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Scenari

Bagheria punta sul turismo: “La rinascita passa dal cibo, dal vino e dall’accoglienza”

05 Luglio 2019
Lo_Coco_e_Cavalieri Lo_Coco_e_Cavalieri


(Tony Lo Coco e Giovanni Cavaliere)

di Giorgio Vaiana, Bagheria (Pa)

Quando dici “Bagheria”, allo chef Tony Lo Coco gli brillano gli occhi. Lo vedi che è uno che tiene alla sua cittadina. E pure tanto. Per la passione che mette quando ne parla e per la sua voglia infinita di darsi da fare, sbracciarsi, per organizzare magari degli eventi (si preparano alcune sorprese, ndr), e portare fuori dai confini territoriali il nome del comune in provincia di Palermo.

Lui che della cucina ne ha fatto un lavoro, oltre che una passione, è riuscito nell'impresa più bella: portare la stella Michelin nel suo ristorante, I Pupi. Ma non si è di certo fermato qui. Anzi. Senza mai cullarsi negli allori, abbandonando la mondanità e spesso lontano dai riflettori, Tony ha continuato a lavorare con un'idea importante: valorizzare Bagheria attraverso la cultura del cibo. Legata, magari, al vino, certo, e anche ad eventi di un certo prestigio. Ma tutto deve portare ad un unico risultato: far risuonare Bagheria fuori dai confini dello Stretto. Il regista Giuseppe Tornatore ci aveva già provato nel 2009 con il film “Baaria”. Poi, a dire il vero, il comune in provincia di Palermo è spesso salito agli onori delle cronache per vicende non spesso piacevoli. Ma si volta pagina. Oggi al Palazzo di Città c'è un nuovo sindaco, Filippo Maria Tripoli, che ha tanta buona volontà e voglia di fare cose belle. Lo ha ribadito ieri quando proprio a Bagheria ha consegnato allo chef il premio “Solunto Award”, riservato alle personalità che si sono distinte nel mondo dell’arte, della cultura, dello spettacolo, del giornalismo, della medicina, della scienza, eccetera.

“Finalmente stiamo cominciando a capire l'importanza della valorizzazione di un territorio – dice lo chef – e lo sta capendo anche l'amministrazione comunale. Noi siamo i veri ambasciatori di un territorio, anche se nessuno, molto spesso, è profeta in patria e ci sono molto casi. Ho avuto la possibilità di andarmene da qui, di andare a lavorare fuori dalla Sicilia. Ma non l'ho fatto. Perché sarebbe stato troppo facile. Credo, invece, che tutti insieme, lavorando e andando nella stessa direzione, ma soprattutto collaborando, possiamo davvero fare qualcosa per il territorio. Il mondo della gastronomia, ma anche il vino e le altre eccellenze del territorio, unite ad un certo tipo di accoglienza, possono fare la differenza”. Tony, poi, prosegue: “Sembra una frase quasi fatta, ma bisogna fare rete – dice lo chef – tra l'amministrazione, gli enti regionali, i privati, creare un percorso che faccia conoscere le bellezze di Bagheria, aprire i palazzi, i musei, i giardini, i ristoranti, gli alberghi”. E Bagheria non è solo sfincione: “Ci sono tante cose buone da scoprire – dice lo chef – ma io sto puntando tutto su due ingredienti. L'astrattu (il concentrato di pomodoro) e le acciughe. E proprio con questi due ingredienti sarà composto il mio nuovo piatto che ho chiamato “acciuga” e che presenterò a breve”. 

Ieri Tony è stato protagonista, insieme alla moglie Laura Codogno e al suo staff, di una serata speciale che si è tenuta presso Domina Zagarella, la struttura celebre che si trova in territorio di Santa Flavia, in provincia di Palermo, a due passi da Bagheria e a 12 chilometri da Palermo. Tony ha presentato agli ospiti i suoi “cavalli di battaglia”. Dallo “Spaghetto di tonno crudo”, con salsa di bottarga, colatura di alici, mollica tostata e perlage di yuzu al “Ricordo di sfincione”, ovvero una base di ricotta con mollica di pane fresco, servita con airbag di pane e una crema di tuma, acciughe e cipolla, fino al “Tataki di ricciola” (forse il piatto più buono della serata), servita con canazzo, cipolla arrosto in agrodolce, olio alla menta ed erbette aromatiche. A seguire “Risotto tenerumi e aragosta”, gli “Anelletti al forno” con ripieno di burrata su ragù di tonno, con crema di primo sale e crema di ragusano e la “Stigghiola” che abbandona le interiora di agnello e si trasforma in prodotto di mare con ricciola e cipollotto scottato avvolti da una seppia e serviti con olio alla cenere. In chiusura il dessert, un omaggio ad uno dei prodotti più rappresentativi del territorio bagherese, il verdello con “Tutto limone” con l’agrume presentato in varie consistenze. 

La cena è stata l'occasione anche per scambiare due parole con il direttore della struttura dal 2016, Giovanni Cavaliere. La nuova proprietà ha investito circa 60 milioni di euro dal 2007 per recuperare e riqualificare questo albergo storico del palermitano. Adesso può contare su 368 camere e oltre 800 posti letto, con due piscine (di cui una con acqua salata), una Spa, un ristorante (si chiama Positano ed è accessibile anche agli esterni). In totale il gruppo Domina, nel mondo, ha 27 strutture. “La Sicilia – dice il direttore – continua a rimanere una delle mete preferite dai turisti. Qui per la maggior parte accogliamo stranieri (europei soprattutto), ma nel periodo “classico” (giugno-agosto), c'è una buona presenza italiana”. La formula vincente, per il direttore è una: “Offrire un turismo del lusso che sia alla portata di tutti – dice – Rendere una vacanza indimenticabile, ma permettendo a tanti di poter soggiornare da noi”. Secondo il direttore la zona di Bagheria è in forte ascesa: “Siamo a pochi passi da Palermo, vantiamo uno scenario paesaggistico unico – spiega – ma soprattutto possiamo permettere un turismo destagionalizzato, che poi è quello che ti differenzia dagli altri”.

Non si può competere con Cefalù e Taormina, secondo Cavaliere “ma lì stiamo parlando di un turismo storico, ormai consolidato, mentre qui ci stiamo provando solo da poco tempo. Credo che presto anche queste zone diventeranno ricercate”. Come? “Obiettivo è quello di fare sistema, tutti – dice il direttore – Che ben vengano altri imprenditori disposti ad investire qui. Io non li vedrò mai come miei competitor, anzi sono certo che faranno da sponsor per l'intera filiera che si trova da queste parti. Qui non ci manca niente: abbiamo il mare, il buon cibo, il vino, l'arte, i divertimenti. I clienti che arrivano qui, rispetto a 10 anni fa, per forza di cose sono già clienti preprati. Sanno per certo cosa aspettarsi. Noi abbiamo il compito di farli sentire bene, sorprenderli per quanto possibilie, farli andare via con un sorriso e sperare che parlino bene di questi luoghi. Dobbiamo solo ricordarci che non siamo Taormina, siamo Santa Flavia. Il prestigio ce lo stiamo guadagnando con i fatti. Palermo dista 12 chilometri, qui la stagionalità è molto ampia a differenza della Sardegna (aprile-novembre) e credo che non si debba pensare solo al turismo del lusso. Questo rimane appannaggio per pochi e sono davvero poche le strutture di un certo livello che restano in piedi. Concentriamoci sul permettere a tutti una vacanza che abbia una altissima percezione del bello”.