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L'evento

A lezione di cassata

06 Maggio 2011
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Dieci partecipanti hanno preparato il proprio dolce siciliano, grazie ai suggerimenti della gastronoma Maria Randazzo e del maestro Cappello dell’omonima pasticceria palermitana

«Al di là del procedimento pratico, ciò che ho voluto far risaltare è stato il percorso storico e culturale della cassata».

Lo spiega l’architetto gastronoma, Maria Randazzo, organizzatrice delle lezioni di pasticceria insieme al Maestro Salvatore Cappello, dell’omonima pasticceria di Palermo. Dopo l’uovo di Pasqua, infatti, lo scorso sei aprile, la cassata siciliana ha fatto tappa al laboratorio Cappello con la gustosa lezione “Facciamo la cassata”, incontro mensile del ciclo di appuntamenti gastronomici.
«Ho voluto dare spazio, ad esempio, all’etimologia della parola “cassata”, dall’arabo “qas'at” che significa “ciotola” e dal latino “caseum”, ovvero “formaggio”. – continua Maria Randazzo – Ma in arabo una stessa parola può avere più di un significato e “qas’at” vuol dire anche “risparmiare, essere modesti”. All’inizio, infatti, la cassata era un dolce molto semplice fatto con farina, pasta frolla e formaggio. Una vera contraddizione rispetto a quella che è oggi la cassata. Gli arabi, prima, e gli spagnoli, dopo, hanno introdotto gli ingredienti tipici del dolce siciliano: l’arancia, il mandarino, il pan di spagna. E fu, poi, un palermitano a dare i colori che la caratterizzano».

 Un incontro a base di ricotta, pan di spagna, frutta candita e glassa di zucchero, a cui ha partecipato un gruppo di dieci donne, dotate di passione e molta fantasia. Ognuna delle fortunate partecipanti, sotto la direzione del Maestro Cappello e di Maria Randazzo, ha dato un tocco di originalità alla propria cassata, utilizzando ingredienti diversi: dal pan di spagna alla pasta reale e a quella di mandorle. «Ognuna di loro – racconta Maria Randazzo – ha preparato con le proprie mani una personalissima cassata, scegliendo in base ai propri gusti anche la frutta con cui decorare il dolce. C’è chi ha utilizzato il cedro, chi la pera, l’arancia e chi i capelli d’angelo».

«A ciascuna cassata – conclude – è stato dato il nome dell’autrice che l’aveva preparata. Tutto, poi, è stato coronato su un tavolo, coreografato con alzatine di frutta candita e rami di zagara».

Federica Cortegiani