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Scenari

Ecco cosa bevono i parlamentari in vacanza. E Renato Brunetta diventa produttore di vino

10 Agosto 2016
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Da chi preferisce i bianchi ai rosati, chi si dimostra un grande intenditore e stappa grandi bottiglie “ma solo per grandi occasioni”. Il Palazzo va in ferie, ma segue sempre più l mode sul mondo del vino italiano. E non mancano le sorprese e gli accordi bipartisan

di Alessandra Flavetta 

Cosa bevono i parlamentari italiani ad agosto, quando possono lasciare i gravosi compiti istituzionali e dedicarsi al relax? 

Per lo più ottimi vini, ma a chilometri zero, prodotti  quindi nella loro regione d’origine. E preferibilmente di vitigni autoctoni, dal momento che tutti gli interpellati considerano bianchi, rossi, rosati e bollicine i migliori ambasciatori del territorio.

ANDREA AUGELLOIl vino come segno di civiltà

“All’italiano sono interdette tre cose: non apprezzare il vino, non saper nuotare e non capirne di calcio, sul resto si tratta”, sostiene il senatore Andrea Augello (Cor), della Commissione Bilancio, convinto, come Ernest Hemingway, che il vino sia uno dei maggiori segni di civiltà dei popoli. Residente a Roma, ma figlio di papà siciliano e mamma torinese, il Vicepresidente della Commissione d’inchiesta sui rifiuti e gli illeciti ambientali beve vini prodotti in tutto lo stivale, ma solo ai pasti. “L’estate – dice – usiamo prevalentemente bianchi, siciliani, in particolare prediligo il Nozze d’Oro di Tasca d’Almerita, che essendo un po’ fruttato piace anche alle signore, oppure mi concedo un rosso leggerissimo e dal bouquet avvolgente prodotto con uve di Nero D’Avola  e altre varietà autoctone, il Mille e Una Notte di Donnafugata.  D’inverno, a Roma, per tutti i giorni prendiamo il rosso, il Cesanese del Piglio, non quello di Olevano Romano e la capogruppo al Senato dei Conservatori e Riformisti, Cinzia Bonfrisco, essendo veneta, mi fa avere bottiglie di Amarone di cantine particolari. Qui del Lazio mi piace anche il Mater Matuta di Casale del Giglio, ma per cacciagione, faraona farcita e carni importanti bevo Chianti, Brunello o Rosso di Montalcino, di Banfi ma non solo.

RENATO BRUNETTAProduce il suo vino: Mater Divini Amoris

Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, da buon veneziano ama bere, e il vino gli piace talmente tanto, dieta a parte, che si è messo a coltivar vigne per produrlo: “Abbiamo fatto tanti debiti, tanta fatica, tante complicazioni, ma come gratificazione spero di portare al prossimo Vinitaly – è l’auspicio del professore di Economia del Lavoro – il mio Mater Divini Amoris, dell’azienda familiare Brunetta-Diana e figli. Abbiamo impiantato a vigna 25 ettari, a regime, nella zona del Santuario del Divino Amore, a Sud della Capitale, e produrremo la Doc Roma, Pinot grigio,  Pinot nero, le bollicine, una piccola vigna per una cantina di qualità, grazie al mio enologo, Lorenzo Costantini”. L’ex ministro della Semplificazione del IV governo Berlusconi preferisce le bollicine: “Amo il prosecco delle mie terre, il Brut Cartizze prodotto dal vitigno Glera, e lo bevo a tutto pasto, fuori dal pasto, per brindare, specie in estate che è ancora più gradevole”. Ma è pronto a sperimentare tutti i tipi di vino, quando non gli basta la tradizione.

