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Scenari

Doc Sicilia, la pubblica audizione. La cronaca del dibattito, adesso ultima parola a Roma

16 Giugno 2011
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Da sinistra Elio D’Antrassi, Diego Planeta e Lucio Tasca d’Almerita

“Migliorare lo standard della produzione vitivinicola siciliana”. Con queste parole l’assessore regionale alle Risorse Agricole ed Alimentari, Elio D’Antrassi, ha esordito alla pubblica audizione, tenutasi presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Palermo, per il riconoscimento della Doc Sicilia.

Un altro passo, che apre le porte all’approvazione definitiva, è stato così compiuto tra apprezzamenti e critiche da parte dei vari addetti ai lavori. Ma tutto sommato il disciplinare piace: “E’ un ottimo punto di partenza – ha commentato Diego Planeta, produttore e presidente di Assovini – in vista della valorizzazione del nostro patrimonio vitivinicolo”.

Otto gli articoli che costituiscono il disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata ‘Sicilia’. Molte le contestazioni ed i dubbi sui primi, soprattutto per quanto riguarda gli articoli 3 e 4. Nell’articolo 3 in particolare si indica la zona di raccolta delle uve. L’elaborazione di una mappa vocazionale è quanto non convince i produttori: “Sono io, il produttore, – esordisce Lucio Tasca – a decidere dove impiantare le mie uve”. L’articolo 4 si riferisce invece alla coltivazione ed alla resa. I più hanno chiesto un abbassamento delle piante per ettaro, “troppo alto, – ha detto Giuseppe Longo di Assovini – da tremila e 750 sarebbe opportuno scendere a tremila e 200”. Sempre nell’articolo 4 si parla anche delle condizioni ambientali e di coltura dei vigneti che devono essere atti a rendere i vini lì prodotti con le caratteristiche richieste dal disciplinare. E qui entra in gioco un po’ di confusione. A sottolinearla l’onorevole Calogero Mannino, ex ministro dell’Agricoltura, che ha più volte ha animato il dibattito. Uno dei suoi dubbi?: “Qual è il rapporto tra questo disciplinare e quello che riguarda le isole minori?”. Di certo c’è che chi produce già vini Doc potrà chiedere di avere anche la denominazione Doc Sicilia. Tra gli appunti quello del presidente della Coldiretti, Alessandro Chiarelli: “L’imbottigliamento deve essere obbligatorio in regione”. Invece nell’articolo 7 del disciplinare non vi è alcuna specificazione. Non solo critiche comunque ma molti sono stati anche i suggerimenti che alcuni dei produttori presenti hanno voluto dare. Ad esempio Marilena Barbera ha parlato dell’impossibilità di prevedere che un vino dopo tre anni di affinamento abbia le caratteristiche richieste come riserva. “Sarebbe opportuno – ha quindi aggiunto – che la rivendica per la riserva arrivi alla fine dell’affinamento”. Introdurre altri tipi di vigneto, come lo zibibbo o il sangiovese sono state le altre proposte. Durante l’incontro si è anche presentato il disciplinare di produzione per l’indicazione geografica tipica dei vini ‘Terre Siciliane’. Se nasce la Doc Sicilia, infatti, non si potrà aver una Igt con lo stesso nome.

Sandra Pizzurro