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Scenari

Il consorzio dell’Etna farà anche la vigilanza: “E no, questo territorio non sarà un moda”

08 Maggio 2020
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di Giorgio Vaiana

Vigilanza, progetti, futuro. Maurizio Lunetta festeggia i suoi primi cinque mesi da direttore del consorzio Etna Doc.

Metà delle quali, più o meno, passati a casa a causa dell’emergenza sanitaria. “Ma ho lavorato molto di più in questi mesi”, dice ridendo. Già, perché nel mondo che si è fermato per il Covid-19, il lavoro, comunque è andato avanti. Soprattutto quello che riguarda la campagna. “Siamo stati sempre in collegamento – dice Lunetta – Nella vita normale magari si prende un caffé, ci si ferma un momento. Invece durante questa pandemia abbiamo lavoraro sempre. Mi sono mancati gli incontri e le relazioni che servono anche da confronto. L’online non è la stessa cosa”. Lui dal consorzio Doc Sicilia è arrivato fin sopra il Vulcano più alto d’Europa. “Conoscevo benissimo questo territorio – dice Lunetta – ma qui ho trovato una realtà al di sopra delle mie aspettative, con 136 cantine concentrate in un piccolissimo territorio, e sono davvero tante, che rappresentano 136 diverse visioni, idee, esigenze su questo Vulcano. Un lavoro molto stimolante devo dire, molto diverso dal mio precedente lavoro, ma sono contento”.

Il rischio, quando si parla di Etna, è che questo territorio sia una moda: “Ha un’unicità che è venuta fuori in questi anni – dice il direttore – Non penso che sia e sarà una moda. L’Etna, e ne sono convinto, non passerà. Qui ci sono elementi unici, come la composizione del terreno che cambia sempre, ad ogni respiro del Vulcano, i versanti diversi, con le loro specificità, i vigneti ad alberello, i muretti a secco patrimonio Unesco. Mi pare difficile che questa sia una moda”. A proposito di clima, Lunetta annuncia un importante progetto: “Stiamo iniziando uno studio sul clima che c’è stato sull’Etna negli scorsi dieci anni e di come questo abbia potuto influenzare le diverse annate. Appena sarà concluso avremo un quadro molto interessante di questo rapporto così stretto tra clima del Vulcano e le varie annate”. Capitolo Docg: “Credo che sia un processo di maturazione della Doc – spiega Lunetta – Penso che per crearne una ci dovrebbe essere un reale motivo, non so, faccio un esempio: una zona di un territorio più classica all’interno di una Doc che si vuole valorizzare. Ma passare un’intera Doc a una Docg non credo che avrebbe senso, nel caso dell’Etna. Certo, si potrebbe avere forse maggiore prestigio, ma chi è un addetto ai lavori sa che alla fine cambia la fascetta che diventa obbligatoria, ci sarebbero dei parametri del disciplinare più ristretti. Ma la qualità sarebbe sempre la stessa, elevatissima. Insomma, non credo sia la priorità. Invece dobbiamo concentrarci su altre sfide che attendono il consorzio”. E Lunetta ne elenca alcune: “Intanto quella di fare in modo che l’Etna davvero non passi mai di moda – dice – poi il fatto di sedimentare ancora di più la particolarità di questi vini. Io sono convinto che la riconoscibilità dell’Etna debba essere un fattore determinante. Storia e tradizione già ci sono. Per non parlare poi della forma di allevamento e dei terrazzamenti, insomma mi pare che questo sia un territorio che si rafforza di anno in anno”.

La pandemia ha fermato tutto: “E ne abbiamo risentito – dice – L’Etna è tra i territori più colpiti dalla crisi, considerando che la gran parte delle bottiglie si vendono sul canale Horeca, per ora totalmente chiuso. Infatti i produttori hanno smesso di imbottigliare. Rispetto allo scorso anno c’è un calo del trenta percento di certificazione, un dato molto elevato per il nostro consorzio. Quindi significa che c’è tanto vino stoccato. E la vendemmia incombe. Noi dobbiamo capire adesso come muoverci. Distillazione? Assolutamente no, i prezzi sono fuori mercato per un territorio come il nostro. Stiamo studiano operazioni di stoccaggio. Ma poi questi vini, vanno comunque venduti al prezzo giusto. E questa è un’altra sfida che attende il consorzio”. Anche la vendemmia verde non è un’ipotesi: “Al produttore questi interventi costano dai sei ai settemila euro l’anno – dice Lunetta – Qui si parla di tremila euro di rimborsi. Insomma sono interventi che non avvantaggiano di certo l’Etna”. Il consorzio dell’Etna, avendo anche l’Erga Omnes ha il compito della vigilanza. Lo scorso anno era affidata al consorzio Doc Sicilia, “che ha fatto un ottimo lavoro”, specifica Lunetta. Ma da quest’anno, il consorzio etneo ha deciso di fare in proprio. E sono stati selezionati tre vigilatori da un apposito albo del ministero che avranno il compito di verificare il corretto utilizzo del nome e del brand Etna nelle bottiglie vendute in Italia e in Europa: “Abbiamo stilato un piano di viglianza che è stato approvato dalla repressione frodi – spiega Lunetta – Da quest’anno abbiamo scelto di muoverci in autonomia avvalendoci della collaborazione di tre vigilatori che si occuperanno di controllare anche l’Igp Arancia Rossa di Sicilia. Avranno il compito di verificare usi e abusi della denominazione Etna”. I controlli si faranno nei punti vendita delle cantine, ma anche nelle enoteche e nei ristoranti. “Un lavoro che facciamo a tutela e garanzia del produttore dell’Etna e del consumatore”, spiega Lunetta. E questi controlli vengono fatti anche setacciando il web. Sono trenta i siti di acquisto di vini online di mezzo mondo monitorati dal consorzio per andare a “caccia” di vini spacciati per Etna Doc. “Il consorzio al di là di tutto ha questo ruolo fondamentale – conclude Lunetta – di vigilanza, di gestione del disciplinare, della proprietà del brand, della promozione e della tutela. Ma soprattutto, di far fare rete a tutti i produttori perché altrimenti si disperderebbe un importante patrimonio di idee ed energie positive che poi possono diventare importanti progetti di sviluppo per questo territorio”.