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Scenari

Il futuro dell’Etna del vino/12. Graziani: “Sì alla crescita, ma misurata”

26 Giugno 2019
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(Federico Graziani)

di Francesca Landolina

“La crescita produttiva sia proporzionata al numero di bottiglie vendute, anno dopo anno. I prezzi bassi sono un rischio di rottura”. 

A pensarla così, riguardo alla crescita produttiva e ai nuovi impianti sull’Etna, è Federico Graziani, uno che ha dedicato tutta la sua vita al vino (migliore sommelier d’Italia all’età di 23 anni ed enologo). Uno che, senza dubbio, può vantare una grande conoscenza ed esperienze poliedriche in molti settori dell’enologia. Graziani è etneo d’adozione dal 2008, quando folgorato dal vulcano, acquista un vigneto a Castiglione di Sicilia, in contrada Feudo di Mezzo di Passopisciaro ed inizia a produrre il suo primo vino. Di tempo ne è passato dal 2008. E più di 10 anni, su quel territorio, sono tanti. 

“Dieci anni velocissimi – commenta Graziani – L’Etna è cambiata, certo, è cresciuta in dimensioni, ci sono più produttori e sono aumentati i volumi, ma è maturata anche la qualità dei vini, stilisticamente. Accanto alle aziende più grandi, ci sono piccoli produttori che stanno facendo un ottimo lavoro. I piccoli riescono ad esprimere bene il territorio etneo”. Ma per quanto il successo sia sempre più sotto gli occhi di tutti, bisogna stare attenti a mantenerlo e ad accrescere la qualità. “L’Etna è uno dei più grandi territori italiani del vino, e bisogna che tutti se ne prendano cura. Riguardo ai nuovi impianti, sono favorevole se ogni aspetto della viticoltura è svolto nel rispetto della tradizione. Chiaramente non si può ampliare molto la produzione, senza tenere conto dell’invenduto. Bisognerebbe prendere ad esempio la regione Champagne, in Francia, dove le annate si gestiscono in corso d’opera, stabilendo dei parametri limitativi di resa per ettaro, zona per zona, in base a quante bottiglie sono state vendute nell’annata precedente. Questo “termometro” impedisce di trovare prezzi bassi, che sull’Etna potrebbero essere un rischio di rottura. Se trovi un Etna Rosso a 5 o 6 euro, chiediti se è compatibile con la viticoltura del territorio. Non credo. Insomma, penso che possiamo ancora crescere numericamente, ma la crescita sia proporzionale alle vendite. Non è facile adottare quel metodo, ma è utile ad evitare eccessi sul mercato. Parlando di Etna, oggi la richiesta di Etna Bianco è al di sotto della domanda di mercato, ma in magazzino ci sono ancora Etna Rosso invenduti. In tal senso, meglio controllare la crescita, senza incorrere in rischi di svendite”.

Riguardo ai nuovi impianti, Graziani è favorevole ad un ripristino di zone, un po’ dimenticate, per esempio all’interno delle aree boschive. “Se facciamo una foto dall’alto sull’Etna e sulle Langhe, vediamo come la superficie vitata del vulcano è davvero piccola. Non sto dicendo che possiamo estendere tanto – commenta – ma attualmente la parte vitata è piuttosto bassa. Sì a nuovi impianti, se, per esempio, si recuperassero antichi e piccoli appezzamenti dentro il bosco, che si è “mangiato” gran parte delle antiche vigne. Oggi le aree boschive, dove sono cresciute querce e roverelle, sono intoccabili, ma intorno ad esse sarebbe utile un recupero, un restauro, che oltretutto aiuterebbe a contenere i rischi di incendi e salvaguarderebbe il patrimonio paesaggistico con terrazzamenti e muretti a secco. Il bosco va gestito, altrimenti è dietro l’angolo il rischio che bruci tanto”. E aggiunge: “L’Etna non è un territorio da appezzamenti di 10 ettari, vitati: se ci fossero sarebbero da condannare. Quindi sì ad impianti integrati e nel rispetto delle antiche terrazze. Nella zona del Parco, che è bloccata, qualcosa è ancora recuperabile”. Va da sé che per Graziani, un ampiamento della Doc è auspicabile ma verso l’alto. “Sono a favore di un ripristino della viticoltura, nelle zone in cui un tempo era in atto, e se non rompe gli equilibri. A favore di un ampliamento della Doc verso l’alto, per il tipo di clima a cui andiamo incontro e con i limiti del Parco chiaramente: sarebbe utile a farlo rivivere insieme ai vigneti di un tempo”.

