Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 210 del 24/03/2011

L’intervista a Marco De Bartoli

06 Maggio 2010

06/05/2010

Il produttore Marco De Bartoli. “Una Doc morta ma solo dal punto vista tecnico. Invecchiamento adeguato e uva di qualità sono imprescindibili. E sull’alcol…” 

“Sul Marsala Scienza ha ragione”

«Il professore Attilio Scienza ha ragione. Sono d’accordo con lui che il Marsala è morto. Conosco bene Scienza. È un grande esperto che conosce la Sicilia e devo dire che oggi rappresenta il pensiero scientifico applicato al vino in Italia». Marco De Bartoli, marsalese, non ha mai perso il piacere della battuta tranchant. Chi lo conosce sa che fa parte del suo carattere. Lui resta un grande produttore di vini siciliani. Spesso incompreso ma assolutamente interprete di un sentire poco comune del vino, e le sue etichette sono conosciute dagli enofili di mezzo mondo. De Bartoli ha letto gli articoli pubblicati su cronachedigusto.it che ormai da giorni sta dedicando ampia attenzione a questo vino siciliano.

Quindi nulla potrà salvare il Marsala?
«No, il problema non è questo perché Scienza non dice che è morto commercialmente. È morto sotto il profilo produttivo. Viene fatto male, il contributo dell’alcol è troppo alto rispetto alla base alcolica ottenuta dall’uva. I tempi di invecchiamento bassi non vanno bene. L’ossatura non c’è. Fare un grande Marsala costa caro. E poi c’è un aspetto generazionale da non trascurare. Dove sono i giovani? Non ce ne sono».

Modificare il disciplinare no?
«Le modifiche vanno fatte e andavano fatte anche prima. Io per esempio, date le mie dimensioni (ventimila bottiglie di Marsala ndr) mi sono adattato alle mie esigenze e quindi il mio vigneto è Doc, il mio pensiero è Doc ma la Doc non mi può impedire di concepire un invecchiamento più lungo di cui il Marsala ha bisogno».

Oltre la Doc, insomma?
«Esatto. Mi sento, purtroppo, oltre la Doc, sono andato oltre, il mio Vecchio Samperi va oltre. Il disciplinare non mi poteva aiutare, ma non l’ho scavalcato per capriccio ma per fare più qualità. E tutti sanno che ho anche pagato il mio prezzo, le traversie giudiziarie da cui sono stato assolto, le multe…».

La proposta qual è, allora?
«Cambiare il disciplinare, guardare al vitigno e al grado del vino. Più qualità nel vitigno, più attenzione nella gradazione alcolica e nell’uso della mistella».

Un esempio?
«Bisogna ridurre il margine di alcol. Per ora spesso ci sono Marsala con basi di partenza basse che vengono alcolizzati per sei-sette gradi. Troppo. E poi ci vuole un’adeguato periodo di invecchiamento. Sicuramente più lungo di quelli previsti».

È un appello al consorzio dei produttori?
«Sì, è un appello che faccio al consorzio e a quei pochi che operano nel settore. Per esempio, perché non rimettere in funzione i torchi per vinificare nelle proprie aziende. Sarà provocatorio, ma perché no?».

C’è chi dice che il Marsala è un vino ormai che piace poco ai consumatori?
«Dico tutto il contrario. Se sono fatti bene vi assicuro che la complessità e il fascino di un Marsala hanno pochi rivali».

A tavola come li bevi?
«In mille modi, i formaggi…ma non solo».

E il Marsala Fine dovrebbe uscire dalla Doc?
«Sì, sarebbe più coerente. Se dai più importanza alle versioni del Marsala più pregisate il resto viene da solo».

Alla fine si può fare ancora qualcosa per il Marsala?
«Forse».

F. C.