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Scenari

Alla scoperta del “siccagno”, il pomodoro coltivato senz’acqua dalle mille proprietà

13 Agosto 2019
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Dalla fine degli anni '70 a oggi, oltre 40 anni di storia per la cooperativa Rinascita che si trova a Valledolmo in provincia di Palermo che coltiva e trasforma il pomodoro siccagno. 

Primo punto d chiarire: il pomodoro siccagno non è una varietà, ma è una cultivar, un metodo di coltivazione. Sin dall'inizio della messa a dimora e fino al raccolto, la pianta cresce senza acqua. “Un metodo di coltivazione nato per esigenze – spiega Vincenzo Pisa, prossimo presidente della cooperativa – Qui, infatti, non c'era acqua. Per questo il pomodoro veniva trapiantato e lasciato alla “Natura”. Tutto il ciclo veniva fatto senza irrigazione. Poi abbiamo compreso che questo metodo era diventato una vera risorsa”. E già, perché il pomodoro siccagno è stato riscoperto dai nutrizionisti di tutto il mondo. Il pomodoro si colloca fra gli alimenti consigliati in un’alimentazione sana ed equilibrata: è ricco di acqua, povero in calorie, con un buon apporto di minerali ed oligoelementi e dotato di tutte le vitamine idrosolubili. Non essendo irrigata la pianta si presenta rustica con pochi frutti e relativamente piccoli. Ma in essi gli elementi organolettici e nutritivi sono altamente concentrati (vitamine, zuccheri e antiossidanti). Queste varietà coltivate all’asciutto, secondo una tecnica oramai consolidata, propria del territorio, unitamente all’esposizione solare, restituiscono un pomodoro dal basso apporto calorico e ricco di sostanze antiossidanti, come il licopene, il beta carotene (vitamina A) e la vitamina C.

Il pomodoro siccagno si coltiva solo nelle zone dell'entroterra siciliano, tra i comuni di Valledolmo, Sclafani Bagni, Alia, Vallelunga, Villalba. La resa della pianta è bassissima, un decimo del pomodoro coltivato con tecniche normali. Un ettaro di terreno, produce 100 quintali per ettaro. Sono due le varietà principalmente utilizzate per questa particolare tecnica di coltivazione del pomodoro: si tratta del Brigade, di origine californiana e dell'Interpeel che viene prodotto dal consorzio agrario di Parma. Ma la cooperativa Rinascita sta pensando di utilizzare solo il pomodoro Pizzutello, una varietà che presto potrebbe essere riconosciuta come presìdio Slow Food. “Una sorta di ritorno al passato – dice Vincenzo – Una varietà di pomodoro che attecchisce molto bene da queste parti e che ci ha dato parecchie soddisfazioni”. La raccolta del pomodoro siccagno è già cominciata e si protrae fino ad ottobre. Si tratta di una raccolta a scalare, ossi viene raccolto dalle piante solo il pomodoro pronto. L'altro viene lasciato in pianta a maturare. Nel frattempo la pianta, alleggerita dei pomodori, fiorisce di nuovo e produce altri pomodori. Di solito da una pianta si possono raccogliere pomodori fino a 5 volte. Principalmente il pomodoro siccagno viene venduto sui mercati nazionali, ma viene fatto anche un po' di export, con Germania, Svizzera, Belgio e Florida come paesi principali. “Il pomodoro siccagno è un prodotto salubre – dice – La pianta non ha bisogno di trattamenti chimici e quindi la nostra è una coltivazione più che biologica”, spiega Vincenzo. 

A fare da guida a Vincenzo c'è l'attuale presidente e fondatore della cooperativa, Calogero Andolina, 79 anni, una mente lucidissima. “Gli anni '70 sono stati anni terribili per la produzione di pomodoro – racconta – C'era una tale sovrabbondanza di prodotto che abbiamo distrutto 10 mila quintali di pomodoro pur di non venderlo a prezzi quasi regalati. In quegli anni ci balenò l'idea di fondare una cooperativa che ci potesse dare maggiori strumenti per affrontare i vari mercati senza utilizzare intermediari (che in Sicilia si chiamano sensali) che spesso erano invece il male assoluto per chi produceva pomodoro”. Così nacque la cooperativa “che ha garantito la razionalizzazione del conferimento, l’abbattimento dei costi di trasporto e un maggiore potere contrattuale da parte dei produttori di pomodoro, dando un forte impulso all’economia agricola locale, tanto che nei primi anni ’80 risulta oltre essere fiorente, specializzata e meccanicamente avanzata”. Poi alla fine degli anni '90 è di nuovo crisi: “Sono stati anni bui di nuovo – spiega il presidente – La crisi delle industrie conserviere mette a rischio la stessa esistenza della nostra cooperativa. Ma noi abbiamo reagito e, sfruttando le opportunità derivanti dai nascenti Patti Territoriali, siamo riusciti a riconvertire la nostra mission aziendale e creare una piccola industria di trasformazione, che ha permesso il completamento dell’intera filiera, creando valore economico e sociale aggiunto a favore dei soci e dell’intera economia e della piccola realtà locale”.

Oggi la cooperativa ha 20 soci, di cui 3 non conferitori e coltiva pomodori su 50 ettari di territorio. La produzione è in media di 5 mila quintali l'anno. Possiede uno stabilimento, che si trova a Sclafani Bagni, adibito alla trasformazione, imbottigliamento, confezionamento, stoccaggio e distribuzione di prodotti finiti. Qui si producono la “passata di pomodoro”, la salsa pronta di diverse tipologie: basilico, finocchietto, peperoncino, melanzane e della nonna (aglio e alloro); il “pomodoro secco” e “l’astrattu” (concentrato). Di recente è stata realizzata una nuova linea per la produzione di pelati in salsa. Inoltre è stata creata una rete di vendita  riguardante soprattutto piccoli negozi alimentari più o meno specializzati. La quasi totalità dei prodotti ottenuti con questi pomodori è commercializzata da varie catene di supermercati italiani, anche con proprio marchio. La produzione media annua è di circa 1 milione di pezzi, di cui il 60% passata di pomodoro, il 30% salse pronte ed il restante 10% pelato, astrattu e pomodoro secco.

G.V.