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Vino della settimana

Vino della settimana: Adenzia rosso di Baglio del Cristo di Campobello

04 Agosto 2012
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Nero d'Avola, Syrah, Cabernet Sauvignon. Il Nero d'Avola è senza ombra di dubbio il vitigno che ha lanciato l'enologia siciliana, quello che si identifica per antonomasia col suo vino di qualità.

Eppure, coltivata praticamente in tutte le zone, in centinaia di cloni, non è la vite isolana più diffusa. Del Syrah ne abbiamo parlato QUI>, aggiungendo che noi preferiamo considerarlo un autoctono, anche se di ritorno.
 
Diciamo invece qualcosa del Cabernet Sauvignon. Come indica il nome, è un vitigno che parla con la erre moscia e come se si fosse ispirato ai fasti dei vari regni ed imperi francesi, partendo dal bordolese, per la sua adattabilità ha invaso tutto il mondo enologico diventando il più diffuso sinonimo di vino di qualità.
 
Noi siculi, che tanto abbiamo amato essere invasi e dominati in tutta la nostra storia, potevamo ignorarlo? Assolutamente no. L'isola avrà tanti difetti, ma ha il pregio che le viti, di quasi tutte le varietà, vi crescono bene: basta scegliere il terreno, la zona climatica e le modalità di coltivazioni adatte per avere successo, per cui si ottengono degli ottimi Cabernet. La cultivar produce vini intensi già nel colore, nei polifenoli, nei tannini e nelle sostanze aromatiche che in genere danno nei vini i sentori di peperone, di mentoli, di liquirizia, di pepe nero.
 
Per provare come riesca questa miscela scegliamo l'Adenzia rosso 2009 della cantina Baglio del Cristo di Campobello di Licata, una giovane realtà che in pochi anni è riuscita ad ottenere tanti riconoscimenti. Adénzia in siciliano significa fare attenzione, dare ascolto.
 
I titolari Carmelo e Domenico Bonetta ci spiegano che i vigneti sono a circa 250 metri di altezza, in terreno calcareo ricco di gessi, che il NdA è stato impiantato selezionandolo dai loro vecchi vigneti e che curano in modo maniacale ed attento la vigna. La raccolta, selettiva, in cassette a mano, a metà settembre. Cui segue, sotto la guida dell'enologo Giuseppe Lentini e la consulenza di Riccardo Cotarella, un processo particolare: dalla macerazione fino all'affinamento di 10 mesi il tutto avviene in tini di legno-acciaio da 110 ettolitri.

Sono tini compositi in maniera da unire le qualità del rovere francese, senza i suoi eccessi, ad i pregi dell'acciaio con le fasce di condizionamento termico e tutti i requisiti dei moderni fermentini. I frequenti batonnage rimettono in moto le fecce fini permettendo un maggiore contatto coi lieviti selezionati. Infine un anno in bottiglia. Le 32.000 bottiglie sono in commercio da febbraio.

Apriamone una. Il colore è rosso granato intenso con evidenti riflessi viola. Avvicinando il bicchiere al naso si sprigionano per primi i sentori speziati, tanto pepe nero  e il balsamico dell'eucalipto. Ossigenando spuntano i frutti rossi, l'amarena, la ciliegia, ma non eccessivi e predominanti. Risulta un insieme armonico e complesso, con poca vaniglia; non c'è un sentore che spicca e la sua franchezza totale invita ad avvicinare il naso tante volte per scoprire in ognuna qualcosa di nuovo.
Al palato si mantiene l'equilibrio totale, è rotondo, i tannini si avvertono appena, si gustano i frutti rossi e un lieve e piacevole amaro. Tanto armonico che i suoi 14° quasi non si avvertono. Vino da pasto e da salotto con un lunghissimo finale.

Un vino per niente ruffiano, che fa dell'armonia  e dell'assoluta franchezza il suo cavallo di battaglia. Un grande vino che dimostra che non bisogna aspettare dieci anni per ammansire i tannini e che nel contempo sarà capace di invecchiare in tranquillità. Nella retroetichetta si legge: tre vitigni “in un valore più grande della loro somma”. Parole che non sembrano esagerate.
In enoteca ad 11 euro.
Abbinatelo ad un primo con ragù di salsiccia, ad un filetto al pepe verde, ad un pecorino di media stagionatura piastrato.

Baglio del Cristo di Campobello
Contrada Favarotta
S.S. 123 Km. 19,200
92023 Campobello di Licata  (Ag)
Tel. 0922 877709
www.cristodicampobello.it

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di Giovanni Paternò

Rubrica a cura di  Salvo Giusino