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Vino della settimana

Vino della settimana: Pàlici Rosé di Patria

09 Marzo 2013
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Brut Etna DOC di Nerello Mascalese e pochissimo Pinot Noir.

Che l'Etna vinicola sia terra di immigrati è arcinoto.
Ma immigrati nel senso di viticultori o semplicemente di folgorati sulla via del vino per cui ormai da tutto il mondo c'è qualcuno che compra un vigneto, magari di poche viti, fa un ottimo vino e così via in una lunga processione di arrivi.
 
E' ciò che è avvenuto anche con la famiglia Di Miceli, che avendo già vigneti dal 1950 in contrada Patrìa di Monreale, quindi nel palermitano, nel 1992 decide di acquistare la storica cantina Torrepalino in Solicchiata, nella zona che potremmo definire la Napa Valley siciliana, assieme ad una quindicina di ettari di Nerello Mascalese e poco Cappuccio.
Francesco Di Miceli, enologo e attuale presidente della società che dirige coadiuvato dal figlio Bernardo decide però di cambiare il nome storico in Patria, per unificare l'azienda che oggi possiede 250 ha di vigneti a Monreale, Corleone, Palma di Montechiaro, Licata, Gela e in ben 8 comuni dell'Etna. Questa diversità di territori diventa una peculiare opportunità perchè così si possono utilizzare i vitigni più adatti, quelli che meglio possono nutrirsi delle caratteristiche pedoclimatiche delle varie zone, insomma possiamo veramente parlare di vini di territorio, di vini di forte personalità.
 
Così oltre agli autoctoni Nerelli, Carricante, Catarratto, Insolia, Moscato e Nero d'Avola ci sono i Cabernet, Syrah, Merlot, Viognier, Pinot nero e Chardonnay. I vigneti in tutta l'Etna sono 40 ha, quelli intorno a Solicchiata 30 ha di cui 10 con viti centenarie ad alberello. Il resto sono vigne nuove a spalliera condotte in regime biologico quindi trattate con soli rame e zolfo. Dal 2004 è stata completamente ristrutturata e ammodernata la cantina il cui complesso è dotato di anfiteatro all'aperto, di sale per convegni e per degustazioni nonché di ristorazione che può far fronte anche a banchetti.
 
Oggi Cantine Patria è una notevole realtà economica con una produzione di ben 2.000.000 di bottiglie, che dovrebbero aumentare negli anni a venire, vendute per l'80% sui mercati esteri, cinesi in particolare, che non fa grande distribuzione ma si rivolge esclusivamente al settore HoReCa.
Francesco continua a svolgere il suo compito di enologo e visto che si vanta di essere stato il primo a vinificare sull'Etna uno spumante col metodo classico andremo a degustare il Pàlici Rosé che affianca il Pàlici Bianco Brut.
 
Pàlici deriva dalla mitologia greca e sono i figli della ninfa Etna e di qualche altro dio che poteva essere Zeus oppure Adranos, come raccontato nelle Etnee di Eschilo.
Il Rosé è per il 95% di Nerello Mascalese e per il 5 di Pinot Nero, ricavati dalle vigne più alte a circa 900 metri dove il fresco e le escursioni termiche favoriscono la migliore qualità dell'uva. La vendemmia inizia alla fine di settembre quando le uve non sono ancora mature per avere un maggior carico di acidità indispensabile per gli spumanti. Il Nerello è vinificato in bianco, separando immediatamente le bucce, mentre il Pinot, denso di colore, macera solo qualche giorno. Fermentano in acciaio con lieviti selezionati e temperatura bassa e sempre in acciaio si assestano per un paio di mesi durante i quali decantano e si chiarificano. Presa di spuma in bottiglia per almeno18 mesi e negli ultimi 6 i cestelli sono fatti ruotare fino al degorgement, poi aggiunta della liqueur d'expedition per ottenere la tipologia del brut e ulteriori 4 mesi di riposo minimo con bottiglie coricate.

 Quando stappate la bottiglia tenete il turacciolo ben stretto in quanto la pressione è notevole e il sughero rischia di sfuggirvi di mano, colpendo magari l'occhio del vicino che stava per applaudire in attesa del brindisi. Versato nella flûte (flûte è un nome femminile!), come ci si aspettava, il perlage è travolgente all'inizio, fitto, molto intenso e man mano si stabilizza con una processione di bollicine che diventano fini e che non smettono di salire. Impressionante. Il colore è rosa tenue, classico.

Se lo avvicinate al naso appena versato sarete inondati dall'anidride carbonica che evapora; poi avvertirete sentori minerali più che fruttati, la crosta di pane, la salvia e poco lievito. Non di forte intensità ma vi fa capire che deriva da una terra particolare, aspra. In bocca la carbonatica è lieve, abbastanza fine, con invadente, proprio come dovrebbe essere per uno spumante di classe. E' asciutto con una buona acidità che si fonde con una vellutata sapidità. Lungo il finale. Gradazione alcolica di 12,5°.
Sono 50.000 bottiglie che trovate a 20 euro.
 
Ottimo da aperitivo e a tutto pasto e non ci stancheremo di ripeterlo con monotonia sino all'infinito: non accompagnate un brut ad una torta. Se volete brindare fatelo pure, ma prima del dolce.

Cantine Patria
SS 120, km 194,5
95012 Solicchiata
Castiglione di Sicilia
0942 986072
347 4722473
www.vinipatria.it

Recensioni
di Giovanni Paternò

Rubrica a cura di  Salvo Giusino