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Scenari

Carne e impatto ambientale: il documentario Rai con gli chef Colonna e Di Biase

18 Dicembre 2020

di Michele Pizzillo

Le abitudini alimentari vegetariane e vegane sono la risposta sostenibile per ridurre l’impatto ambientale legato al consumo della carne?

Una prima risposta venerdì 18 dicembre, in prima serata su Rai Due, con il documentario “Il futuro del cibo”, praticamente un viaggio alla scoperta dell’importanza delle abitudini alimentari dalla storia dell’evoluzione umana al futuro del pianeta, con due documentari per esplorare le nuove frontiere del cibo, tra alimenti futuristici e ingredienti del passato da riscoprire, nuove abitudini di consumo e modalità innovative di produzione. E, questo, perché il panel di scienziati incaricati dall’Onu di studiare i cambiamenti climatici non ha dubbi: un regime alimentare con maggiore utilizzo di alimenti vegetali contribuisce a salvare il pianeta. Tant’è che Rai Documentari ha raccolto le grandi novità dello scenario internazionale del food system, il rapporto tra uomo e cibo e i nuovi modi di produrre cibo sano e sostenibile. E’ risaputo, d’altronde, che il rapporto col cibo è legato all’evoluzione stessa dell’essere umano: dalle prime popolazioni di raccoglitori e cacciatori, consumatori di carne cruda, all’uso del fuoco che hanno reso possibile cucinare i primi cibi.

Per questa speciale serata dedicata al futuro del cibo, la Rai si avvale della collaborazione di due chef – Antonello Colonna, con la sua filosofia in cucina e lo chef vegano Emanuele Di Biase – che conducono gli spettatori in un viaggio che spazia dalla produzione di carne e uova vegetali, agli allevamenti d’insetti, fino ai prototipi di carne cellulare 3D e alla riscoperta dei cibi fermentati. Per arricchire il documentario, ai due professionisti della cucina, sono affiancati la fondatrice del Future Food Institute, Sara Roversi, l’economista Raj Patel, autore de “I padroni del cibo” ed esperto di politiche alimentari, lo scrittore Jonathan Safran Foer, che nei saggi “Se niente importa. Perché mangiamo gli animali” e “Possiamo salvare il mondo prima di cena” propone importanti riflessioni sulla produzione industriale di carne e sull’impatto delle nostre abitudini alimentari sull’emergenza climatica in atto. E, poi, Safran Foer evidenzia i rischi sanitari, l’impatto ambientale e le tematiche legate al benessere animale degli allevamenti intensivi e sottolinea la necessità di pensare a produzioni che facciano bene all’uomo e all’ambiente; mentre l’economista Raj Patel definisce la polpetta di pollo l’emblema del capitalismo alimentare: 50 miliardi di polli consumati ogni anno sul pianeta; e, infine, Sara Roversi che ci porta nel 2050, quando saremo 10 miliardi di persone e, quindi, l’umanità dovrà trovare un nuovo equilibrio con le “proteine del futuro”.

Tant’è che il documentario analizza il crescente successo delle proteine del futuro – carne vegetale e carne clonata – e delle proteine alternative, con il caso di Beyond Meat, azienda nata nel 2009 nella Silicon Valley e sostenuta da personaggi come Bill Gates e Leonardo di Caprio, che con 25 milioni di hamburger vegetali venduti nel mondo, insieme a Impossible Meat, detiene il monopolio mondiale di questo prodotto. La carne vegetale –che riproduce esattamente consistenza, odore, colore e gusto della carne vera – si rivolge principalmente ad un pubblico di consumatori che mangia abitualmente carne, ma che è particolarmente sensibile alla sostenibilità di quello che consuma. il processo produttivo della carne vegetale, infatti, riduce notevolmente l’impatto ambientale, consentendo un risparmio del 99% di acqua e terreno e del 46% di energia.
Il viaggio nel cibo del futuro tocca Barcellona, dove i ricercatori studiano avanzatissimi prototipi di carne cellulare “stampabili” in 3D; per poi approdare a San Francisco, dove è in atto una rivoluzione nel modo di pensare alle uova, che vengono ricreate in laboratorio a partire da essenze vegetali provenienti da più di 70 paesi del mondo: dai fagioli banchi del Perù a quelli della Thailandia, dalle noci del Guatemala fino al fagiolo mungo, cereale molto resistente alla siccità e perfetto come sostituto di prodotti animali grazie al suo apporto proteico. Anche la ricerca sulla carne in vitro fa passi da gigante: partendo da clonazione di cellule animali, un team di scienziati studia come riprodurre tutti i tipi di carne.

Non viene sottovalutato, poi, chi prevede il consumo di insetti: già 2 miliardi e mezzo di persone, nel mondo, ne consumano abitualmente. In Danimarca – paese all’avanguardia nella ricerca di nuovi alimenti e ingredienti – si possono già acquistare al supermercato. Gli insetti sono ricchi di proteine, grassi buoni, calcio, ferro, zinco e fibre, si possono produrre in grande quantità e in modo sostenibile: per allevarli si consuma 100 volte meno acqua e 10 volte meno suolo rispetto ad un allevamento di bovini o suini. Si stima che nell’arco di un lustro, la produzione europea di insetti da tavola arriverà a un milione e mezzo di tonnellate. Nell’alimentazione del nuovo consumatore “flexitariano”, flessibile nelle scelte ma sempre molto attento a sostenibilità e impatto ambientale, il consumo di insetti potrà diventare un elemento importante. In Europa sprecano 88 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, mentre le larve consumano le proteine, quel che resta viene usato come fertilizzante: un perfetto esempio di economia circolare.

Non solo proteine vegetali, carne cellulare, insetti, perché per il cibo del futuro ci sono tante altre opzioni, come, per esempio, il Garum, storico impasto fermentato già in uso nell’antica Roma (realizzato con muffa, sale e scarti animali). Al Noitec Park di Bolzano, ad esempio, si studiano proprio i microrganismi delle fermentazioni, grazie a un macchinario che riproduce la digestione umana: lo studio della fermentazione offre inedite prospettive all’alimentazione del futuro. E, poi, il documentario Rai mette sotto i riflettori i “grattacieli di verdura”, sintesi di nuove modalità sostenibili di produzione di cibo, per affrontare la sfida globale del cambiamento climatico, che attraverso la pratica dell’agricoltura idroponica, di arriva a crescere le piante con il 95% in meno di acqua e senza il ricorso a fertilizzanti e pesticidi. La coltivazione idroponica rappresenta una delle chiavi per affrontare le sfide del cambiamento climatico. È il caso della più grande fattoria verticale del mondo (6.400 MQ, su 12 piani, fino a 9 metri di altezza) realizzata all’interno di una ex acciaieria in pieno centro a Newark, nel New Jersey. In questa fattoria verticale sono coltivate più di 700 varietà di frutta e verdura idroponica. I “grattacieli di verdura” corrispondono in tutto a circa mezzo ettaro di terreno coltivato, ma producono 900 tonnellate di verdura: l’equivalente della produzione agricola ordinaria di 150 ettari.