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Dove mangio

I tortellini all’anatra, il piccione, la gallina Una prova (buonissima) al Retrobottega di Roma

15 Ottobre 2018
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di Stefania Petrotta, Roma

Roma è una città strana. È talmente bella, suggestiva e magica che sembra impossibile che qualsiasi angolino, locale o ristorante possa non essere perfetto.

E invece è una città dove, se non si sa dove andare e al netto dei nomi più famosi, è molto facile imbattersi in una cucina sciatta, mal eseguita e scadente. Probabilmente perché piena di turisti, più facilmente perché non comprende che il turismo debba essere una risorsa da coltivare piuttosto che da sfruttare. Ecco dunque perché, quando si riesce a scoprire un ristorante degno di questo nome, quasi quasi ci si esalta. Come è capitato in occasione della mia ultima visita romana coincisa con la presentazione del Taormina Gourmet all’Associazione Stampa Estera in Italia.

Retrobottega è un piccolo gioiellino. Incanta già dall’aspetto: una porta a vetri su un locale in penombra che si sviluppa lungo due sale eleganti e minimaliste con un tavolo sociale ciascuna (ci viene rivelato che esiste anche una saletta da sei fruibile solo previa prenotazione e per eventi particolari). Il ristorante è stato recentemente ristrutturato “Ma non da tantissimo – dice Giuseppe Lo Iudice, uno dei due chef patron; l’altro è Alessandro Miocchi – Il tavolo era dello stesso colore, ma più chiaro. Le pareti dello stesso colore, ma più chiare. Gli arredi dello stesso colore, ma più chiari” e scoppiamo tutti a ridere. Il senso di questo “scurimento” lo comprendiamo appieno quando arrivano i piatti: sono loro i protagonisti assoluti della serata e luci e arredi sono lì per magnificarli.


Abbiamo uno chef dedicato solo al nostro tavolo che compone i piatti sotto i nostri occhi e lavora così silenziosamente da farci dimenticare della sua presenza. Scegliamo la “Formula Retrobottega”, un percorso composto da due antipasti, un primo, un secondo e un dolce da noi scelti liberamente dal menù al prezzo di 55 euro. Unico diktat, come spesso accade, la formula viene realizzata per l’intero gruppo. Difficile scegliere tra i piatti alla carta, ci incuriosisce tutto e vorremmo provare tutto. Ci affidiamo dunque a Giuseppe, pur non comprendendo immediatamente che sia uno dei due chef dal cui pensiero quei piatti sono nati.

Nell’attesa ci viene servito del pane di segale e noci accompagnato da un burro acidificato ai semi di papavero e lino. Uno stuzzicante benvenuto.
Seguono i due antipasti scelti da noi.

Cavoli, senape e frutta secca, un tripudio di varianti di brassicaceae dalle diverse cotture. La senape completa con la sua nota piccante e leggermente acida e la cialda di frutta secca esalta la croccantezza già donata dal cavolo rosso. Molto buono.

Gallina, mais e paprica è il piatto che ci manda in visibilio. La cottura perfetta della carne, la dolcezza dei chicchi di mais, la leggera acidità della Caesar sauce, la nota croccante del mais soffiato e quella aromatica della paprica dolce ne fanno un piatto semplicemente perfetto dove tutti e cinque i gusti fondamentali sono chiaramente percepiti dalle papille gustative.


 

Segue un omaggio di Lo Iudice che decide che l’esperienza non sarebbe completa senza averci fatto provare la crepinette di foglie, limone e topinambur. Ed effettivamente quello che nasce come un piatto di carne mantiene dell’originale solo la rete di maiale che raccoglie al suo interno tutti gli ingredienti in un’esplosione di gusto e di freschezza che ci lascia stupefatti. Aveva ragione lui, impedibile.

Arriva il primo: tortellini, anatra e rape. Semplici e al contempo “completi”, ci preparano gradualmente al passaggio al secondo, da un lato ammorbidendo i sapori finora goduti, dall’altro creando l’ambiente neutro ideale ad accogliere il secondo.

E per secondo impossibile non scegliere il piccione laccato al pino, spinaci e santoreggia, pianta aromatica anche nota come erba pepe. Cottura impeccabile, rosata, carne tenera e per nulla stucchevole, pelle croccante dal sentore balsamico. Lo spinacino sgrassa e la santoreggia esalta. Quando si dice la perfezione della semplicità.


Terminiamo con un dolce. Giuseppe non ha alcun dubbio: yogurt di capra e liquirizia. Per una che non ama la liquirizia è difficile da accettare ma finora non ci ha delusi e se abbiamo deciso di fidarci dobbiamo farlo fino in fondo. E sia. Il crumble di liquirizia e il semifreddo analogo stemprano l’ercino dello yogurt di capra montato che, a sua volta attenua il forte aroma della liquirizia. A completamento una sottile cialda di meringa… la degna chiusura di una cena da ricordare.

Retrobottega
Via della Stelletta, 2 – Roma   
06 68136310
www.retro-bottega.com
Chiuso: lunedì  pranzo, 1 gennaio a pranzo e 25 dicembre a pranzo
Ferie: mai       
Carte di credito: tutte tranne Diners Club
Parcheggio: no