Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Leonardo Taschetta: vi spiego perché la Sicilia del vino può avere un grande futuro

15 Novembre 2017
Dino_Taschetta_1 Dino_Taschetta_1

Il presidente di Colomba Bianca a tutto campo: “Prezzi delle uve in crescita, gran bel segno nonostante il calo della vendemmia 2017. Urgono le fascette sulle bottiglie a marchio Doc Sicilia. Tra 10 anni potremmo essere un'isola felice”


(Dino Taschetta)

La Sicilia del vino ha il vento in poppa. E neanche la vendemmia 2017, povera rispetto ad altre annate ed indecifrabile, riesce a scalfire la prospettiva di un signore del vino a cui tenacia e passione non fanno difetto. Anzi. 

Leonardo Taschetta è il presidente di Colomba Bianca, storica e grande cantina sociale con radici a Salemi in provincia di Trapani e oggi braccia operative che toccano buona parte della Sicilia con 2.500 soci e diecimila ettari di vigneto in produzione. C'è qualcosa che rende soddisfatto Taschetta: il prezzo delle uve. Che secondo alcune stime potrebbero crescere del 40-50 per cento rispetto allo scorso anno. “Certo – attacca Taschetta – molto dipende da una vendemmia meno ricca, da un calo di raccolto di circa il 30 per cento. Tuttavia non è solo da quello. Ma molto è determinato da un lavoro in corso di riqualificazione del vigneto Sicilia e della sua Doc principale che comincia a dare i primi frutti. E remunerare meglio i viticoltori è la base per progettare un futuro migliore e solido al vino siciliano”.

Quali prezzi prevedete a chiusura di bilancio?
“Il Catarratto tra 35 e 40 centesimi al chilo contro i 25 dello scorso anno. Ed il Nero d'Avola tra i 45/50 centesimi al chilo contro i 35/40 del 2016”.

C'è da essere contenti?
“Eccome. Mi viene da ridere quando sento alcuni clienti che gridano allo scandalo per gli aumenti che vanno dal 20 per cento fino a punte del 100 per cento rispetto allo scorso anno, ma continuo a ripetere che erano scandalosi i prezzi degli anni precedenti. Quando alcuni parlano di etica, mi chiedo se non sarebbe corretto che si facciano dei prezzi etici, che diano più dignità ai produttori. E comunque credo sia una tendenza inarrestabile. I prezzi dei vini sono cresciuti, perché nel mondo manca parecchio prodotto. Influisce tanto l’atteggiamento troppo legato agli umori momentanei dei produttori. Come dice spesso un mio caro amico “c’è troppa gente che per niente piange e per niente ride.” Credo che il nostro settore abbia bisogno di più professionalità, di gente più capace di operare in un mercato dove spesso i grossi gruppi la fanno da padrone. Occorre un progetto di lungo termine in cui sia ben chiaro “chi fa che cosa” con degli obiettivi chiari raggiungibili e misurabili. Questo potrebbe innescare un circolo virtuoso che nel giro di pochi anni ci farebbe raggiungere risultati sorprendenti”.

Se la tendenza è quella di remunerare meglio i viticoltori c'è la possibilità di prevedere un futuro migliore per chi coltiva l'uva in Sicilia?
“Io dico sempre che ognuno di noi andrà a finire là dov'è diretto. Se esaminassimo attentamente e con coscienza la situazione di ognuno di noi, ci accorgeremmo subito che lo stato in cui ci troviamo non deriva dalla sfortuna o chissà da quale avverse condizioni, ma invece nella stragrande maggioranza deriva dalle scelte che abbiamo operato nella nostra vita. Per questi motivi continuo a dire che dobbiamo operare pensando ai prossimi venti anni, studiare attentamente la situazione in cui siamo e scegliere con accuratezza la strada che vogliamo percorrere. Il futuro è nelle nostre mani, avremo risultati diversi a seconda delle scelte che faremo”.


(Un vigneto di Colomba Bianca)

Alla fine come è stata la vendemmia 2017?
“È stata certamente una delle più scarse degli ultimi anni, si stima che nel mondo, al netto delle sofisticazioni, dovrebbe mancare oltre il 15 per cento della produzione. Quasi tutti i Paesi produttori hanno subìto danni per le avverse condizioni atmosferiche. Il clima sembra impazzito e occorrerà riflettere su come impostare la nostra viticoltura nel prossimo futuro, ma anche su quali basi dobbiamo fondare lo sviluppo delle varie aree del mondo. È inderogabile implementare una vera politica delle acque per evitare il continuo abbandono dei vigneti.Non si può più produrre sperando in qualche pioggia primaverile che aiuti i vigneti ad arrivare fino alla maturazione delle uve”.

Si parla di un raccolto in calo del trenta per cento in tutta la Sicilia. È così?
“Il calo subito dai nostri produttori è a macchia di leopardo, le aree irrigue o più fertili hanno avuto piccoli cali, il resto ha avuto perdite via via crescenti che arrivano a punte del cento per cento. Alcune varietà come i rossi, hanno subito danni maggiori, altre come il Catarratto meno, forse per questo motivo nelle nostre zone è il vitigno che si coltiva da secoli. Sembra comunque che il calo medio si dovrebbe attestare attorno al 30 per cento, noi abbiamo prodotto il 27 per cento in meno”.

