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Scenari

“Questa politica ci vuole schiavi”: allevatori ed agricoltori occupano il porto di Catania

10 Marzo 2019
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di Federica Genovese, Catania

Si sono dati appuntamento ieri al porto di Catania i soci dell'Unione allevatori siciliani insieme a diversi agricoltori per un'occupazione simbolica.

Nei giorni scorsi era stata preannunciata questa protesta proprio nel porto catanese, luogo in cui sbarcano grano, latte ed ogni materia prima prodotta all’estero che fa concorrenza spietata all’agroalimentare siciliano, causa prima della grave crisi economica in questo ambito. Presente anche il comparto della pesca, con Fabio Micalizzi, presidente regionale Associazione Pescatori Marittimi Professionali e Federazione Armatori. “Siamo vicini agli allevatori ed agricoltori – dice Micalizzi – Le nostre categorie produttive rischiano di scomparire, perché c’è una scarsa attenzione da parte dei nostri politici che non capiscono nulla in merito ai nostri settori, creano bandi per progetti inutili e mai realizzati. Di questo passo, tra cinque anni non esisteranno più pescatori”.Rabbia e disperazione dei rappresentati della terra e del mare, dell’agrobiodiversità siciliana messa a rischio da politiche irragionevoli.

Carmelo Calanna, presidente di Unione allevatori, mostra un cartello esemplificativo dei prezzi che ci sono per il momento: il grano pagato a 40 centesimi. Per esprimere con un gesto concreto, ma pacifico, la rabbia di tutta la categoria, ha simbolicamente gettato in mare un fantoccio in cui si identificava “il politico” che pensa solo ai propri interessi mettendo in ginocchio l’economia del paese.  “Non esistono bandi rivolti ai piccoli produttori, serve ossigeno soprattutto all’entroterra ed al settore della zootecnia – dice Calanna – il biologico indietreggia rispetto ai progressi realizzati, contro ciò che accade a tutti gli altri paesi d’Europa, il nostro gesto simbolico è un grido d’aiuto ai politici”. E’ una battaglia sociale grida qualcuno, non di categoria, poiché il nostro lavoro comporta la tutela dell’ambiente contro la desertificazione, il dissesto idrogeologico.

La voce dei giovani è quella sicura e robusta di Simone Giaccone, 26 anni, agricoltore, allevatore, studente universitario che ha coinvolto altri studenti nella manifestazione. “Non è vero che all’Italia non interessa la Sicilia, eccome se gli interessa, a loro interessa affamarci, succhiarci il sangue fino all’ultima goccia, in ogni settore. Vogliono schiavizzarci e tornare al feudalesimo. C’è un gioco chiarissimo, che è quello di far continuare ad arricchire chi lo è già”. Gli animi sono accesi ma per ora la situazione è sotto controllo. La prossima mossa, si spera venga da chi è stato chiamato in causa per agire arginando i problemi.