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L'intervista

Marino Niola, antropologo: “Nel cibo cerchiamo la sicurezza”

27 Novembre 2012
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Metti una chiacchierata con un antropologo al quale, “più che l’interiorità, interessano le interiora”.

Metti che sia napoletano e che il cibo per lui sia “uno sfizio e un vizio”, sia un modo i relazionarsi col mondo. Sia esplorazione, passione, seduzione. Ma, per carità, “Non tutto fa brodo” e guai a servirgli cibo crudo, “fashion e anoressizzante”. Perché per Marino Niola, antropologo della contemporaneità, “il cibo non basta che sia sano, deve anche essere buono”, del resto che senso ha vivere da malato per morire sano?”. E allora via con la pasta, le melanzane, i frutti di mare, cibi irrinunciabili, esattamente in quest'ordine. E c’è spazio anche per il dolce, perché lo zucchero non è il demonio.  

Docente di Miti e riti della gastronomia contemporanea all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, editorialista de La Repubblica, curatore della rubrica Miti d’oggi sul Venerdì di Repubblica, presidente della Città del Gusto di Napoli. Lo abbiamo incontrato ed è stata occasione per fare con lui un’analisi del cibo “Tra etica, estetica e dietetica”. Per parlare del sempre crescente interesse nei confronti della gastronomia che nasconde, secondo Niola, una incessante ricerca della felicità.

“Il cibo dà la salute, sconfigge i radicali liberi– spiega – chiediamo al cibo di essere medicina del nostro male di vivere. La domanda di sicurezza alimentare nasconde una domanda di sicurezza tout court che cerchiamo nel cibo perché è la più a portata di mano. Mangiare ci dà una immortalità provvisoria e il cibo diventa nutrimento per le nostre illusioni”.

Nella società dell’incertezza, dunque, si mangia, ma si tende sempre più a scegliere cibo “senza”: senza grassi, senza zucchero, senza qualcosa. “E’ un credo salutista tutto in levare– dice Niola – un’attenzione maniacale nei confronti di tutto quello che mangiamo che sta facendo ammalare la vita di troppe cure, quando ancora, in altre parti del mondo, l’accesso al cibo è ineguale e ingiusto”. E riguardo al proliferare di trasmissioni televisive, show, application, siti specializzati su food e dintorni, secondo Niola si tratta di una risposta ad una domanda di formazione permanente: “la vita è troppo complessa per cavarcela da soli e abbiamo bisogno di istruzioni per l’uso”.

Clara Minissale