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L'azienda

Il Verdicchio di Matelica di Colle Stefano, idee chiare e tanta dedizione

07 Ottobre 2011
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Il Corriere della Sera pubblica un articolo sull’azienda Colle Stefano a Matelica. Sedici ettari di vigna in provincia di Macerata. Una storia di passione e dedizione. Ne pubblichiamo un ampio stralcio.

La storia di Fabio Marchionni e sua moglie Silvia (nella foto) ha i toni della fiaba: la scuola, l’università, l’amore, l’impresa agricola, i figli. I passi ponderati, una visione contadina e idee chiare, la civiltà apparentemente lontana. Tutto questo in tredici anni di lavoro in un piccolo podere delle Marche: Colle Stefano nella provincia di Macerata. Sedici ettari di vigna che all’inizio erano poco o niente. E oggi una produzione di circa novantamila bottiglie di Verdicchio di Matelica. Un unicum. Una Doc che diventa testimone della volontà dell’uomo, fortunato abitante di una valle isolata dal mare e protetta dal freddo dell’Appennino. Le vigne orientate Nord-Sud permettono la raccolta di questa uva bizzarra, mai uguale, ma sempre con una acidità aggressiva. Messo in bottiglia il Verdicchio di Matelica chiede tempo per esprimersi al meglio, anche se è venduto la primavera successiva alla vendemmia e l’azienda di Fabio non ha scorte, ha riservato longevità e complessità.

“Ho sempre pensato che l’acidità tipica di questo vitigno andasse esaltata”, dice il produttore quarantenne, laureato in agraria. Pazienza e volontà. Una sola tipologia prodotta. Nessun ausilio di enologi, agronomi, consulenti. Così da poche bottiglie si è arrivati all’oggi. Con immancabili sogni nel cassetto, come il progetto della cantina nuova pronta per la vendemmia dell’anno prossimo. “Noi – ammette il padrone di casa – ci auguriamo che tutto proceda così, che il sogno continui”. Non c’è motivo di credere il contrario. La scelta del bio ha dato ragione a questa famiglia cresciuta negli ultimi tre anni di due bambine. Il profondo rispetto dell’ambiente, la gestione della terra, la sua fertilità. Una dimostrazione che oggi è  possibile lavorare così, basta crederci. “Niente chimica, usiamo letame e fatica. Nel tempo il frutto si rivela buono. Si guadagna in salute”. Logiche semplici come quando a otto anni Fabio guardava dalla finestra della casa di campagna di suo padre nel paesino di Castelraimondo e immaginava la vigna-giardino. E’ toccato a lui raccogliere eredità e frutti.

Le sue bottiglie sono esportate nel mondo. Prima di esse è andato lui: Germania, Austria, Alsazia per rubare i segreti di un lavoro che stava prendendo forma nella sua testa. L’idea di non fare la fermentazione malolattica per trovare l’equilibrio fra vino e acidità: anche in questo caso una esclusiva. Nel tempo copiata dopo l’inevitabile diffidenza iniziale degli altri produttori.
Scelte tecniche e di stile per Fabio e la sua cantina. Poi è ritornato all’estero con il carico nel bagagliaio dell’auto per farsi conoscere e degustare. Sono arrivati premi e consensi per il suo bianco Verdicchio che nel bicchiere esalta i toni del giallo brillante con riflessi verde-oro. Al naso sentori di anice, cotogna, mallo di noce e nel tempo nocciola tostata. Sapori di frutta gialla, esotica, con una vena surmatura. Se la prima annata porta la firma del 1998 con le inevitabili apprensioni del caso, c’è da dire che oggi, guardando indietro, si può contare su espressioni davvero ragguardevoli. E’ il caso di annate come il 2004, il 2006 e il 2010. La consapevolezza di questo vignaiolo è stata premiata.

Le vigne sono distribuite con armonia, l’aria è salubre, la vendemmia è ormai al termine e per il produttore “l’uva è ottima, l’annata buona e l‘acidità più bassa del solito”. La vigna del Pozzo, quella di Anna, dedicata alla madre del vignaiolo, di Elena, dedicata alla bimba di un anno, hanno fatto il loro dovere anche quest’anno. Tocca adesso alla cantina, l’acciaio, le prime bottiglie in primavera come detto. “Il mio vino è venduto tutto in partenza” – dice Marchionni – Il nostro capitale più grande è la clientela”. In enoteca il Verdicchio di Matelica dell’azienda si trova a circa otto euro. Un prezzo onesto per un piccolo capolavoro enologico.
Collestefano come pifferaio magico guida una pattuglia di altri produttori: Belisario, Borgo Paglianetto, La Monacesca, Bisci, Cavalieri. In totale 300 ettari di vigna contro i 3000 allevati a Verdicchio dei Castelli di Jesi, cugini stretti, con cantine come Moncaro, Umani Ronchi, Fazi Battaglia, Bucci, Monte Schiavo, Garofoli. Logiche diverse, identiche passioni nel nome del vino. Suggestioni che anziché accendere rivalità tra i due vitigni li accomunano. La vera spiegazione sta probabilmente nel microclima che si respira nell’area di Matelica. La vite acclimatatasi alle rigide condizioni della montagna, esprime un vino di maggiore concentrazione, così come le forti escursioni termiche, tra notte e giorno, evidenziano gli aromi. Quanto basta per farne un vino esclusivo.

Mauro Remondino