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L'intervista

Jada Parisi: “La mia vita al Signum. Gli abbinamenti? Io osservo molto le persone”

17 Giugno 2019
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La nostra intervista alla sommelier del ristorante stellato siciliano, tra racconti del passato, vita profesionale e sogni futuri


(Jada Parisi)

di Fabiola Pulieri, Salina, Isole Eolie (Me)

Jada Parisi, 45 anni, è la sommelier del ristorante Signum, 1 stella Michelin, sull’isola di Salina alle Eolie. Curiosa e appassionata di vini sin da piccola, si è avvicinata a questo mondo già matura e proprio per questo desiderosa di scoprirlo sempre più e con sempre maggiore attenzione.

L’abbiamo intervistata per conoscerla meglio, per capire cosa si beve al Signum, ma anche cosa significa essere sommelier oggi e lavorare in un ristorante dove la cucina di piatti ricercati è accompagnata da vini di pari livello, per esaltarsi a vicenda e per valorizzare il territorio.

Quando è iniziato il suo percorso da sommelier? Ha sempre avuto passione per il vino?
“Mi sono diplomata sommelier Ais nel 2008. Quando ero bambina mia nonna aveva dei terreni in campagna e mi piaceva tanto andare a vendemmiare con lei. Poi da ragazza, crescendo e andando a cena fuori, mi piaceva assaggiare i vini e avevo sempre la frustrazione di non comprendere come si facesse a conoscerli e riconoscerli. È stata sempre una curiosità e così quando a Milazzo si è fatto un primo livello Fisar, ho deciso di iscrivermi con grande entusiasmo e ho partecipato. Ma circa un paio di settimane dopo è iniziato anche un corso di primo livello Ais a Messina e ho voluto provare anche quello per capire le differenze. Quest’ultimo mi ha entusiasmata di più come percorso e così ho continuato e mi sono diplomata sommelier Ais, poi ho sostenuto l’esame di degustatore ufficiale e da lì ho fatto varie esperienze, alcune anche brevi e spesso all’interno dell’Ais, finché nel 2017 è iniziata la mia avventura al Signum, in maniera del tutto casuale ed ora eccomi qua, a Salina, alle Isole Eolie”.

Quindi i suoi percorsi scolastici non erano andati in quella direzione?
“No, anzi, ho fatto le magistrali. Da ragazza avevo comprato un’enciclopedia di vini per saperne di più su questo mondo, che è sempre stato una passione ed è un argomento che mi incuriosiva tantissimo e mi incuriosisce ancora oggi. Trovo che il vino sia affascinante, misterioso e il fatto che prende vita, che si trasforma e cambia, è meraviglioso. È vero che ho iniziato tardi, ma è anche vero che in Sicilia di vino se n’è parlato forse un po’ più tardi rispetto ad altre regioni. Oggi la figura del sommelier si sta diffondendo in maniera capillare grazie anche al lavoro delle associazioni che si sono adoperate molto e con grande entusiasmo nel corso degli anni. Non è più una figura “bizzarra” come i primi tempi e questo anche perché dal punto di vista enologico la Sicilia è cresciuta tantissimo, di conseguenza è necessario che ci siano persone preparate che lo sappiano comunicare”.

Qual è secondo lei la zona d’Italia maggiormente vocata?
“Sono molto orgogliosa e felice di appartenere ad un territorio, come è la Sicilia, ricco di vitigni e vini ottimi. Soprattutto l’Etna è un mondo enologico molto interessante, concentrato, bellissimo e multi sfaccettato. È un territorio che mi affascina tanto, mi esalta. Salire sui paesini attorno al vulcano è un’esperienza unica, è una vera scoperta e forse, non lo dico per campanilismo, ma la mia terra, la Sicilia, ci riserverà tante bellissime sorprese negli anni a venire”.

Parla solo dell’Etna o anche di altre zone in Sicilia?
“Anche di Trapani, Alcamo per esempio è molto bella come zona per la sua storia enologica, la storia del marsala di Marco de Bartoli, dell’uva grillo. Forse il vulcano e il trapanese sono due zone che hanno ancora tanto da raccontare. Però l’Italia è tutta affascinante, tutta bella da raccontare, ogni zona ha delle perle enologiche particolarmente interessanti come i bianchi del Trentino o del Friuli. Probabilmente sono io ad essere più concentrata sul mio territorio in questo particolare momento, perché lavorando al Signum, a Salina, gli ospiti che vengono qui vogliono conoscere questi vini e mi sembra giusto documentarmi per informarmi ed accontentarli sempre di più”.

A proposito dei clienti del Signum per la maggior parte stranieri, ma non solo, che vino chiedono più di frequente?
“Qui gli ospiti assaggiano la cucina di Martina Caruso, chef una stella Michelin del Signum, che è una cucina del territorio e per una questione di concordanza chiedono e cercano vini del territorio quindi eoliani. Salina è l’isola verde, l'isola delle vigne e siamo nel posto giusto per proporre vini e degustarli. Ci sono produttori molto interessanti come interessante è la malvasia per esempio o il corinto nero che si esprime in vigne addirittura prefillosseriche e quindi molto antiche. Secondo me ci sono tanti vini da far conoscere. In abbinamento ai piatti di Martina mi capita di proporre più spesso vini bianchi con il pesce, però ci sono dei vini rossi, come i frappato, che si sposano benissimo con piatti a base di pesce però più strutturati, così come mi viene in mente il Faro Palari che è un nome eccellente e fa ottimi vini. A me personalmente piacciono molto i bianchi dell’Etna e del trapanese, tra loro completamente diversi ma ugualmente intriganti. Il grillo è un’uva che ha delle potenzialità incredibili così come il carricante dell’Etna. La Sicilia è grande, multi sfaccettata ed è un insieme di territori diversi. Ogni luogo sembra una regione a sé ed è bello che anche enologicamente ci siano tante differenze. Gli ospiti del Signum oltre ai vini dell’isola chiedono vini siciliani e una cosa che mi stupisce e allo stesso tempo mi rende felice è che molti australiani o americani chiedono “Etna” e questo mi fa pensare e capire che il nostro vino sta facendo il giro del mondo, ancora non chiedono nomi di aziende, non hanno punti di riferimento, ma siamo sulla strada giusta”.

