’appellativo di vino che supera le nuvole è veramente azzeccato. 

Di più. “Ao Yun”, questo il nome dell’azienda, significa proprio “volare sopra le nuvole” o “passeggiare sopra le nuvole”. Il nome fa riferimento alle nubi dense che vagano sopra la regione dello Yannan, che in Cina si trova ai piedi dell’Himalaya, a ridosso del Tibet: la leggenda vuole che sia il luogo di nascita della leggendaria Shangri-La. Che per i francesi, adesso, è la Shangri-La del Cabernet Sauvignon. Per la verità, quando sono arrivati gli uomini di Lvmh del finanziere francese Bernard Arnault, le viti c’erano già, portati da missionari francesi nel XIX secolo. Li coltivano ancora oggi, 120 famiglie tibetane che hanno pure terrazzato al meglio le vigne che si arrampicano alle pendici della catena del Meili Xue Shan, la loro montagna sacra che raggiunge i 6.740 metri di altezza.

Una viticoltura primordiale, mista a cereali, mais e legumi. Che, però, ha catalizzato l’attenzione dei governanti locali quando, a cavallo del Millennio, hanno cercato un’alternativa colturale per frenare l’esodo dei contadini dalle terre che non davano reddito sufficiente per vivere. Arriva così la mano provvidenziale dalla Francia e, successivamente l’enologo Maxence Dulou (era a Chateau Cheval Blanc), che individua 314 particelle di terreno, su una superficie di appena 27 ettari, dove impiantare il Cabernet Sauvignon, con piccole percentuali di Cabernet Franc (14 ettari nel 2012 e 15 ettari nel 2015). Racconta il winemaker francese: “il clima della tenuta Ao Yun ricorda quello di Bordeaux, però di alta montagna. E’ stata sicuramente una scommessa – anche se c’era qualche vigna che produceva bene – portare un vitigno francese a 2.600 metri di quota. Una scommessa, comunque, vinta anche grazie a vendemmie e vinificazioni eseguite esclusivamente a mano, secondo i metodo dell’agricoltura biologia”.

Con questi presupposti, dopo l’entrée con Dom Ruinart blanc de blanc 2007, che ci accolti al banco di Nobu, il locale modaiolo e, a quanto pare, sempre pieno, annesso all’Emporio Armani Store, non si vede l’ora di degustare i vini più alti del mondo. E, per di più, con piatti a base di prodotti di origine asiatica (dai ravioli di wagyu al sashimi di zucchine in fiore, dal miso alla selezione di sushi), italiani (cicala di Mazara del Vallo), spagnoli (maiale croccante). Insomma, una fusion che ha permesso di poter degustare con un buon abbinamento i tre vini di Ao Yun, in media una produzione di 25.000 bottiglie all’anno (8.000 vendite in Cina, il resto tra Stati Uniti ed Europa con la Svizzera al primo posto. E, i vini costano parecchio: oltre 200 euro e bottiglia”. Insolita anche la progressione scelta nel servire il vino: dall’annata più vecchia a quella più giovane. A fine degustazione abbiamo intuito il perché di questa scelta. E, cioè, fare esaltare la qualità del vino dell’ultima vendemmia. 

Vediamo i vini:

Ao Yun 2013

Al primo impatto non è un vino che entusiasma molto. Anche se le note speziate e l’arma del Cabernet Franc (15% del blend, il resto è Cabernet Sauvignon) sono abbastanza marcate. Al palato si avvertono subito i sentori di more, mirtilli e ribes, la buona qualità dei tannini e una struttura che, però, riteniamo che non sia sufficiente a sostenere la persistenza del vino. 

Ao Yun 2014

La seconda vendemmia di “questa avvenutra unica” dice Dulou, è già superiore a quella precedente, tanto da parlare di identità multistrato. Al naso, infatti, si avverte una nota speziata di cannella, la freschezza della mente, la mineralità della grafite, una nota speziata di cannella e i sentori di piccoli frutti rossi maturi. Avvolge la bocca con la bella struttura tannica che lo caratterizza, una delicata nota minerale e una miriade di sentori di erbe aromatiche. L’equilibrio tra mineralità/acidità e dolcezza/alcol, ne fa un vino da lungo invecchiamento.

Ao Yun 2015

Non c’è dubbio, invecchierà bene come il miglior Cabernet Sauvignon e forse anche meglio, dice il direttore della tenuta investito dall’equilibrio e freschezza che caratterizza il vino. Che con i profumi di fragole mature, prugna e ciliegie, avvolge il palato con una voluttuosità speziata molto seducente, tannini morbidi e densi, rotondo e persistente chiude con un pungente finale minerale.