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Vinitaly 2018

Dieci anni della Fivi in 8 etichette: la degustazione nel ricordo di Pieropan

19 Aprile 2018
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di Alma Torretta

Sono passati esattamente dieci anni da quando è nata la Fivi, proprio al Vinitaly da una riunione “quasi carbonara”, come l’ha definita Giancarlo Gariglio che ne è stato il primo segretario prima di dedicarsi alla guida Slow Wine. 

Per celebrare la ricorrenza, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti ha organizzato una degustazione di otto suoi grandi vini, alcuni proprio dell’annata 2008 di fondazione dell’associazione, alla presenza di alcuni dei vignaioli che per primi hanno creduto nel progetto. Mancava Leonildo Pieropan, che ci ha lasciati venerdi scorso, al suo posto al tavolo il figlio Andrea “perché papà teneva molto alla Fivi che, a partire da quelle prime pietre poste dieci anni fa, oggi è un bellissimo edificio ed una voce che rappresenta l’eccellenza dei vignaioli italiani”. E proprio “per dare voce a chi non ne ha”, come ha ricordato l’attuale presidente Matilde Poggi,  è nata la Fivi, che riunisce oggi oltre mille aziende piccole, medio piccole, o piccolissime, da tutta Italia per cui porta avanti “battaglie continue” a Roma e, soprattutto ormai, a Bruxelles. L’ultima, lanciata proprio in questi giorni a Vinitaly, quella in difesa dei vigneti storici ed eroici.  “Un Senatore tempo fa mi ha detto: siete piccoli, ma avete la voce grossa” ha ricordato sorridendo la Poggi, che cinque fa è succeduta a Costantino Charrére, assente alla ricorrenza per problemi di salute, primo presidente dell’associazione che, dopo quel primo incontro carbonaro nello stand del piemontese Paolo Sarrocco, si è costituita ufficialmente il 17 luglio successivo alla Reggia di Colorno di Parma. 


Da allora la crescita è stata rapidissima: l’idea era nata da un incontro tra i vignerons independants de France, già organizzati nella Cevi, (Confederation Europenne des Vignerons Indipendants) con l’Associazione dei Vignaioli Indipendenti dell’Alto Adige che già riuniva una settantina di piccoli produttori, “da quel contatto è iniziato tutto – ha ricordato uno di loro, Peter Dipoli – i nostri soci altoatesini li abbiamo fatti iscrivere subito tutti alla Fivi”. Oggi nella Cevi gli italiani sono il secondo gruppo più numeroso, dopo i francesi, e Matilde Poggi ne è infatti pure la vicepresidente.  Fondamentale il ruolo del valdostano  Costantino Charrére, il primo presidente, vignaiolo di montagna, “uomo molto determinato, concreto, preciso – ha detto Matilde Poggi – che è come i suoi vini, che sono molto puliti e diritti. Come Leonildo Pieropan, sempre a disposizione del suo territorio”. Tra i fondatori della Fivi, anche Ampelio Bucci, professore d’università e intellettuale della terra, senza le mani rugose del contadino, ha ricordato Gariglio, ma con le rughe nel cervello, come Bucci stesso si è definito. E Saverio Petrilli che ha voluto ricordare pure com’è nato il Mercato Fivi, con i vignaioli  che ci hanno messo di persona i soldi, che hanno garantito con i loro beni se il Mercato avesse avuto un bilancio negativo. Tra i primi soci, oggi vicepresidente della Fivi, anche Walter Massa, “piemontese della provincia rispetto a quell’Impero che sono le Langhe – ha ricordato Gariglio – che quando i langhetti ancora non credevano nell’associazione, subito ha invece aderito apportandovi la sua vulcanicità, le sue inquietudini, dando grande sprint alla Fivi”.  Sempre Gariglio ha continuato a raccontare come , da subito, la sfida per la Fivi è stata innanzitutto superare le differenze regionali, creare una sintesi delle posizioni, ed in questo lavoro di limatura Pieropan è stato un  maestro, un vero esempio di “politica” positiva, al rialzo. E Pieropan si è battuto pure per l’adozione sulla capsula del loghino Fivi che indica chiaramente che si tratta di vino prodotto da un vignaiolo e non da un commerciante o da un industriale.  “Io ho investito più nella terra che nella tecnologia, io sono legato al mio territorio, noi siamo vignaioli –  ha concluso Paolo Salacco dalla Langhe – e se all’inizio ci snobbavano, ormai siamo diventati trendy”. 

