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Scenari

Birre, siamo sicuri di bere italiano? Occhio a quello che finisce nel nostro bicchiere

08 Giugno 2020
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di Andrea Camaschella

Per fortuna un sano sentimento italico sta pervadendo un po’ tutti. Sostegno ai negozi di prossimità, comprare prodotti italiani, stare attenti alla provenienza dei prodotti e scegliere quelli più vicini.

Per una volta un prima l’italiano non mi disturba, anzi. Nel mio piccolo lo sto facendo. Pochissimi acquisti su Amazon durante il lockdown e solo per materiale introvabile altrimenti in quei giorni e per il resto negozi di prossimità per i generi alimentari e solo prodotti locali. Birre con consegna diretta a casa e qualche (tanti a dire il vero) consegne via corriere, ma di soli e rigorosamente produttori artigianali italiani. Quello che più mi disturba, in questo periodo, è vedere la gente che beve birre prodotte da multinazionali, che fanno capo a società sparse per il mondo, convinti di bere eccellenze italiane. Non parlo di qualità, solo di giuste etichette. C’è un atavico problema di comunicazione, un messaggio che non riesce a passare.

Ci si indigna perché una grande azienda italiana, con sede legale però fuori dai confini nazionali, chiede allo Stato le garanzie per un prestito (che verrebbe erogato da un istituto bancario) ma poi nel bicchiere ci finisce una birra di proprietà olandese, danese, giapponese o con sede legale in qualche paradiso fiscale. Personaggi pubblici che si fanno selfie con prodotti stranieri inneggiando alla italianità che poi fanno spallucce quando vengono messi di fronte alla realtà, tanto, in fondo, un tempo erano marchi italiani e chissà cosa cambia. La difficoltà è fare chiarezza.

E’ assolutamente necessario farlo: in questo periodo occorre sostenere al massimo delle possibilità di ognuno, le imprese italiane. Ricordando tra l’altro che le piccole aziende, in proporzione, creano più posti di lavoro e pagano quindi più tasse di un colosso. Parlando di birre industriali Forst e Menabrea sono italiane, pagano le tasse, tutte le tasse, in Italia, altrettanto Birra Castello e Pedavena e ancora Theresianer. Non sono invece italiani i marchi Poretti, Moretti, Nastro Azzurro, Peroni, Birra Messina e Ichnusa (sì, la birra sarda per eccellenza è in realtà olandese), per citare i casi più eclatanti.

Sul fronte della comunicazione decisamente c’è molto fumo, insomma molte informazioni volte a mischiare le carte, a nascondere alcuni aspetti, a sottintendere altri. Vale ancora di più per cosa è “birra artigianale” (che per altro in Italia è sancito per legge dal 2016) ma oggi mi preme semplicemente sottolineare cosa vuol dire, davvero, bere italiano, che sia artigianale o che sia industriale.