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Scenari

Dazi sul vino italiano, la diplomazia tenta il tutto per tutto: a rischio la “fascia media”

14 Gennaio 2020
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“Siamo molto soddisfatti dell'accordo siglato tra l'europea Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev) e l'americana Wine Institute, che oggi ha portato alla firma di un documento condiviso che riconosce l'importanza del commercio transatlantico del vino e chiede l'immediata eliminazione di tutte le tariffe sul vino con l'accordo “zero per zero””. 

Con queste parole Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, commenta in modo positivo l'esito della public consultation di Ustr conclusa ieri notte e la presa di posizione del Ceev e Wine Institute che siglano un'unione d'intenti e chiedono “l'eliminazione di tutte le tariffe sul vino” applicando il principio del “zero per zero” previsto dal Gatt. “La massiccia partecipazione da parte dei principali stakeholder europei e statunitensi del vino alla stesura del documento, le risposte positive del web alle tante petizioni accese su change.org e alla campagna social lanciata negli Usa da Uiv – prosegue Abbona – rappresentano un segnale importante del mondo produttivo europeo e americano che, all'unisono, chiede di tutelare il commercio e i posti di lavoro della filiera in vista dell'imminente decisione che il governo americano dovrà assumere entro il 15 febbraio circa i dazi nei confronti di alcuni prodotti europei di esportazione, tra cui il vino italiano”. “I mercati di esportazione sono un'opportunità di crescita chiave per le cantine statunitensi. È giunto il momento per tutti i governi di riconoscere i vantaggi unici del commercio del vino ed eliminare i dazi una volta per tutte”, ha dichiarato il Presidente e Ceo di Wine Institute Robert Koch a margine della consultazione con il Ceev. Sia gli Stati Uniti che l'Unione europea, infatti, rappresentano reciprocamente i maggiori mercati di esportazione, con scambi totali che hanno raggiunto i 4,66 miliardi di euro nel 2018 (pari a 5,53 milioni di dollari), creando posti di lavoro e investimenti su entrambe le sponde dell'Atlantico. Per il vino italiano, gli Stati Uniti rappresentano la principale destinazione delle vendite per volume e valore con circa 1,5 miliardi di euro corrispondenti a oltre 450 milioni di bottiglie e un quarto del valore dell'export: un mercato strategico, come evidenziato nel numero in uscita del Corriere Vinicolo dove sarà pubblicata un'inedita analisi dell'esposizione dell'export vinicolo di Italia e Francia verso gli Stati Uniti con una valutazione del possibile impatto dei dazi, insieme alla preview dell'attesa indagine “Us Landscapes 2020” curata da Wine Intelligence che verrà resa disponibile nei prossimi giorni. Da qui l'appello congiunto di Ceev e Wine Institute a tutto il settore vitivinicolo per firmare il documento condiviso e sostenere la crescita delle relazioni commerciali tra Unione europea e Stati Uniti.

Un appello che si somma alle oltre 24 mila dichiarazioni pubblicate sul sito del Governo americano da parte di fornitori, importatori, distributori, piccole aziende e consumatori americani per dire “no” all'applicazione di ulteriori dazi sul vino. Ma la battaglia di Uiv per proteggere il vino italiano dalla scure dei dazi a stelle e strisce non coinvolge solo il popolo oltre oceano, ma necessita anche del sostegno e dell'impegno delle principali istituzioni, al quale nei giorni scorsi il presidente Abbona ha indirizzato un accorato appello. “Nell'attesa che il governo federale si esprima resta alta la nostra attenzione sull'impatto che i dazi potrebbero generare sul business e i posti di lavoro in Italia e negli Stati Uniti – dice – Per questo chiediamo un intervento concreto al presidente del consiglio Giuseppe Conte e al Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio affinché si incoraggi, anche al livello europeo in vista dell'imminente visita del Commissario al Commercio Hogan a Washington, il dialogo ed il confronto con il governo americano in quanto l'imposizione di un dazio al 100% metterebbe fuori mercato i vini italiani con conseguenze disastrose per le imprese, i viticoltori, i territori e nessuna misura di sostegno al settore potrà mai compensare le gravissime perdite di quote di mercato che potremmo subire”. 

I VINI A FASCIA MEDIA I PIU' A RISCHIO

“Un fattore tanto esogeno quanto ingiusto rischia di colpire uno dei capisaldi dell’export veronese: il vino. Negli 5 ultimi anni i rossi veneti – dove la Valpolicella incide per il 70% del valore – sono cresciuti del 46% sul mercato americano, un dato che va ben oltre l’incremento export di vino made in Italy nello stesso periodo”. Così il direttore del Consorzio tutela vini Valpolicella, Olga Bussinello, in merito al paventato allargamento a vino, olio e pasta italiani della lista dei prodotti europei a potenziale dazio aggiuntivo, all’esame del dipartimento del Commercio statunitense. “C’è molta preoccupazione – ha aggiunto – ma al tempo stesso la consapevolezza che attraverso un salto di qualità della diplomazia europea si possa ancora evitare ciò che a tutti gli effetti suonerebbe come una beffa commerciale dopo tanti anni di investimenti in promozione e crescita dei nostri brand verso un top buyer sempre più strategico. Siamo preoccupati soprattutto per i vini a fascia media, quindi per il Valpolicella – che negli Stati Uniti esporta il 17% dell’intero export – e il Ripasso. Sull’Amarone vogliamo sperare di poter contare sulla sua forte identità e sul fatto che sia un vino meno sostituibile di altri. Ma la leva del prezzo mette ovviamente a rischio anche il nostro grande rosso, che negli Usa raccoglie a valore il 15% delle vendite complessive realizzate all’estero. Anche di questo si parlerà ad Anteprima Amarone, con un focus dedicato a 2 mercati tanto importanti quanto difficili a causa di congiunture geopolitiche che nulla dovrebbero avere a che fare con il libero mercato”.

C.d.G.