Dopo aver dato un’occhiata alla cantina del Signum mi sorge spontaneo chiederle: come riesce a gestire una cantina così importante, così ricca di vini italiani e internazionali e così impegnativa?
“Passo tanto tempo in cantina, soprattutto la mattina. Sembro un topo da biblioteca. Passo ore a fare l’inventario, a mettere ordine, a etichettare le bottiglie e poiché ho una buona memoria visiva riesco ad organizzarmi bene. Appena arrivata al Signum, nel 2017 sono rimasta disorientata, poi stupita e infine affascinata. Sono felice di avere un’opportunità che non tutti hanno che è quella di imparare sempre, ogni giorno, cose nuove e interessanti”.

È difficile stare dietro a Luca Caruso, fratello della chef Martina, “titolare” della cantina del Signum?
“Luca è una persona con una grandissima cultura enologica e conoscenza del vino, della Toscana, della Borgogna, della Sicilia. Ha gusti molto ricercati e che affondano radici nel tempo. È un grande amante degli champagne e questo per me è un vantaggio enorme, è una palestra, è uno stimolo continuo. Luca è una persona eclettica, creativa ed io cerco di stargli dietro, ci provo, cerco di apprendere quanto più è possibile perché si deve sempre continuare a studiare. Il diploma da sommelier è solo il primo passo che si fa in questo lavoro, si deve poi continuare a degustare e imparare degustando, parlando e ascoltando le persone che ne sanno più di noi”. 

Ha mai consigliato un vino a qualcuno sulla base dell’idea che le suscita una persona invece che l’abbinamento al piatto?
“Sì, mi capita spesso. Proprio qualche giorno fa per esempio, me l’ha fatto notare una coppia che era qui al ristorante e mi hanno detto “ci hai consigliato un vino romantico, per noi è una cena molto importante e tu lo hai capito” e mi ha fatto molto piacere perché avevo percepito che era una serata speciale, avevo avuto la sensazione che volevano bere qualcosa di profumato, aromatico, e così gli ho portato un Kerner di Köfererhof che hanno apprezzato molto. Un vino non invadente, fruttato, aromatico e adatto secondo me anche ai piatti che stavano mangiando”.

Qual è il vino che secondo lei ha un ottimo rapporto qualità/prezzo e si sente di consigliare a tutti e quale invece il vino costosissimo che però andrebbe bevuto almeno una volta nella vita?
“Più che un vino in particolare trovo che abbiano un ottimo rapporto qualità/prezzo i vini del Trentino Alto Adige, che secondo me possono essere veramente eccellenti, come il Sauvignon Blanc, il Gewürtztraminer, i Riesling. Di questi vini mi affascina il fatto che sono vini enologicamente bellissimi e spesso hanno prezzi assolutamente accessibili. Per quanto riguarda quello più costoso invece devo ammettere che da quando lavoro qui al Signum, Luca Caruso mi ha fatto degustare vini pazzeschi. Ogni tanto arriva con una bottiglia che vuole condividere con me ed io resto senza parole. Ho assaggiato i Galatrona, i Sassicaia, i Solaia di annate anche storiche, ho degustato Dom Perignon, cose a me inaccessibili che se non fossi stata qui con Luca non avrei mai avuto il piacere di conoscere”.

Fa spesso viaggi alla scoperta di nuovi vini?
“Quando posso si, quando sono libera, nei mesi invernali in cui il ristorante è chiuso, partecipo ad eventi e giro il più possibile”.

Prospettive future?
“Sono molto felice di essere qui dove sono, amo molto il Signum che è la mia famiglia, qui c’è tanto cuore. Il Signum è nato lentamente, non da una multinazionale ma dalla forza e dalla passione di una famiglia. È un luogo caro alle persone che lo hanno creato e che continuano a curarlo e quando si arriva qui, ci si sente accolti come a casa. Mi piacerebbe vivere altre esperienze professionali, penso all’estero, ma lo farò nei mesi in cui sono libera, quando il ristorante chiude. Ne approfitterò per andare a perfezionare l’inglese”.

A proposito di estero, cosa pensa dei vini stranieri?
“Sono innamorata dei Sancerre, ho una passione sconfinata per il Sauvignon Blanc e poi la Borgogna ha un fascino unico. Anche i vini del Sud America, del Cile in particolare, sono molto interessanti. Tutto il mondo del vino è affascinante, è un mondo talmente vasto e ricco che andrebbe approfondita la conoscenza di ogni singolo territorio. Il Cile per esempio spero sia una tappa dei miei prossimi viaggi anche perché mia nonna era cilena e mi piacerebbe conoscere meglio i vini delle zone dove sono le mie radici”.

Concludo con una domanda a cui non posso rinunciare: il suo vino del cuore?
“È una domanda alla quale mi è difficile dare risposta. Resto nel mio territorio che amo e che merita tanto con l’uva grillo, i Grappoli del Grillo e il Vecchio Samperi di Marco De Bartoli sono vini che arrivano a commuovermi perché sono pazzeschi, come la storia molto coraggiosa di quest’uomo che ha davvero tanto da raccontare e lo fa attraverso i suoi vini.