FRANCESCO CAMPANELLAInzolia e fantasia

Francesco Campanella (Si), della Commissione Agricoltura del Senato, è nato a Palermo, ma ora è in vacanza a Naso, nel messinese, in una casetta in collina, sul Monte Capo D’Orlando, dove  con il suo piatto preferito, le cozze gratinate, beve prevalentemente Insolia, “ma di Rapitalà non di Grillo”, dice con una involontaria ironia, essendo uno dei primi quattro parlamentari espulsi dal M5S per aver votato Pietro Grasso alla Presidenza del Senato, contrariamente alle indicazione del gruppo. “Il vino è uno dei prodotti di punta del marketing territoriale, specie in Sicilia, dove si devono ricercare – consiglia – nuovi canali per creare ricchezza, con l’impiego della fantasia e dell’economia verde. L’agricoltura siciliana ha grandi potenzialità, ma la grande distribuzione comprime i margini di redditività dei contadini ed omogeneizza i prodotti, mentre ne abbiamo tanti di nicchia, commercializzati solo in zona, che non riescono ad uscire dal mercato interno”.

FRANCESCO CARIELLOSolo vino ed olio Bio

Francesco Cariello (M5S), Vicepresidente della Commissione d’inchiesta sulla contraffazione e la pirateria, beve solo  vino Bio, della regione in cui vive, la Puglia: “Non sono un grande bevitore – premette –, ma amo la terra, le nostre origini, mio padre era agricoltore e produceva vino nel terreno di famiglia, tra Bari e Bitonto, un rosso primitivo, che ai tempi si usava da taglio, e facevamo il nostro aceto, altra filiera importante. Oggi produciamo solo l’olio – racconta  – e poco altro, una piccola azienda a conduzione familiare per il consumo in proprio: io sono l’ultimo di 7 fratelli ed abbiamo 18 nipoti, compresi i miei due figli”, ai quali il deputato insegna a bere vino, vietandogli le bibite gassate, “perché le papille gustative vanno educate”. Oramai il vino “ha una filiera controllata, sono difficili le contraffazioni e si sono valorizzate le peculiarità territoriali, bisognerebbe applicare lo stesso sistema  all’olio”, osserva. Cariello ha un’idea per il futuro:  mettere in piedi un Oil Bar, per creare le miscele in base ai gusti: “Chi ama l’oliva coratina che è piccante, altri preferiscono gusti più fruttati e tu mescoli i vari oli per farne uno personalizzato”, spiega.

FRANCESCO BOCCIA – NUNZIA DE GIROLAMOIl bello di avere una moglie sommelier

“Chi non beve vino ha un segreto da nascondere”, sostiene citando Charles Baudelaire il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), che nel 2011 ha sposato la collega Nunzia De Girolamo,  l’ex ministro dell’Agricoltura del governo Letta, ora tornata in Forza Italia dopo una breve sosta nel Nuovo Centrodestra di Alfano. Pugliese lui, campana lei, figlia del direttore del Consorzio Agrario di Benevento,  nella coppia più bipartisan di Montecitorio si potrebbe litigare anche sul vino, oltre che sulla politica, se non fosse che la De Girolamo è una sommelier, appassionata di vini. Così l’onorevole e docente universitario per i rossi sceglie primitivo di Manduria – e preferisce l’Es di Gianfranco Fino – ma anche Negroamaro e nero di Troia, ma ritiene “difficile resistere ai rossi storici piemontesi e toscani e all’Amarone veneto”. Per i bianchi, invece, “seguo i consigli di mia moglie, riconoscendole grande competenza, e poi in qualche modo – afferma – bisogna andare d’accordo in casa anche sui vini, no? Quindi prendiamo bianchi autoctoni, in particolare la Falanghina Cesco dell'Eramo, tipica del beneventano o Fiano e Greco dell'avellinese”.

