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Scenari

Anche Valoritalia inizia la “fase due”: “Ecco come sarà il processo di certificazione dei vini”

13 Maggio 2020
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Diretti e chiari come sempre. Con una buona dose di ottimismo che non dispiace.

Interessante nostra intervista “doppia” (rigorosamente telefonica) a Francesco Liantonio e Giuseppe Liberatore, rispettivamente presidente e direttore di Valoritalia, la società che si occupa delle certificazioni delle denominazioni italiane. Partiamo dai freddi numeri: dall’inizio del lockdown ad oggi, Valoritalia ha ricevuto richieste di certificazioni da oltre 1.500 aziende italiane per certificare oltre 5.500 vini. Numeri che raccontano di come il “sistema-certificazioni” non si sia mai fermato. Ed è stato fondamentale. “Anche noi stiamo vivendo questa drammatica fase di emergenza sanitaria – racconta Liantonio – ma, in un momento così delicato, ci siamo assunti le nostre responsabilità e abbiamo deciso di adottare tutte le misure di sicurezza necessarie per andare avanti e non far patire ad alcuna azienda italiana alcun ritardo nelle certificazioni”. Non è stato facile gestire “in remoto” oltre 220 dipendenti, 1.200 collaboratori, per una forza totale di oltre 1.500 persone che gravita attorno al mondo Valoritalia, “ma abbiamo adottato misure straordinarie in un periodo straordinario – prosegue ancora Liantonio – I numeri delle certificazioni, alla fine, sono più o meno in linea con quelli dello scorso anno, anche se registriamo un trend, secondo me fisiologico, nelle Doc che vendono nei canali horeca, mentre un trend positivo per quelle che hanno come mercati di riferimento la Gdo. Tra queste cito il Prosecco e il Pinot Grigio delle Venezie”.

Secondo Liantonio c’è una spiegazione su questi numeri: “Chi sta patendo maggiormente in questo periodo è il vino di una denominazione piccola, magari, che si rivolge al canale horeca, oggi totalmente fermo. Stiamo parlando di certificazioni praticamente azzerate qui. Mentre dall’altro lato, le aziende che utilizzano la Gdo hanno recuperato gran parte del mercato che avevano perso. Anzi di più”. Ora però c’è una grande nube scura che incombe all’orizzonte ed è la vandemmia 2020: “Una grande criticità – dice Liantonio – Inevitabile che le cantine che fanno soprattutto qualità e vendita nei canali horeca, avranno ritardo nelle vendite, e quindi vini accumulati, per sei, sette mesi. Sperando in una ripartenza concreta da settembre, ci sarà comunque tantissimo vino arretrato da vendere e bisognerà fare spazio in qualche modo. E poi il canale della ristorazione. Le norme che circolano non lasciano presagire bene. Bisognerà abbattere oltre il 50 per cento dei coperti e in ogni caso resta il dubbio sulla fiducia del cliente a recarsi in un ristorante. Ma credo che questa pandemia ci porterà a dare il giusto valore alle cose concrete, alla vita, ai rapporti sinceri e anche all’igiene e al concetto di sostenibilità, fatta in maniera concreta e non più a parole”.

“La fase due è già avviata – aggiunge Liberatore – e noi adesso abbiamo adottato tutte le procedure per eliminare il rischio di contagio nelle nostre sedi ed iniziare una graduale ripresa delle nostre attività. Continueremo a lavorare per quanto possibile da remoto, ma già da oggi riprenderemo il prelievo dei campioni in cantina per inviarli ai nostri laboratori e quindi riprendere ufficialmente il processo di certificazione. Inoltre anche oggi riprendono le visite ispettive sia in cantina che in vigna”. Un lento e graduale ritorno alla normalità, dunque, visto che per non fermare il processo di certificazione, Valoritalia, in deroga, aveva concesso all’azienda di autocertificarsi: “Adesso è tempo di verificare quanto hanno dichiarato i titolari delle aziende”. E c’è di più: “Ci stiamo anche organizzando per far ripartire le commissioni di degustazione – aggiunge Liberatore – una parte importante del processo che sarà fatto in totale sicurezza, già a partire dalla prima settimana di giugno. Stiamo studiando come preparare al meglio le sale di degustazione, per consentire questa fase in totale sicurezza, con locali areati e sanificati, mascherine e guanti, distanziamento sociale di almeno due metri”.

Valoritalia è un vero e proprio colosso delle certificazioni in Italia con 215 denominazioni italiane controllate, oltre 50 mila certificazioni all’anno e, a livello di quantità, oltre il 75 per cento della produzioni vinicola italiana: “Noi siamo al servizio del mondo del vino italiano – dice Liberatore – La certificazione non deve mai essere vista come un trauma per il produttore, ma un valore aggiunto e tutela e sicurezza”. Ma c’è di più. Perché nelle idee di Valoritalia, la certificazione italiana dovrà essere riconosciuta come un marchio di sicurezza in tutto il mondo. “Noi siamo un esempio per tutto il mondo enologico europeo – sottolinea Liantonio – Nei progetti c’è l’idea che questa certificazione, possa garantire un percorso sicuro di traccabilità in tutto il mondo. Stiamo lavorando ad un’importante piattaforma online”. Poi l’acquisizione del controllo sulle certificazioni di due importanti denominazioni del Piemonte, il consorzio di Tutela dei Vini Doc Fresa di Chieri e Collina Torinese e il consorzio per la Valorizzazione di Vini Docg di Caluso e Doc di Carema e Canavese, che permettono a Valoritalia di controllare la quasi totalità delle denominazioni piemontesi: “E’ il riconoscimento di tanti anni di lavoro in questa regione – dice Liantonio e di collaborazione con le istituzioni, e siamo riusciti a creare un sistema credibile e certo. Solo così il controllo diventa valore aggiunto”. “Si tratta di due importanti consorzi – aggiunge Liberatore – Valoritalia ha tre grandi poli nel Nord Italia, in Veneto, Piemoonte ed Emilia Romagna e ha in mano quasi tutte le più importanti denominazioni di quest’area. Ora cominciamo ad avere un peso importante, sicuramente un prestigio più elevato. E non certifichiamo solo vino. Come supporto, facciamo anche bio, integrato, equalitas, certificazioni che non sono obbligatorie, ma che hanno un valore. E solo tra bio ed integrato abbiamo oltre 3.300 clienti. Noi siamo autorizzati a certificare tutto il mondo dell’agroalimentare”.

Chiusura sul rinvio del Vinitaly: “Io li avevo fatti tutti fino a quest’anno – dice Liberatore – Ho i capelli bianchi. Un contesto straordinario in cui incontri persone, fai un check delle varie situazioni, insomma un momento di incontro che ti serve a fare un po’ il punto della situazione. Ed è una delle parti che mi è mancata di più del Vinitaly. L’anno prossimo, finita la pandemia, dovrà esserci un super-vinitaly”. “A me è mancata proprio la possibilità di confrontarsi – conclude Liantonio – Da lì, da questo evento, ho sempre cercato di costruire cose grandi e importanti. Quest’anno, farlo da dietro lo schermo di un pc, non è stata certo la stessa cosa”.

F.C. e G.V.