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Vini e territori

Masini, il politico prestato al vino. E la riscoperta (piacevole) del Frascati

06 Gennaio 2015
Mario_Masini_produttore Mario_Masini_produttore


(Mario Masini)

È di una storia italiana che vi parliamo, nata dalla passione verso uno tra i vini più nobili mai prodotti, il Frascati. E di uno in particolare, il Frascati Superiore Eremo Tuscolano dell’azienda Valle Vermiglia. 

A dire il vero, si potrebbe definire anche il Frascati del riscatto: l’unico vino voluto da Mario Masini, produttore di Roma, con la passione per la politica e per i cavalli, per perseguire quella che ormai è per lui una vera mission: riuscire a far tornare alla vecchia gloria il vino più famoso di Roma, dopo anni di picchiata verso il basso.

Un progetto ambizioso che per essere realizzato sceglie di partire da un posto unico. Sulla scelta di quest’ultimo, il produttore dice: “Nasce improvvisa, come quando ti innamori di una bella donna. Mi sono innamorato così di questo posto”. Il luogo è la terra intorno al nascosto Eremo dei Camaldolesi di Monte Corona a Monte Porzio Catone, risalente al XVII secolo. Si tratta di otto ettari di vigneti a 500 metri sul livello del mare, che a 20 chilometri dal centro di Roma nascondono un’atmosfera silente, da bosco incantato; qui un suolo di origine vulcanica e un microclima con una forte escursione termica, protettiva per l’equilibrio di vegetazione delle piante, donano concretezza all’ambizioso progetto di Mario Masini: ridare dignità ad un vino sfortunato, maltrattato e oggi ancora poco considerato.

Incontriamo il produttore e parliamo con lui del progetto di rinascita del Frascati.

Come nasce l’incontro con le terre di Eremo Tuscolano?
Facevo campagna elettorale e girando di porta in porta arrivai dagli 11 frati dell’Eremo. Fui bene accolto. Vidi le terre e ascoltai i loro bisogni. Mi parlarono del loro stato poco agiato, dovuto sì alle regole monastiche ma non per questo non migliorabile (mancanza di riscaldamenti, scarso cibo e altre necessità). Cominciammo a ragionare su questo posto abbandonato che rischiava di perdersi. Così iniziai a parlarne con il vecchio priore per risistemare il compendio agricolo; da qui nacque il progetto. 

Come è stata accolta la vostra presenza dai frati camaldolesi, che vivono secondo le rigide regole del’Ordine, nel massimo isolamento?
Inizialmente non si può dire che sia esploso entusiasmo. Inevitabile per chi vive in clausura. Ma lo spettacolo della natura a rischio preoccupava anche loro; il trasformare il tutto in un sistema di viticultura fatta con criteri allevatori ricercati, non solo non li privava della naturale riservatezza, ma dava la possibilità di non distruggere il patrimonio circostante. Stiamo molto attenti a rispettare le regole per garantire e rispettare il massimo isolamento dei frati, nel complesso claustrale.


(Veduta dall'eremo)

Ha trovato difficoltà burocratiche?
Dal ’97, le prime bottiglie hanno visto la luce nel 2011. Una gran fatica arrivarci. Il progetto nasce con una serie di lacci e laccioli tipici della burocrazia italiana, che ci hanno visti impegnati a sorpassare delle problematiche con sovrastrutture locali, provinciali, regionali e infine con la Sovrintendenza delle Belle Arti. Chissà cosa si aspettavano che vi facessi! Le diatribe sono durate circa 7 anni. Dopo abbiamo impiantato il vigneto e la prima trasformazione in vino si è avuta con la vendemmia 2011 per arrivare sul mercato con il  Frascati Superiore Eremo Tuscolano 2012.