TITO DI MAGGIODall’astemia alla passione: il vino come filosofia

Dall’indifferenza alla passione, invece, è il percorso col vino del senatore fittiano Tito Di Maggio. L’ex Presidente del distretto del mobile imbottito di Matera è stato praticamente astemio fino a 38 anni, quando alzando un calice di prosecco Valdobbiadene Canevel, si è innamorato dei bianchi ed ha seguito un corso da sommelier. “Per me, oggi, è vera la massima di Louis Pasteur: c’è più filosofia in una bottiglia di vino che in tutti i libri del mondo”. Partendo dal presupposto che  “i vitigni uniscono l’Italia”, il senatore dei Conservatori e Riformisti (Cor) preferisce i vini del Sud prodotti da vitigni alloctoni – Chardonnay, Riesling, Traminer – come hanno provato a fare in Sicilia o in Basilicata su suoli di origine vulcanica. Ad esempio con l’Aglianico del Vulture, in particolare la cantina Re Manfredi – Terre degli Svevi di Venosa (Pz) o la premiata Cantina del Notaio di Gerardo Giuratrabocchetti. 

DARIO GINEFRA – LAURA RAVETTONovelli sposi, larghe intese anche nel calice

L’altra coppia da larghe intese a Montecitorio è composta dal pugliese Dario Ginefra (Pd) e dalla piemontese Laura Ravetto (Fi), sposi a giugno, nella suggestiva cornice del Castello di Carlo V a Monopoli, dove hanno brindato “con vini che garantissero la straordinaria materia prima dei vitigni autoctoni pugliesi, coniugata con l’esperienza trasformativa di Antinori”, cioè Tormaresca, con lo chardonnay Pietrabianca e il primitivo Torcicoda. “Ma una moglie di Cuneo  –  racconta Ginefra – vuol dire anche Nebbiolo, Barbaresco, Barolo, senza disdegnare una buona Barbera ad accompagnare spesso le nostre cene a casa. Non importa l’azienda, perché frequentando le Langhe ho potuto scoprire cantine ‘minori’ ma con vini eccellenti”. L'estate in Puglia per la famiglia Ginefra “significa anche Negroamaro, Primitivo, Salice Salentino,  nero di Troia, preferibilmente in purezza. Calafuria o Maìme (Tormaresca), Five Roses (Leone de Castris), Es di Gianfranco Fino,  Patriglione della Taurino, Puer Apuliae della Rivera, Vigna Pedalle Torrevento o un Primitivo Gioia del Colle 17 Polvanere sulla tavola ad accompagnare le bombette di Martina Franca o una grigliata di carne, un carpaccio di ricciola o una più tradizionale fava e cicoria”.

ANTONIO MILOSolo rosso artigianale, anche sul pesce

Il senatore della Commissione Bilancio Antonio Milo (dell’Ala di Verdini) parla da Agerola, “paese tra la penisola sorrentina e la costiera amalfitana: da qui vedo i due Golfi, di Napoli e di Salerno”, ci dice. Sembra un’ottima location per sorseggiare un bicchiere di vino, no? “Bevo solo in compagnia degli amici, non abitualmente in famiglia e bevo solo  vino artigianale – precisa –  una produzione ristretta da un vitigno autoctono, il Tronto, un rosso che fa per pochi amici il professor Mascolo, proprietario del Castello Lauritano, a picco sul mare, un vitigno di cui parlava già nel 1850 lo scrittore di Amalfi Matteo Camera. Mentre per il bianco – prosegue – vinifica l’uva Ripola. Se sono fuori casa, invece, bevo Aglianico o Falanghina, che di base sono buoni vini. Qui in costiera abbiamo la casa di Marisa Cuomo e il suo Fiorduva è un eccellente bianco, ma è costoso, riservato alle occasioni speciali”.

