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Scenari

I consorzi del vino rosa fanno rete. E chiamano anche l’Etna

11 Giugno 2019
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Nel convegno organizzato dal nuovo istituto del vino rosa autoctono italiano, tracciato il futuro di questo particolare vino italiano. Che guarda anche ad altri territori italiani


(Carlo Alberto Panont, Gilles  Masson e Nathalie Pouzalgues)

di Federico Latteri, Puegnago del Garda (Bs)

Una visione attuale che guarda al futuro per creare una cultura del vino rosato in Italia attraverso lo sviluppo di conoscenze, sinergia e comunicazione. 

Questo è ciò che è emerso dal convegno tecnico che si è tenuto nella sede del Consorzio Valtenesi a Villa Galnica di Puegnago del Garda in provincia di Brescia, nell'ambito della dodicesima edizione di Italia in Rosa, la più importante manifestazione del nostro Paese dedicata ai vini rosati. L'incontro si è aperto con la presentazione di Rosautoctono, l'Istituto del vino rosa autoctono italiano, fondato lo scorso 26 marzo dal Consorzio Valtenesi con altri cinque consorzi produttori di rosati da vitigni autoctoni, Chiaretto di Bardolino, Cerasuolo d'Abruzzo, Castel del Monte, Salice Salentino e Cirò. “Ci siamo messi insieme nella convinzione che i vini rosa abbiano pari dignità di quelli bianchi e rossi – ha detto il presidente dell’Istituto Franco Cristoforetti con Alessandro Luzzago, presidente del Consorzio Valtènesi – I sei consorzi di Rosautoctono rappresentano sei sfumature di rosa e simboleggiano territori che hanno saputo valorizzare i propri vitigni storici, puntando a valorizzare le diversità da nord a sud, ma parlando la stessa lingua per raccontare un pezzo d’Italia attraverso il vino rosa. Lo scopo che ci siamo dati è molteplice: c’è una volontà ferma di parlare di vini rosa attraverso promozione, formazione e ricerca. Ma per farlo ci vogliono i mezzi. I consorzi non dispongono di grandi risorse economiche quindi stiamo cercando la formula migliore per reperire fondi, ma siamo partiti subito con attività comuni presentandoci insieme a Prowein e Vinitaly. Ora stiamo cominciando a lavorare con masterclass e degustazioni in collaborazione con le associazioni di categoria dei sommelier, ma anche cercando di organizzare l’istituto perché sia in grado di organizzare e sostenere un’attività di ricerca che deve avere come scopo fondamentale l’identità del territorio”.


(Franco Cristoforetti e Alessandro Luzzago)

Dall'esigenza di trovare un linguaggio comune e dare a questa tipologia l'importanza che merita deriva il suggerimento di chiamare il vino “rosa”, cioè con il nome di un colore, così come avviene con bianco e rosso e non con il semplice aggettivo “rosato”. A Villa Galnica, Rosautoctono ha tenuto il suo primo Consiglio di amministrazione nel quale è stata messa a punto l'agenda di lavoro per i prossimi anni. Cristoforetti spiega: “Lo spirito collaborativo è al massimo: sta diventando bello parlare di vino rosa per chi ascolta, ma anche per le diverse filiere produttive di una categoria per tanto tempo sottorapresentata. Certo la situazione di mercato interno non ci aiuta: in Italia c’è una leggera flessione dei consumi, eravamo al 6%, siamo scesi al 5,5%. Poco rispetto alla media mondiale del 10%, ancor di meno se prendiamo in esame la Francia dove la quota di consumo dei vini rosa è al 34%. Dobbiamo ripartire da qui, da questi territori di produzione ora uniti da un linguaggio univoco che può far crescere sia la reputazione sul mercato interno che su quelli internazionali”.


(La masterclass di Rosautoctono)

In un futuro non molto lontano ci potrebbe essere una novità, l'ingresso in Rosautoctono del Consorzio Etna. Se ne è discusso e le premesse sembrano ottime. Sarebbe un ulteriore riconoscimento per questo splendido territorio. Dopo il convegno si è tenuta una masterclass con i vini delle sei diverse tipologie in rappresentanza dei vari consorzi. L'evento è stato condotto da Carlo Alberto Panont, direttore del Consorzio Valtenesi e ha visto la partecipazione di Luigi Cataldi Madonna per il Cerasuolo d'Abruzzo e di Raffaele Librandi, presidente del Consorzio del Cirò. Il Consorzio Valtenesi ha inoltre presentato i risultati della ricerca quinquennale sulle caratteristiche del Valtenesi Chiaretto fatta dal centre du Rosè di Vidauban in Francia. Nathalie Pouzalgues e il direttore Gilles Masson hanno illustrato i dati su parametri analitici, colore e profilo aromatico. Uno studio interessantissimo da cui prendere esempio poiché la profonda conoscenza del proprio prodotto permette di tutelarne meglio l'identità e rafforzare la comunicazione.