Quanto è determinante la Doc Sicilia nel prezzo delle uve?
“La Doc Sicilia è uno strumento e come tale i risultati che darà dipenderanno dall’uso che ne faremo. È bene partire dalle motivazioni che hanno spinto alla sua creazione. La Sicilia nonostante sia ancora adesso una delle regioni in cui si produce più vino, è la regione con meno Doc e Docg. I prezzi delle uve spesso non riescono a coprire i costi di produzione. Spero sia chiaro a tutti che nessun problema si potrà mai risolvere, se si continuano a fare le stesse cose che in qualche maniera lo hanno determinato. Non credo sia facile trovare qualcuno contento della situazione antecedente all’istituzione della Doc. Allora dobbiamo provarci, dobbiamo lavorare sulla qualità, ma dobbiamo anche essere nelle condizioni di gestire le quantità anche con l’inserimento delle fascette sulle bottiglie, in modo da evitare, come avvenne per il pane, anche la moltiplicazione del vino. Dobbiamo assolutamente rinunciare a parte della nostra autonomia per fare più squadra, occorre vedersi più spesso, studiare insieme ogni possibile iniziativa per aumentare il valore dei nostri prodotti”.

Ancora sulla Doc Sicilia. Nelle ultime settimane abbiamo assistito alle prese di posizione di aziende storiche che si sono schierate contro l'obbligo di non utilizzare il nome Grillo e Nero d'Avola in etichetta sulla Igt Terre Siciliane. Che ne pensi?
“Sono profondamente amareggiato per le scelte compiute da aziende siciliane storiche, aziende portabandiera del made in Sicily e quindi del made in Italy in tutto il mondo. Sono certo che questa scelta potrà essere ripensata o rimodulata perché è incomprensibile che due vitigni territorialmente peculiari e caratteristici come il Grillo e il Nero d’Avola non abbiano la dignità che meritano. Basti vedere quello che hanno fatto i nostri amici veneti con il Prosecco con l’introduzione nel 2011 del nuovo disciplinare con cui hanno istituito la Doc e la Docg per tutelare e circoscrivere il business a solo 9 province tra Veneto e Friuli. Sono convinto che spingere seriamente una Doc Sicilia potrà portare valore e profitto ma per poterlo fare seriamente c’è bisogno che tutti i player ci credano e lavorino tutti in un’unica direzione”.


(Vendemmia a  contradaTorretta)

C'è da affrontare anche il nodo di chi (come il vignaiolo Nino Barraco, leggi qui la nostra intervista) chiede nuove regole per produrre alcuni vini, quelli con il Grillo in particolare, tenendo conto di metodi di vinificazione tradizionali che invece la Doc al momento non prevede. Si ascolteranno queste istanze?
“Ho già fatto presente al Cda della Doc Sicilia che sarebbe un’interessante opportunità di sviluppo trovare delle strade comuni, che possano accogliere idee e consigli per far crescere ancora di più il Consorzio. So che ci sono stati dei contatti per studiare insieme una soluzione adeguata che ci veda finalmente uniti per portare più ricchezza alla nostra terra. Il Cda del consorzio ha tutte le carte in regola per riuscire nell’intento poiché è presieduto da un pilastro dell’enologia siciliana come Antonio Rallo, al quale va il mio più sentito ringraziamento per lo spirito di servizio con cui sta svolgendo il suo compito non facile. Rallo sin dalla sua elezione ha indicato un percorso volto ad attuare una politica inclusiva tendente a coinvolgere chiunque possa portare un contributo serio alla valorizzazione del territorio vinicolo siciliano. Sono convinto che ci riuscirà grazie alla sua tenacia ed al suo spirito di squadra”.

Lo ricordiamo qualche numero di Colomba Bianca?
“Perché no? Seicentomila ettolitri di vino di cui solo 15 mila imbottigliati per due milioni di pezzi. Rimaniamo la più grossa struttura in Sicilia, siamo leader in Italia per la produzione di vino biologico, stiamo crescendo velocemente con i prodotti finiti, i nostri prodotti stanno riscuotendo grandi successi a tutti i concorsi a cui li stiamo presentando. Ed anche se con quasi 20 milioni di chili di uva in meno, pensiamo di chiudere il prossimo bilancio con un cospicuo aumento del fatturato. Questo ci fa ben sperare di compensare le forti perdite con una maggiore remunerazione delle uve”.

Tutti ingredienti per il tuo ottimismo…
“Assolutamente sì. Sono sicuro che se la Sicilia cominciasse a fare seriamente quello che potrebbe fare, nel giro di dieci anni si trasformerebbe in un’isola felice. Purtroppo spesso ho la sensazione che non ci sia questa convinzione e che la gente sia “nemica della contentezza” perché tanto prima o poi le cose cambieranno da sole o non cambieranno affatto. Occorre inventarsi nuove strade, mettersi in moto, lavorare, essere curiosi, studiare nuovi prodotti ma soprattutto occorre cavalcare la scelta del biologico. È da anni che dico che tutto il nostro agroalimentare dovrebbe essere biologico, Queste sono davvero le uniche leve del marketing che possano spingere sul mercato mondiale il brand Sicilia. Tanti diranno che è difficile, che è impossibile realizzare un progetto di questo tipo, insieme a decine di motivazione che spingono a non fare niente. Io dico che ogni cosa viene creata due volte, la prima nella nostra mente e poi nella realtà, per questo dobbiamo lavorare sulla mentalità della gente, convincerli che le utopie di oggi potranno diventare la realtà di domani. Dobbiamo assolutamente fermare l’esodo dei giovani, ma dobbiamo anche tentare di agevolare il rientro di tanti che dopo anni di studi sono andati a creare ricchezza in altri posti. Noi lo stiamo facendo, abbiamo una squadra di giovani fantastici che stanno toccando con mano cosa vuol dire lavorare con uno sguardo rivolto al mercato e l’altro alla sostenibilità e al rispetto dei valori. Sono certo che ce la faremo”.

F. C.