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Scenari

L’Alto Adige non è più una sorpresa: “Come è diventata un fenomeno vitivinicolo”

07 Gennaio 2020
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di Daniele Cernilli, DoctorWine

Le cerniere culturali, le commistioni, le regioni multietniche, per qualche motivo tendono a interessarmi e ad appassionarmi in modo particolare. 

Se poi trasferiamo il discorso su temi consoni qui, e cioè sul vino in primis, una delle realtà che seguo con attenzione ormai da quasi trent’anni è legata ai territori dell’Alto Adige/Südtirol che io cito sempre con la doppia dizione per sottolineare doverosamente la doppia, se non tripla se ci mettiamo anche i ladini, origine culturale di quei posti. Italia, sì, ma in gran parte di lingua germanica e in piccola parte ladina. Quindi culturalmente siamo in un crocevia, in una cerniera, che non a caso è l’estremo nord per il mondo neolatino e l’estremo sud per quello tedesco, come peraltro i nomi sembrerebbero indicare, persino al di là della loro reale origine linguistica. 

Luoghi affascinanti, per storia e tradizioni, e da alcuni decenni anche per i vini. Schiava/Vernatsch e Pinot Bianco/Weissburgunder come prodotti “nazionalpopolari” che però negli ultimi tempi hanno acquisito un valore imprevedibile e un livello di qualità diffusa sorprendente. Poi, a seconda delle sottozone, alcune vere perle di eccezionale rilievo. I Gewürztraminer a Termeno/Tramin e a Caldaro/Kaltern, i Sauvignon ad Appiano/Eppan e a Terlano/Terlan, i Riesling della Valle Venosta/Vinschgau, i Sylvaner e i Grüner Veltliner della Valle Isarco/Eisacktal. E poi i rossi, quasi tutti tipici delle zone dell’Oltradige se parliamo di Merlot e di Cabernet, ma anche i Lagrein di Gries, i Pinot Nero/Blauburgunder di Mazon, e i Sancta Magdalener di Santa Maddalena. Questo solo per citare le molte tipologie che vengono proposte che danno conto dell’ecletticità e delle sterminate possibilità espressive che i vari territori altoatesini possiedono. 

Se a questo si aggiunge una straordinaria, forse unica, articolazione virtuosa fra una cooperazione che è, a mio sommesso parere, la migliore al mondo, un grande numero di piccoli e medi produttori, spesso molto sensibili a temi ambientalistici e alcune grandi cantine private di ottimo valore, ecco che il gioco è fatto ed ecco le ragioni per le quali questa piccola regione in mezzo all’Europa è letteralmente esplosa sotto il profilo vitivinicolo. 

Certo, il livello di preparazione tecnica degli enologi e dei Kellermeister è straordinario. Molti hanno studiato alla Laimburg, un centro di notevole valore per la vitivinicoltura e la frutticoltura, e poi si sono specializzati in Germania a Geisenheim o in Austria a Klosteneuburg e qualcuno anche a San Michele all’Adige, in Trentino. Perciò sono riusciti a incrociare positivamente esigenze di carattere squisitamente tecnico con una grande attenzione alla sostenibilità e con la conoscenza di mondi che vanno al di là della semplice realtà locale. Un melting pot di tanti aspetti che hanno contribuito a fare oggi di questa regione vitivinicola una fra le più interessanti e in crescita non solo nel panorama nazionale, ma a livello mondiale, con vini solidi, ben fatti, spesso ecosostenibili e decisamente affascinanti. Gli esempi sono tantissimi e non voglio fare qui nomi di vini e di persone, anche perché da queste parti vince il comparto, non i singoli protagonisti, e anche questo è un bell’esempio per tutto il nostro mondo.

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