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Scenari

Il futuro del Chianti Classico/2. Cianferoni: Sì alle zonazioni. Tra 10 anni noi come il Brunello

24 Giugno 2019
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(Paolo Cianferoni)

di Giorgio Vaiana

Paolo Cianferoni è uno di quei vignaioli all'antica. Quelli che amano sporcarsi le mani, respirare l'aria fresca del mattino, calpestare la terra dove si trovano i vigneti, Sentire in cantina i profumi inebrianti del mosto appena pressato. Ascoltare il suono di un tappo che “libera” una bottiglia. 

Non sarà difficile incontrarlo. Basterà andare nella sua azienda, Caparsa a Radda in Chianti, cuore del Chianti Classico. Paolo è intento, come tanti suoi colleghi, a scrutare il cielo. Maggio è stato un mese piovoso, “imbarazzante, orribile”, per dirla alla sua maniera. Ma giugno ha regalato il sole. E le vigne stanno recuperando il tempo perso, sperando che non ci siano sorprese meteo dell'ultima ora. Il Chianti Clasico sta vivendo un periodo roseo. Oltre le aspettative, verrebbe da dire. “Sta bene, cresce velocemente – dice Paolo – E, se la memoria non mi inganna, è la prima volta che il vino imbottigliato dai piccoli produttori, gli artigiani come mi piace chiamarli, ha superato la quantità di vino prodotto dagli imbottigliatori. Mi pare una buona notizia”. Il valore della denominazione è in ascesa, anche se è difficile fare una media, “perché qui è un po' tutto a macchia di leopardo – dice Paolo – Ci sono magari produttori dove tutto è andato bene e altri un po' meno. Ma credo che per Radda in Chianti sia veramente un periodo magico. E' al centro delle attenzioni, ci sono tanti produttori giovani che non ci sono in altre località e molti artigiani”. Ma attenzione ai cambiamenti climatici, sottolinea Cianferoni: “Stanno sconvolgendo la geografia dei vigneti – dice – Oggi qui ci sono produttori che fanno vino a 13,5 gradi, impensabile pochi anni fa. Si sta andando un po' più verso lo stile dei vini che si fanno a Montalcino, che ha adesso un clima molto simile al nostro. C'è un'acidità abbastanza bassa, si conserva questa croccantezza, e ci permette di fare vini che si trovano in una posizione di mercato molto più interessante. Oggi si va alla ricerca di vini più leggeri, più bevibili, meno strutturati”.

L'annata 2018 è stata una di quelle non facilissime, “anche se tutto sommato siamo riusciti a produrre una medio-alta qualità – dice Cianferoni – Per fortuna qui il vino è fatto da tanti artigiani, che ci mettono maggiore impegno a produrre vino, selezionando meglio le uve”. La 2019 lascia delle perplessità: “Dobbiamo attendere settembre e ottobre”, spiega il patron di Caparsa. I mercati di riferimento per il Chianti Classico, per Cianferoni sono i soliti: “Stati Uniti, Australia e Europa del Nord – dice – Tenderei a escludere la Germania che, da un periodo a questa parte, spende sempre meno concentrandosi su altri vini”. La nomina di Giovanni Manetti a nuovo presidente del consorzio a Cianferoni non è dispiaciuta: “E' un vignaiolo – dice – Credo che potrà fare delle belle cose, ma deve accelerare sulle zonazioni”. Già, questo per Cianferoni è un cruccio: “Sarebbe un salto di qualità – dice il produttore – Si potrebbe aumentare il valore delle nostre produzioni. Anche solo per quel due per cento di consumatori che guardano con più attenzioni a questi particolari, ma che poi, alla fine, fanno tendenza. E poi non sarebbe obbligatorio. Ma io il mio Chianti Classico Radda in Chianti vorrei farlo”. Il consorzio è un bel modo di stare insieme, “ma ognuno deve mantenere la propria identità – specifica Cianferoni – Gli imbottigliatori rimangono imbottigliatori, così come gli artigiani restano artigiani, l'industriale rimane tale e non si può spacciare per artigiano del vino”. Il consorzio ha sì una grande rilevanza “perché cerca di unire tante realtà diverse – dice Cianferoni – E non è facile, perché ognuno ha le proprie ragioni, le proprie preferenze, i propri mercati di riferimenti. Allora il compito del consorzio dovrebbe essere quello di mediare, un po' come si fa in politica, tutte le posizioni”. 

Il Chianti Classico, si augura Cianferoni, che nei prossimi dieci anni potrà avere lo stesso prestigio del Brunello di Montalcino: “La mia speranza è quella di arrivare ai risultati che hanno fatto loro e mi riferisco anche ai prezzi – dice – Da noi ci sono territori fantastici, produttori bravissimi, ma siamo indietro rispetto al Brunello di Montalcino che, negli ultimi 25 anni, ha raggiunto livelli di percezione di qualità e auotrevolezza nel mondo indiscutibili”. 

LEGGI QUI L'INTERVISTA A CARLOTTA GORI >