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La guida

La Cina che sa fare grandi vini: Slow Wine presenta la sua guida (con 8 tasting)

27 Marzo 2022

E’ il giorno dei debutti a Bologna.

In una sala stracolma, alla fiera di Bologna,nel corso della prima giornata di Sana Slow Wine Fair, è stata presentato la prima guida dedicata alla Cina. All’interno sono recensite 50 aziende che rispettano la filosofia del vino “buono, pulito e giusto”. A guidare la degustazione, insieme all’infaticabile Giancarlo Gariglio, c’era Lan Liu, curatore della guida e giornalista cinese, che ha anche selezionato otto etichette che sono stte fatte degustre ad un pubblico selezionatissimo: Tiansai vineyard, Gobi Grand Reserve Marselan Dry Red Wine 2017; Domaine Franco-Chinois, DFC Petit Manseng 2016; Kanaan Winery, Kanaan Riesling 2019; Silver Heights, The Summit 2018; Chateau Nine Peaks, Cabernet Gernischt Tsingtao Collection 2019; Puchang Winery, Saperavi Reserve 2016; Helan Qingxue Vineyard, Jiabeilan Reserve 2017; Martin Vineyard, Dragon Eye 2018.

E’ sotto gli occhi di tutti che la Cina sia un continente, dal punto di vista vitivinicolo, in rapida crescita. Ma rimane ancora molto poco conosciuta soprattutto nei paesi dell’Occidente. Da qui la scelta di Slow Wine, come spiega Gariglio. Leggendo il report, attualmente la Cina è il paese in cui si consuma più vino rosso al mondo. I dati sono cresciuti soprattutto negli ultimi 20 anni. Importa tantissimo, ma non riesce, come vorrebbe, a far conoscere le proprie produzioni. Sono sempre di più, però, gli investimenti dei produttori nel piani di promozione. Un dato anche seguito da sempre maggiori quantità di vino prodotte, alcuni di buona qualità. L’uva in questo paese è arrivata circa 2300 anni fa. Le aree in cui la cultura del vino è maggiormente sviluppata, sono Xi’an, nella provincia di Shaanxi, le province di Gansu e Ningxia, e Turpan nella provincia di Xinjiang. Di passi avanti ne sono stati fatti. Dalle sole sette cantine in tutto il paese (con una produzione stimata di 9 mila ettolitri), l’industria del vino ha fatto straordinari passi in avanti. Furono introdotte molte varietà, per lo più dell’Europa orientale, mentre le aree di coltivazione tradizionali furono ampliate e divise in cinque macro aree: la regione del Nord-Est (con centro a Jilin); la Cina del Nord (con centro a Hebei); Shandong, la Cina del Nord-Ovest (con centro a Ningxia, Gansu e Xinjiang); e la Cina del Sud (con centro a Sichuan e Yunnan).

Nel 1984, è stato pubblicato il primo standard nazionale del vino, anche se ancora non era esclusa la produzione di “vino mezzo-succo”, fatto con succo d’uva mescolato con acqua, zucchero e altri aromi. Questo avrebbe alimentato gli stereotipi sul fatto che il vino cinese fosse dolce, poco sofisticato ed economico, e ha portato a scandali sulla qualità di quest’ultimo. In questo periodo furono lanciati molti marchi iconici, come Dynasty e Great Wall, e iniziarono a produrre vini di qualità affidabile. Insieme al cambiamento delle preferenze dei consumatori e alla migliore conoscenza del vino, lo standard nazionale del vino è stato aggiornato nel 1994, eliminando il “vino mezzo-succo” fatto con meno del 50% di succo d’uva. Dopo che la Cina è entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2005, le tasse sull’importazione del vino sono scese dal 65% al 14%. I vini stranieri hanno invaso il mercato e i consumatori cinesi hanno iniziato a interessarsi allo stile di vita occidentale, compresa la cultura del vino occidentale. Tutto questo ha permesso lo sviluppo di un mercato più maturo e di consumatori più istruiti. Questo ha stimolato la crescita dell’industria vinicola nazionale, in particolare dei vini artigianali. A sua volta, questo ha ispirato la creazione di numerose nuove cantine, coinvolgendo sia gruppi vinicoli multinazionali sia produttori locali.

Giorgio Vaiana, Bologna