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Scenari

Il futuro del Chianti Classico/3. Palombo: “Sì alle menzioni geografiche per il salto di qualità”

15 Luglio 2019
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(Alessandro Palombo)

di Giorgio Vaiana

“Posso rispondere ad ottobre”? Risponde con la solita ironia e simpatia che contraddistingue i toscani anche Alessandro Palombo, della storica azienda Fattoria di Luiano a Mercatale Val di Pesa in provincia di Firenze, che non fa eccezioni. 

Così, un po' per scaramanzia, un po' per rendere divertente la nostra chiacchierata telefonica, Alessandro temporeggia sull'analisi dell'annata 2019. Ma poi subito aggiunge: “Dicamo che queste montagne russe di andamenti climatici sono molto inusuali – spiega – Ma bisogna vedere come reagiscono vigneto e uve nel lungo periodo. Adesso vi posso dire che i terreni hanno reagito bene alle quantità di piogge cadute a maggio e le piante sono andate avanti con le loro fasi vegetative nonostante il grande caldo di giugno, che comunque ha aiutato la vegetazione. Per ora il vigneto è in linea con i tempi, l'aspetto pare normale, speriamo vada tutto bene”. Anche perché la zona del Chianti Classico viene fuori da due annate, la 2017 e la 2018 non propriamente da ricordare negli annali: “La 2018 sembra un po' in linea con la 2016 che comunque è stata meno flagellata dall'ondata di caldo del 2017, con una fase finale di maturazione molto scorbutica. Ma prima di trarre giudizi affrettati, dobbiamo attendere agosto e settembre, due mesi davvero cruciali”, dice Palombo.

Il Chianti Classico, però sta uscendo fuori, da quello che lo stesso patron della Fattoria di Luiano definisce un periodo di offuscamento: “Anche e soprattutto rispetto all'equivoco che si è creato tra Chianti e Chianti Classico su cui molti, devo dire, ci hanno anche marciato su – spiega Alessandro – Ora, grazie allo splendido lavoro fatto dai produttori e dallo stesso consorzio, si è ben compreso il concetto di Chianti Classido e del fatto che questo è un territorio a sé stante e che produce cose di un certo livello qualitativo”. Insomma c'è un trend positivo, “e ci sono i presupposti – aggiunge Alessandro – di una nuova epoca del Chianti Classico. E lo abbiamo compreso anche dal fatto che molte cantine, che di solito vendevano solo sfuso o uve, adesso stanno completando la loro filiera con le bottiglie, segno che c'è una voglia di rinascita e di entrare a far parte di un certo tipo di giro. Si tratta di iniziative ragionate, piccole quantità che valorizzano i vigneti, il territorio e la qualità di questi vini. Non sono operazioni speculative ed iniziative commerciali”. 

Fattoria di Luiano è una bellissima e storica realtà del Chianti Classico e produce circa 120 mila bottiglia. L'80 per cento di queste va all'estero “Stati Uniti nella stragrande maggioranza, poi Canada e Inghilterra”, precisa Alesandro. Che poi dice: “Ma io sto pensando ad un modo per riaggredire il mercato italiano – dice – Mi piacerebbe che i trend di curiosità che stanno emergendo in alcuni paesi lontani dall'Italia non solo fisicamente, ma anche culturalmente, potessero emergere anche all'interno dei nostri confini nazionali. Sarebbe un modo non solo per incentivare i consumi italiani, ma anche per stuzzicare la curiosità sui nostri territori. E' inutile, secondo me, cercare nuovi mercati esteri dove piazzare un 5 per cento in più di vendite. Meglio riscoprire le nostre tradizioni e i nostri vini di altissima qualità”. Certo, il momento non è felice: “Sono certo che l'ail wine-lover italiano vuole bere vino italiano – dice Alessandro – Ma il momento non è florido per mettere in tavola una certa bottiglia di vino. Ma ne usciremo”.

Capitolo consorzio e delle zonazioni in particolare. “In questo momento non si sta parlando molto di zonazioni e all'esterno può sembrare come una sorta di disattenzione da parte del consorzio – dice Alessandro – ma non è così. E' un argomento molto serio e delicato e ci sono dei dibattiti in corso perché tutti, e dico tutti, dobbiamo essere d'accordo. La zonazione del Chianti Classico ha mille sfaccettature diverse rispetto ad una zonazione qualunque che può essere fatta in altre zone del vino italiano. Ci sono tante variabili di cui tenere conto. Quindi serve massima attenzione. Io, però, più che zonazioni le definirei menzioni geografiche aggiuntive. Sarà un modo per dare la possibilità a tutti i produttori di legare le loro produzioni di vino al territorio del Chianti Classico. Credo che sarà una spinta fondamentale per la nostra zona. Perché a quel punto si differenzieranno i vari Chianti Classico. E diremo ai consumatori che un Chianti Classico prodotto a San Casciano in Val di Pesa sarà diverso da quello prodotto a Radda, Castellina o Gaiole. Un modo per stimolare la curiosità del wine-lover, spingerlo a visitare più zone incentivando l'enoturismo e creando un divertente dibattito sulle diversità dei vari prodotti. Sminuirlo a semplice parcellizzazione della denominazione, non avrebbe nessun senso”.

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