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Vino della settimana

Vino della settimana: Villa Bucci Riserva 2013 di Villa Bucci, in anteprima

23 Gennaio 2016
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Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico Docg

Da oltre 200 anni la famiglia Bucci è dedita all’agricoltura e non solo. Si coltivava un pò di tutto in più di 300 ettari nella valle del fiume Misa nelle Marche. Compiamo un lungo salto per arrivare alla fine degli anni '70 quando Ampelio Bucci, che fino ad allora viveva più a Milano con la sua attività di consulente di marketing nel campo della moda, capì che cominciava a piacergli di più la campagna. Era un’attività agricola che lasciava pochissimi margini: olio, cereali, mais e da bravo studioso del mercato intuì che se non voleva rimetterci solo il vino poteva dargli una buona marginalità, ma doveva essere un grande vino, un vino di nicchia e di immagine, un vino magari non giornaliero ma che potesse contrassegnare i giorni importanti della vita.


(Ampelio Bucci)

Doveva scegliere: internazionali, tanto di moda allora, oppure autoctoni che nella zona significava essenzialmente Verdicchio. Fece una scommessa e puntò sul Verdicchio che allora non godeva di eccelsa immagine, lo piantò nella parte alta delle sue colline a spalliera, inizialmente a cordone speronato, larga e potata alta per diminuire la fertilità del vitigno ed allontanare i grappoli dal terreno calcare che rifletteva i caldi raggi solari. Iniziò nella piccola cantina dell’azienda, gli serviva un enologo e scelse un altoatesino Giorgio Grai un personaggio tutto particolare: preparato, intuitivo, creativo, ma un pò balzano, in certe situazioni addirittura assente, in altre immaginifico, insomma un vero “artista” del vino. Collaborazione che dura finora, due anziani che riescono a convivere, professionalmente si intende, integrandosi e portando avanti un’attività sempre più pregna di successi e soddisfazioni.

Oggi siamo a 30 ettari vitati di cui 25 a Verdicchio, il resto Sangiovese e Montepulciano, ma ci concentriamo sul Verdicchio, che nelle spalliere più giovani è a Guyot, ricavato dai propri cloni, nella zona Castelli di Jesi dove Bucci ne è ormai il rappresentante più autorevole. Sono 5 piccole vigne, ognuna si distingue per altitudine, esposizione, giacitura, struttura quindi stesso Verdicchio capace però di dare diversità sulla base del proprio micro territorio. Siamo a 20 chilometri dal mare i cui venti riescono ad incanalarsi tra i colli fino a giungervi. Vigneto certificato biologico come lo sono i vini dove però non è riportato in quanto Ampelio pretende che si acquistino per la loro bontà e non per l’informazione. Le etichette solo 4 di cui 2 Verdicchio, il Villa Bucci Riserva e il Bucci, che è un Verdicchio Castelli di Jesi Doc. Delle 140 mila bottiglie, secondo gli anni, 110 mila sono del bianco.
 
Degustiamo il Villa Bucci Riserva, la “formula 1” dell’azienda, vino che ha sfidato tante verticali (ne abbiamo fatta una anche a Taormina Gourmet, leggi qui), risultando sempre a proprio agio con l’età, nel millesimo che andrà in commercio in concomitanza col prossimo Vinitaly, quindi in anteprima. Ci si aspetterebbe un cru, invece è il risultato della cuvée dei migliori vini scelti dalla vinificazione separata di ogni vigna. Quindi la partenza per il Verdicchio è identica per le 2 etichette.


(Le vecchie botti della cantina Bucci)

Si parte da una vigna costretta a produrre la giusta quantità, vendemmia a mano che nelle ultime annate si è spostata dalla fine all’inizio di settembre. La cantina mantenuta negli antichi locali sotterranei è stata tutta rimodernata e lì si inizia con la diraspatura, la premitura soffice e l’allontanamento immediato delle bucce, uso di lieviti che nelle annate giuste sono indigeni. Rimane nei lieviti fin quando è necessario, quindi: travasi, in genere niente malolattica o in poca percentuale spontanea, a questo punto si stabilisce la cuvée per i 2 vini e quella atta a divenire Villa Bucci è immessa in vecchie botti da 75 e 50 ettolitri in rovere di Slavonia dove matura 1 anno, vecchie botti che non cedono sentori, ma con la lentissima microssigenazione evolvono e stabilizzano il vino. Poi in bottiglia per un altro anno. Tutte le fasi della vinificazione sono stabilite dal naso e dal palato dei nostri protagonisti.

Versato nel calice il colore è giallo paglierino leggermente intenso e verdognolo. All’olfatto si presenta di grande eleganza ed armonia, in pratica tutto quello che vi si cerca lo si trova senza che nessun sentore sovrasti gli altri: viola, salvia, pera, albicocca, mandorla, fieno, lavagna per dirne qualcuno, un perfetto equilibrio tra fiori, frutta, mineralità. Al palato entra morbido, calmo per poi galoppare a lunghi passi verso un’esplosione, sempre equilibrata, di acidità, mineralità, sapidità, struttura; diventa potente pur rimanendo delicato e permane lunghissimo lasciando la bocca intrisa di sublime piacevolezza. Un cavallo di razza.

Ampelio lo definisce un bianco con caratteristiche da rosso e come tale dovete trattarlo. Abbinatelo fresco e non freddo con primi a base di ortaggi, verdure o legumi, con pesce azzurro, con formaggio caprino. Noi l’abbiamo goduto anche con del pollo in tegame cotto con tanti aromi e spezie. Il numero varia secondo le annate: da 14 mila del 2012 a 23 mila di questa. Non lo cercate nei millesimi 2007, 2002, 1996 e qualche altro, non è stato fatto. In enoteca 35 euro. Non sono pochi, ma ci valgono tutti, anzi acquistatene più bottiglie e godetevelo negli anni per apprezzarne l’evoluzione.
 

Recensione di Gianni Paternò
Rubrica a cura di Salvo Giusino

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