In degustazione: 

Kerner 2016 di Manni Nössing – Il Kerner nella valle dell’Isarco ha trovato la sua patria italiana e sta ormai contendendo il successo in zona al Muller Thurgau. E’ un vitigno generoso che anche sulle Alpi altoatesine riesce a dare vini che raggiungono facilmente i 14°. Qui il produttore è riuscito a combinare opulenza e sapidità, ottenendone una versione molto elegante e di persistenza. 

Voglar 2014 di Peter Dipoli – Malgrado il 2014 in generale sia stata un’annata difficile, nelle vigne di Peter Dipoli sopra i 400 metri si è vendemmiato, solo un po’ anticipato, un ottimo sauvignon. Il vino è ancora giovane, lo stesso produttore suggerisce che sarà perfetto fra due anni quando si svilupperanno al meglio i profumi terziari, ma è già secondo noi godibilissimo così, con i suoi toni verdi e acidità esuberante.

Derthona Montecitorio 2011 di Walter Massa – Delle tre versioni di Timorasso prodotte da Massa, colui che ha rilanciato questo vitigno a metà degli anni ’90, questa è la più minerale e fresca  di un vitigno che ha la tendenza ad essere opulento di suo, oltre che opulente perché così piacciono i vini a Massa. Il Montecitorio 2011 si caratterizza per eleganti idrocarburi al naso ed un sorso, più largo che lungo, che riempie la bocca. 

Calvarino 2008 di Pieropan – Un Soave Classico, da vecchie vigne di Garganega e Trebbiano di Soave,  nato nel 1971 con una vinificazione separata, quando quasi nessuno ne faceva,  della vigna storica di famiglia in una zona particolarmente vocata. “Fine, elegante e discreto – lo ha illustrato perfettamente Andrea Pieropan – un Signor vino, come era papà”. Un vino affinato solo in grandi botti di rovere che ha retto perfettamente i dieci anni, anzi ancora con qualche caratteristica di gioventù, “autentico e puro – lo ha definito Peter Dipoli –  come era pure Leonildo Pieropan”. 

Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva 2008 di Villa Bucci – Malgrado l’annata calda, una delle prime che hanno caratterizzato l’ultimo decennio, dall’acidità importante che ne ha garantito la longevità e dovuta al fatto che i suoi vigneti sono in colline aperte verso il mare. Naso evoluto, prezioso, finissimo, e corpo opulento, profondo, lunghissimo. 

Fumin 2008 di Les Crêtes di Costantino Charrére – Dell’annata della fondazione della Fivi pure questo Fumin dal colore rubino intenso, quasi  cupo, ma da riflessi ancora vivaci, malgrado sia un vitigno generalmente non considerato adatto ad invecchiare. Rivela le caratteristiche del vitigno che ha profumi speziati  ed al sorso è  poco tannico, dopo dieci anni in più con qualche nota di affumicatura. 

Colline Lucchesi 2008 di Tenuta di Valgiano – Un altro 2008, in questo caso dalla Toscana, dalle colline di Lucca dove una primavera molto piovosa  ha fatto perdere molta uva ma è stata seguita da un’estate torrida che ha sciugato le uve. Blend di Merlot, Sangiovese, Syrah si presenta dai bei riflessi granato e concentrato all’assaggio. 

Moscato d’Asti 2017 di Paolo Saracco – Finale in dolcezza con un brindisi al futuro della Fivi con un delizioso moscato d’Asti, perfettamente bilanciato tra dolcezza e freschezza, concentrato ma supportato da buonissima acidità, persistenza dolce ma con una sorprendente nota sapida nel finale che invita ad un altro sorso.