LUCA SANIIl “papà” della nuova normativa sul vino

Il presidente della Commissione Agricoltura della Camera, Luca Sani (Pd), della provincia di Grosseto, è un “bevitore consolidato: vino al pasto, come aperitivo e anche dopocena, preferendolo a qualsiasi altra bevanda”. Non per nulla Sani, imprenditore del settore turistico, è il primo firmatario di una proposta di legge sulla produzione e la commercializzazione del vino, che unificata a quella presentata dal senatore Andrea Olivero (Gruppo Autonomie), già Viceministro alle Politiche Agricole nel primo governo Renzi, ha portato  al testo unico sul vino. “Questo è uno dei settori in crescita del Made in Italy e che può svilupparsi ancora, , mentre l’impianto normativo  sul vino – sottolinea – è datato e ripetitivo e necessita di innovazioni e semplificazioni”. Per Sani scegliere dei vini che predilige è difficile, “perché se sono a casa, da buon toscano torno al padre Sangiovese, e quindi  Brunello di Montalcino, Rosso di Montepulciano, Morellino di Scansano e Chianti, ma quando giro per l’Italia bevo sempre prodotti locali, accompagnati dalla cucina del posto. Mi piace il  Pinot nero e i grandi  vini piemontesi e veneti,  essendo Cavaliere del nobile Ordine dell’Amarone e del Recioto, oltre che essere stato insignito dall’Ais del titolo di sommelier ad honorem”.  Sani, però, se proprio deve indicare le cantine,  parla del  Chianti Castello di Ama, oppure del classico Chardonnay dei Marchesi Antinori, il Cervaro della Sala, mentre per le bollicine predilige la Riserva del Ferrari e il Franciacorta Uberti.

FRANCESCO PAOLO SISTOIl professore più santo che bevitore

Anche il deputato azzurro Francesco Paolo Sisto non beve mai in servizio: “Sono più santo che bevitore”, sostiene parafrasando il titolo del racconto di Joseph Roth, reso famoso dalla trasposizione cinematografica di Ermanno Olmi, Leone d’Oro a Venezia nel 1989. “Il vino è un valore aggiunto, moltiplica il piacere della tavola, ti aggancia alle radici, per questo mi piace berlo con chi ha cultura enologica e me ne spiega le caratteristiche e la storia”, dice l’avvocato e docente universitario, già presidente della Commissione Affari Costituzionali e relatore della nuova legge elettorale quando vigeva il Patto del Nazareno tra Berlusconi e Renzi. Sisto è barese e preferisce bere vini pugliesi. Tra i primitivi giudica “ottimo” il pluripremiato Es, lo stesso che bevvero anche i capi di Stato al G8 dell’Aquila, nel 2008, ma non disdegna il Salice Salentino Rosso delle Cantine Due Palme, a sua volta nella vetta delle classifiche enoiche.  E quando va a mangiare a Polignano a Mare, al Covo dei Saraceni, Vito Laruccia gli propone sempre “un eccellente” rosato dell’azienda Agricole Vallone, il Brindisi Rosato Dop Vigna Flaminio. 

DARIO STEFÁNOUn winelover tra tradizione ed innovazione

Dario Stefàno (Si), Presidente della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, è un winelover che non pasteggia mai senza vino: “Una componente essenziale non solo della tavola, ma anche della convivialità, dello stare insieme, degustare un bicchiere di vino significa condividere un momento di gioia, l’amicizia, la conoscenza”. Stefàno rispetto al vino è orgoglioso di due rilanci, messi a punto quando era Assessore all’Agricoltura della giunta pugliese di Vendola: “Credo che siamo stati determinanti  – afferma – nel recupero del valore identitario del rosato, a cui abbiamo aggiunto una componente di innovazione enologica importante; lo stesso per le bollicine, nel volgere di pochi anni abbiamo messo a sistema un’esperienza di valore del nostro panorama vitivinicolo, investendo sui vitigni autoctoni: Bombino nero, Negroamaro, Primitivo e Susumaniello, recuperato negli ultimi anni”. Tra le bottiglie più premiate, Stefàno segnala il Brut Rosé Metodo Classico della cantina D’Araprì di San Severo, che “da tre anni è sempre sugli allori e, non si offenda nessuno, ma  Bibenda  gli ha dato l’Oscar della bollicina d’Italia”,  e il Rosè Brut da Primitivo di Polvanera, cantina di Gioia del Colle.