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Scenari

Emergenza coronavirus, se la fase 2 rischia di affossare ancora di più la ristorazione

21 Aprile 2020
tavolo_plexiglass tavolo_plexiglass

di Roberto Chifari

Ci sarà una “Fase 2” anche nel settore della ristorazione e non sarà affatto bella, ma da qualche parte bisognerà pur ricominciare.

E allora cominciamo a capire come, quando e a che condizioni bisogna riaprire le attività. Ogni struttura sta cercando di attuare delle soluzioni che possano garantire le limitazioni imposte dal protocollo sanitario e nello stesso tempo di tornare ad una normalità che, seppur limitata, sarà la nuova normalità a cui dovremo abituarci. Intanto le previsioni economiche dicono che se e quando ripartiranno bar, ristoranti e caffetterie saranno in difficoltà, visto l’inapplicabilità di alcune norme. A repentaglio ci sono migliaia di attività commerciali che potrebbero non aprire mai più e milioni sono i posti di lavoro che rischiano di essere bruciati tra lavoratori stagionali e a tempo indeterminato.

Cenare fuori è prima di tutto convivialità e giovialità. E allora, fa effetto osservare le soluzioni fin qui proposte pur di ripartire. Non è accettabile vedere divisori in plexiglass, distanziamento tra le persone, pareti in plastica tra i tavoli. Ingressi contingentati al ristorante, ma lunghe file all’esterno in attesa del proprio turno. Dispenser di gel accanto ad ogni tavolo, sanificazione degli ambienti e percorsi guidati con il nastro biancorosso per evitare il contatto tra le persone. Non è fantascienza, ma sono alcune delle ipotesi bislacche presentate e recepite – più o meno – dai ristoratori.

Vogliamo davvero andare a mangiare fuori con un vetro di plexiglass davanti al nostro commensale? Vogliamo davvero mangiare con i guanti in lattice e le mascherine da indossare tra una portata e l’altra? Vogliamo davvero gustare un piatto con l’effluvio della candeggina? La risposta è no. Nessuna persona sana di mente, pagherebbe per avere un servizio che azzera in un colpo solo tutti e cinque i sensi. Se la Fase 2 è questa, allora meglio restare a casa. Non si deve ripartire, tanto per ripartire perché il rischio di un tracollo con le attività aperte al pubblico rischia di essere più dannoso della stessa ripartenza: la beffa delle beffe. Alzare le saracinesche, affrontare ulteriori spese e poi trovarsi quattro commensali è un suicidio economico.

Si deve ripartire con cognizione di causa in attesa di una Fase 3, quella del ritorno alla piena normalità. Bisogna sostenere il comparto con azioni concrete. Se non ci sono le condizioni nella Fase 2 per ripartire in maniera accettabile è meglio fermarsi e studiare nuove proposte perché una cosa è sicura: pandemia o no, la ristorazione non morirà nel 2020. E allora l’emergenza sanitaria può aiutarci a migliorare e a potenziare tre servizi che fino ad ora erano utilizzati poco e male. Un nuovo servizio a domicilio con una regolamentazione chiara e limpida verso i rider. Il servizio ordina via app, paghi online e ritira dalla propria auto sullo stile americano del drive through. Il servizio a domicilio classico destinato all’utenza del quartiere per aiutare le piccole attività commerciali a riprendere. E soprattutto, un menù ideato e studiato ad hoc per il trasporto e non riadattato al trasporto come succede adesso con le conseguenze di ritrovarsi una mozzarella di bufala spiaggiata sul cartone di una pizza o un Burger scomposto in 12 pezzi.

Riflettiamo prima di proporre progetti ad oggi inattuabili. Aiutiamo tutti gli imprenditori della ristorazione a ripartire più forti di prima ma con idee sensate. Torneremo a mangiare fuori e sarà ancora più bello perché apprezzeremo i piccoli piaceri della vita quotidiana, nel frattempo non toglieteci il piacere di cenare con gli amici.