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Scenari

Barolo e Brunello di Montalcino: ecco chi vince la sfida sul prezzo dello sfuso

06 Agosto 2019
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Cede il valore del Barolo anche fino a punte di quasi il 50 per cento. Il presidente del Consorzio Ascheri: “Non ne facciamo un dramma, ma va rallentata la produzione”. Forse l’anno prossimo taglio delle rese per ettaro. Il valore del Brunello resta stabile. Ma con l’annata 2014  le bottiglie in vendita si riducono di un terzo


(Matteo Ascheri e Fabrizio Bindocci)

di Emanuele Scarci

Si spalanca la forbice dei prezzi tra Barolo e Brunello di Montalcino. Le quotazioni del vino sfuso rilevate dalle Camere di commercio di Cuneo in otto mesi si sono allargate, mediamente, del 25%. 

E il trend sembra dover continuare. Ora, per esempio, il buco tra il prezzo del Barolo 2015 e quello del Brunello 2015 è del 20%; per la vendemmia del 2014 il divario si allarga addirittura del 49%. Da almeno un anno i listini del Brunello sono stabili mentre quelli del Barolo scivolano su un piano inclinato. Lo scorso 22 luglio la Camera di commercio di Cuneo ha rilevato per il Barolo Docg 2014 sfuso quotazioni minime/massime di 600-719 euro/ettolitro, iva esclusa (a Siena 1.000-1.200 per il Brunello); per il Barolo Docg 2015 le quotazioni indicano 673-745 euro/ettolitro (800-900 il Brunello). Come interpretare il divario di prezzo tra il re dei vini piemontesi e l’altrettanto nobile competitor toscano?  E come spiegare lo scivolamento improvviso del Barolo? I produttori delle due eccellenze italiane si scrutano a distanza, ma non vogliono dare l’impressione del confronto competitivo. E anzi una volta l’anno s’imbarcano nella manifestazione itinerante Barolobrunello, giunta orami alla settima edizione. 

“Il divario di prezzo è un dato quasi strutturale – spiega Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani -. Nasce dalla frammentazione proprietaria del nostro territorio e dalla pratica, valutabile nel 30%, di cedere la produzione agli imbottigliatori. Ciò genera inevitabilmente altalene dei prezzi. A Montalcino invece questo fenomeno è molto ridotto: il viticoltore imbottiglia e vende il vino col proprio marchio”. Questo però non spiega l’allargamento della forbice tra Barolo e Brunello. Se non i dati della sovrapproduzione e delle difficoltà crescenti dell’export. Dal 2016 al 2018 la produzione annuale di Barolo è cresciuta da 98 mila ettolitri a 107 mila e le giacenze da 433 mila ettolitri a 459 mila. Nello stesso periodo è stato registrato un calo da 13,2 milioni di bottiglie a 11,6: quindi si è prodotto di più ma si è venduto meno. “C’è un rallentamento, nulla di drammatico – minimizza Ascheri –. Rientra nella fisiologia del mercato del vino: se ne vendi di più cede il prezzo; se non lo vendi crescono le giacenze. L’export poi per il Barolo è molto importante: incide per il 70-80%”.  Tuttavia in questi giorni il Consorzio è ricorso ai ripari bloccando, da subito, i nuovi impianti per 3 anni e, se i prezzi non torneranno a salire, dal 2020 ridurrà le rese. Presumibilmente da 80 a 72 quintali ad ettaro, il 10% in meno. Che verrebbe destinata a riserva vendemmiale con l’opzione cioè di utilizzarla più avanti qualora i mercati rispondessero positivamente. “Non stiamo correndo ai ripari – mette le mani avanti Ascheri – semplicemente ci stiamo dotando di quella elasticità necessaria per affrontare gli eventi”.    

E in casa Brunello, tutto tranquillo? Per niente. Cambia la fluidità degli strumenti anti-crisi, ma i problemi ci sono. Comuni a tutti i vini fermi, grandi vini compresi. Uno dei claim del neo presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci è produrre meno e produrre più qualità. Il netto vantaggio del prezzo del “suo” vino sfuso sul Barolo lo solletica, ma preferisce sottolineare i meccanismi ben oleati che dal 2007 hanno bloccato i nuovi impianti mentre le rese sono aggiornate anno per anno: oggi sono a 80 quintali/ettaro (come il Barolo) “ma se si prende la media delle aziende, la produzione media non supera i 60 quintali per ettaro” precisa Bindocci. Nel 2018 il Brunello ha registrato 9,3 milioni di bottiglie, 1 milione in più rispetto al 2016 ma le giacenze, a luglio 2019 del Mipaaft, sono cresciute di oltre il 20% rispetto a dicembre 2016. “Quest’anno – annuncia a sorpresa Bindocci – le vendite del Brunello 2014, annata difficile, scenderanno a 6 milioni di bottiglie. Sarà un anno di transizione: ma il 2015 e il 2016 si annunciano annate eccezionali. E le vendite ripartiranno”.