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L'intervista

Nino Barraco: “Giù le mani dal Grillo. Non facciamone una sorta di Pinot Grigio”

27 Giugno 2017
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Il vignaiolo marsalese: sono contro l'obbligo di dichiararlo in etichetta solo se Doc Sicilia. Così viene tradita l'identità e la vocazione del mio territorio. E nel bicchiere questo vino non deve inseguire altre varietà


(Nino Barraco)

Incontriamo Nino Barraco per degustare i suoi vini. Ne parleremo a breve. Perché qui lo intervisteremo su altro. Il suo solito sorriso è un po' offuscato. Vuole discutere di Grillo, di questo vitigno che sta avendo una giusta attenzione, finalmente, da addetti ai lavori e consumatori. 

Attacca Barraco: “L'altro giorno mi chiama una mia amica produttrice e mi dice: come mai tutti descrivono il Grillo come se fosse un Pinot Grigio? Per come me lo hai fatto conoscere non lo riconosco più”.

Ha ragione la tua amica?
“Il Grillo nasce dal punto di vista enologico e commerciale a Marsala e come sempre è stato un vitigno che si presta a una vinificazione ossidativa. E credo sia giusto mantenere una certa storicità e una certa vocazione ossidativa quanto meno nel terroir di Trapani e Marsala”.

E invece cosa succede secondo te?
“Con il recente obbligo di poter dichiarare il vitigno Grillo in etichetta solo se il vino è Doc Sicilia non consentiamo più ai produttori di questa parte della Sicilia Occidentale di valorizzarlo in questo territorio cancellandone anche una certa storicità e vocazione”.

Nessuno vi impedisce di farne una versione ossidativa…
“È vero. Ma così, costringendomi a fare Doc Sicilia, la mia identità di vignaiolo marsalese è intaccata perché anche se volessi fare un Grillo con la Doc Sicilia, il mio modo di vinificarlo secondo la nostra tradizione non mi permetterebbe di avere il marchio Doc perché il disciplinare non contempla le versioni ossidative”.

D'accordo. Ma non credi che il brand Sicilia sia molto più forte di quanto potreste fare a Marsala e Trapani?
“Forse. Ma il brand Grillo vi assicuro che è altrettanto forte. Tanto che adesso lo vogliono scrivere tutti in etichetta come una bandiera assieme all'altro vitigno importante che è il Nero d'Avola”.

E quindi perché tanti dubbi?
“Le nuove regole non mi lasciano la possibilità di indicare il nome del vitigno in etichetta che per me è un fatto importantissimo. Sono costretto a fare la Doc Sicilia tradendo così un'identità che mi ricollega al mio territorio. Assieme ad altri marsalesi dobbiamo tirare fuori l'orgoglio del proprio territorio. Fare un Grillo nello stile ossidativo. Come è nella nostra storia. Fare un perpetuo pre-british, per esempio, ovvero senza uso di mistella, senza farne quindi un Marsala. Attenti, questi vini ossidati di cui parlo sono sempre più richiesti dal mercato. La mia esperienza di questi mesi e anni recenti mi porta a queste considerazioni. E sarebbe un errore tradire la nostra identità e la nostra storia”.

Forse è troppo tardi per dissentire. Non credi?
“Se c'è la volontà di comunicare e collaborare i problemi si risolvono sempre. E allora dico: o creiamo una sorta di sottozona che tuteli il Grillo a prescindere dalla Doc Sicilia, o addirittura cambiamo nome a questo vitigno e lasciamo il Grillo solo alla provincia di Trapani. Fino a pochi anni fa nessuno se lo filava, ora in cinque-sei anni è scoppiato il putiferio. Chi è autorizzato a imbottigliare fuori dalla Sicilia lo potrà fare ancora, sfruttando il Grillo e inserendolo in etichetta purché sia Doc Sicilia. Ripeto: non va bene. Mi sta bene che tutta la Sicilia lo adotti. Ma vorrei che fosse tutelata anche la mia identità. Anzi lancio un appello alle aziende marsalesi e trapanesi per capire se è una esigenza mia o di tutto un territorio. Se qualcuno la pensa come me si faccia avanti”.

La tua amica produttrice si lamentava delle vinificazioni. Cioé?
“Assaggio tanti Grillo. E noto che molte vinificazioni non sono guidate dalle caratteristiche del vitigno ma dal desiderio di inseguire altri modelli come quello del Pinot Grigio e di altri vini del Nord Est”.

Ma un vino lo fa il mercato. Se piace così…
“Attenzione, così inseguiamo una moda e le mode pirima o poi sono destinate a finire e ci ritroveremo con un pugno di mosche in mano. Io faccio Grillo dal 2004 e devo tutto, come penso molti produttori della mia zona, a Marco De Bartoli. Il suo Grappoli del Grillo e il suo Vecchio Samperi hanno spianato una strada che già allora era moderna e visionaria. Questi due vini hanno radici antiche e sono modernissimi. È la nostra storia”.

Ed il Grillo per te che caratteristiche deve avere?
“Al naso note intense di agrumi, ma anche sentori di cedro e mandorla. Ed anche nocciola tostata. Per me sono le note principali poi possiamo trovare talvolta anche fiori di zagara, ma queste tre note non devono mancare mai. Al palato mi piace sentire soprattutto la parte salmastra e talvolta salina. Oltre ad avere una struttura che non è mai banale. Altro che Pinot Grigio”.

C.d.G.