Come si lavora il vigneto?
Con l’ottenimento  della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) al “Frascati Superiore”, mi sono avvalso dell’aiuto di Franco Bernabei, enologo, attentissimo ai passaggi vendemmiali e, durante tutto l’anno, alle lavorazioni che sono richieste, molto costose. Questo non è un territorio dove si può lavorare con la meccanizzazione. Qui si fa tutto a mano. Nel 2000 abbiamo impiantato il vigneto con i soli vitigni di produzione del Frascati: malvasia del Lazio, malvasia di Candia, trebbiano giallo, trebbiano toscano e bombino bianco. E lo abbiamo allevato a cordone speronato semplice, con un lungo tronco per evitare la decimazione dell’uva da parte dei cinghiali, che qui possono arrivare dal bosco del Parco Regionale. Le uve sono sottoposte a pressatura soffice utilizzando esclusivamente il mosto fiore. Dopo una leggera decantazione di circa 12 ore, il mosto ha fermentato molto lentamente per circa 25/30 giorni a temperatura dai 12 ai 18 °C. La maturazione e l’affinamento del prodotto avviene nei serbatoi di acciaio inox in presenza della feccia fine.


(Il vigneto dell'eremo)

Quante bottiglie producete e quali sono i vostri obiettivi?
Il primo anno abbiamo fatto circa 50.000 bottiglie. Seguiamo la miglior produzione del territorio. Se per garantire la qualità dobbiamo ridurre, lo facciamo. Il 2013 per esempio ne vedrà prodotte solo 34.000. Anche in vendemmia i tempi rispettano la miglior qualità. Quest’anno abbiamo vendemmiato a fine ottobre, primi di novembre, in pratica per ultimi. Nessun obiettivo se non quello della massima qualità.

A tal proposito, quale la qualità percepita dal mercato, secondo lei, sul Frascati di oggi? Si comincia a percepire l’inversione di marcia?
La verità è che il mercato del Frascati ha subito un deterioramento progressivo dagli anni ‘90 in poi. I veri produttori hanno abbandonato il territorio. Sono rimaste poche aziende trasformatrici che hanno fatto della quantità il loro principio commerciale. Oggi la mission non è solo fare un buon prodotto, ma far capire che il Frascati è tornato quello degli anni ‘60 e ’70, apprezzato non solo in Italia ma anche in Europa. Stiamo ricostruendo con fatica un’immagine di verginità, che era andata perduta.


(Un'altra immagine del vigneto dell'eremo)

Prima si punta all’Italia dunque?
Facciamo capire non all’Italia, ma prima ancora ai distributori romani che ci sono aziende come la nostra che fanno eccellenza e che la qualità va inserita nella carta dei ristoranti, delle enoteche e che va protetta con un prezzo che ne garantisca la prosecuzione del percorso qualitativo. La distribuzione si convinca che viene prima il prodotto locale e dopo gli altri. Purtroppo, il consumatore medio si è formato in un periodo in cui il Frascati non godeva di ottima reputazione, e a causa di ciò, non lo associa alla qualità. Il male è che di Frascati in giro se ne trova tanto, anzi troppo e pure travestito.

Quanto costa in enoteca il suo vino e come viene distribuito?
Il Frascati Superiore Eremo Tuscolano 2012 in enoteca costa circa 14 euro. Si trova adesso nell’alta ristorazione romana, cercheremo di non limitarci ai massimi livelli del settore Ho.re.ca, ma partiamo dall’alto e cerchiamo di fare una buona comunicazione anche attraverso i social network per far conoscere il prodotto. C’è da recuperare immagine e bisogna arrivare, per prima cosa, a chi di vino ne capisce.

Le nostre brevi note sul vino.
Un vino dallo standard qualitativo alto che non a caso di recente si è aggiudicato il premio Commended dell’International Wine Challenge 2015.  Colore giallo paglierino, profumo delicato e fruttato, sapore secco, sapido, morbido e vellutato. La mineralità e la sapidità conferite dal terreno e dall’altitudine alle uve gli conferiscono quel quid che lo rende di gran lunga distante da un comune Frascati. Anche un ristoratore romano faticherebbe a riconoscerlo. 13 % di alcol.

Francesca Landolina