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Scenari

A Buenos Aires scoppia la guerra dei prosciutti

15 Maggio 2012

Stop all’ingresso di prosciutti e salumi provenienti da Italia, Spagna e Brasile.

La politica protezionistica del governo di Buenos Aires sbarra le porte all’import dei prodotti suini. E scoppia così la «guerra del prosciutto».  

Niente più fette di Parma e San Daniele sulle tavole degli argentini, a causa di un accordo sottoscritto dal segretario del Commercio interno Guillermo Moreno con i produttori nazionali di carne suina che dovranno aumentare l’offerta nazionale. Una nuova misura che punta a proteggere il prodotto interno argentino e a frenare l’uscita di valuta dal Paese.
  
Pronta la levata di scudi delle organizzazioni agricole nazionali. Per la Coldiretti, si tratta di “misure protezionistiche ingiustificate, in contrasto con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio”.

Ad essere danneggiato è tutto il made in Italy alimentare, protesta l’organizzazione agricola, ricordando che nel 2011 l’Italia ha esportato circa 264 tonnellate di salumi in Argentina. Proteste anche da Cia e Confagricoltura.

Il Brasile intanto, dopo il crollo del 30% delle vendite in Argentina ad aprile, ha risposto con la rappresaglia: stop quindi all’ingresso di una lista di prodotti fra cui mele, vino e farina di grano. Tanto che oggi i ministri degli esteri brasiliano, Antonio Patriota, e argentino, Hector Timmermann, si sono riuniti a Brasilia per cercare di porre fine al reciproco protezionismo.
  
In Italia i consorzi del Prosciutto di Parma e del San Daniele non stanno con le mani in mano. “Ci siamo mossi presso le autorità italiane e la commissione Ue”, dice all’ANSA il direttore del Consorzio di Parma, Stefano Fanti.

“L’ambasciata italiana a Buenos Aires ha già protestato e la commissione Ue sta valutando se sussistono estremi di violazione degli accordi internazionali su libero scambio”. Il blocco dell’import danneggia il sistema Italia e quello Ue, Spagna soprattutto. “Una guerra aberrante che non riguarda solo il prosciutto» dice Fanti. Prodotto che comunque continua ad andare benissimo sulle tavole straniere: dopo un 2011 chiuso con un aumento del 4% dell’export per un valore di 500 milioni di euro, il 2012 per il Parma si prospetta «preoccupante sul versante dei consumi interni ma molto promettente sui mercati esteri sui quali lavoriamo con strategie di consolidamento. Al primo posto – dice il direttore – ci sono gli Stati Uniti, seguono Francia e Germania. Tra i Paesi emergenti, l’Australia ci apre grandi prospettive”. 

C.d.G.