Fondamentale per il futuro dell’Etna è la cooperazione, per Graziani. Ne sia da esempio il gesto simbolico di Frank Cornelissen sulla pulizia delle strade dai rifiuti urbani, che Cronache di Gusto ha seguito direttamente (leggi qui>). “Dopo il suo messaggio, forte, la risposta dei vignaioli lo è stata altrettanto. Il problema è comune per tutti, ma da soli non è facile superarlo. Basta unirsi. Propongo a tutti di creare giornate dedicate in cui coinvolgere winelover e appassionati. Se ogni cantina radunasse un piccolo gruppo di volontari, al mese, ai quali regalare, in cambio dell’aiuto, la visita e una piccola festa di condivisione conclusiva, con qualche ricompensa, l’Etna sarebbe pulita e si creerebbe quella voglia di “fare squadra” che serve. Insieme produttori e volontari, amanti del vino e dell’Etna”. Messaggi forti, insomma, di unione. Lavorare insieme per una sola missione: valorizzare quel patrimonio paesaggistico e unico al mondo.

Sulla promozione, propone un evento istituzionale che affianchi Contrade dell’Etna. “Contrade – afferma – è un marchio forte, un evento gestito bene, soprattutto quest’anno. Franchetti ha fatto tanto a beneficio di tutto il territorio. Lascerei l’evento così com’è, contribuendo a farlo crescere. Accanto ad esso, potrebbe nascere invece un evento del Consorzio, più formale, che sia itinerante. Secondo me, dovrebbe girare anche per tutta l’Italia, nelle città più importanti”. E per il resto, c’è tanto da fare se si pensa alla promozione. Migliorare, innanzitutto, il rapporto con la ristorazione locale. “Bisogna fare sinergia con la ristorazione del territorio, aiutandola a svilupparsi”. E ancora più necessario, mappare. “Necessità è creare identità nella zonazione. Io ho comprato, per fare un esempio, un territorio in una contrada che mai avevo sentito nominare, Poggio Mangani, a Monte La Guardia, considerata oggi parte di quest’ultima ma dagli atti di compravendita risulta avere una sua identità. Mappare e continuare a raccontare il territorio è oggi un’azione urgente”. Non urgente né prioritario, per Graziani, è invece un avvio dell’iter per la Docg. “Credo che l’Etna abbia già una sua identità, abbastanza forte. Cosa potrebbe portare la Docg se non più burocrazia?”.

Un solo invito da parte sua, in chiusura della nostra intervista: “Dobbiamo essere molto affiatati tra noi, valorizzarci a vicenda, senza creare chiusure.” E sul futuro? “Personalmente ci sto mettendo tutto il possibile della mia vita, non posso pensare che non sarà roseo.  Vedo margini di crescita importanti sulla qualità, anche se molto è stato fatto. Bisogna solo stare attenti. Il Consorzio lavora bene, per il futuro si potrebbe prendere come riferimento il Consorzio che funziona meglio in Italia, quello della Franciacorta. Essere aggregati con un obiettivo comune è importante. Nell’unione, può esprimersi ogni diversità. C’è spazio per tutti, ognuno ha da raccontare una storia diversa. Lavoriamo insieme”.

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