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Scenari

Il futuro del Chianti Classico/4. Carissimo: “Gran Selezione ottima idea. Menzioni? Servono”

16 Luglio 2019
Guido_sorridente_con_Baldero Guido_sorridente_con_Baldero


(Guido Carissimo)

di Giorgio Vaiana

Scruta il vigneto dal suo ufficio Guido Carissimo, patron dell'azienda Carus Vini che si trova a San Casciano in Val di Pesa in provincia di Firenze, in pieno territorio del Chianti Classico. 

Lui è un fiero meridionale. Dalla Puglia alla Toscana, nel 2011, per acquistare questa azienda e iniziare a produrre vini di altissima qualità. Con un sogno: far diventare la sua azienda a impatto zero. Perché è già vero che tutte le sue uve vengono coltivate in regime biologico, ma Guido ha un rispetto massimo per il suo territorio. Tanto che in appena sette anni ha ridotto i consumi di energia elettrica di oltre 50 punti percentuali, con importanti interventi di riqualificazione, “come la ristrutturazione della cantina in cui sono stati inseriti tetti e pareti ventilati”, spiega Guido. O come l'installazione di una stazione meteo super-tecnologica con cui riesce a misurare la bagnatura fogliare, “in modo tale da intervenire con precisione massima sui trattamenti”. E a proposito di trattamenti, Guido rivela gli ultimi ritrovati che usa in parte dei suoi vigneti da 4 anni: “Si tratta di induttori di resistenza, speciali enzimi che inducono la pianta a resistere ai funghi – spiega – Con questi trattamenti ho ridotto l'utilizzo del rame a soli due chili per ettaro. Certo i trattamenti con questi enzimi sono un po' più costosi e la procedura richiede più dosi, ma io lo uso da 4 anni. Prima in soli 3 ettari, adesso sono passato a 5 ettari. Prima di estenderlo a tutta la mia tenuta, però, voglio avere dati ancora più precisi. Ma io ci credo tantissimo”. 

Capitolo vendemmia 2019: “A me sembra niente male – dice – il prodotto c'è, è molto sano, abbiamo fatto 5 trattamenti e anche se il forte caldo e la pioggia ci hanno fatto un po' tremare, sono molto fiducioso”. Qui, a differenza di altri colleghi, si viene da un'annata 2018, insieme alla 2016, eccellente: “Il problema è stata l'annata 2017, molto complessa – rivela Carissimo – per molti shock termici che abbiamo dovuto affrontare. C'è stata una gelata a fine aprile e poi un caldo secco con temperature molto elevate. La qualità non è ottimale e abbiamo perso tanto prodotto”. 

Carus vini, con i suoi 13,5 ettari vitati, produce appena 30 mila bottiglie. “Più della metà dei nostri vigneti sono molto giovani e stanno entrando in produzione solo adesso. Contiamo di aumentare il numero di bottiglie, puntando sempre sulla qualità, però”. La stragrande maggioranza delle bottiglie supera i confini nazionali: “Londra, New York, Boston, Vancouver e Giappone sono i nostri mercati di riferimento”. E a proposito di Asia dice: “Un mercato molto importante per noi – dice – Il giapponese è un consumatore molto sofisticato, che ama la cultura del cibo e del vino. Ed è una cosa che ha acquisito negli ultimi anni. Lo definisco un consumatore filo-italiano, un popolo che apprezza la qualità. Adatto ai vini prodotti da queste parti”.

A proposito di Chianti Classico: “Credo che questa zona si sia finalmente risvegliata – dice – Provengo da una famiglia che ha sempre fatto vini in Puglia. Da quando sono arrivato io, nel 2011, ho notato un certo risveglio. C'è vivacità, ci sono tanti produttori, forse un po' troppi, ma da un certo punto di vista le cose mi pare che stiano andando bene. Il lancio della Gran Selezione, dopo un inizio titubante, può permetterci di uscire sul mercato con un vino eccellente ai livelli del Montalcino”. E sulle menzioni geografiche, è sicuro: “Faranno molto bene al territorio – dice – Scimmiottiamo un po' i francesi, è vero, ma sono convinto che aiuterà ancora di più a caratterizzare le varie produzioni del Chianti Classico. Per esempio in Napa Valley si producono grandi vini, ma sono un po' tutti omogenei, quasi tutti uguali, se si eccettua qualche caso sporadico, penso ad Antinori. Alla fine la Napa è una valle. Qui, invece, c'è una varietà che è incredibile, tra terreni argillosi, a galestro, alcune zone più sabbiose, differenze di altitudine, varie esposizioni al sole, insomma abbiamo tanti argomenti per poter parlare di menzioni”. Le criticità, però, per Carissimo non sono da ricercare (solo) nel Chianti Classico, ma in generale in Italia: “Qui è davvero difficile fare business e impresa – dice – per la complessità amministrativa voluta dal legislatore e da chi deve eseguire i controlli, che sono sempre di tipo repressivo. Siamo un elemento importante del territorio, ma viviamo di carte e di complessità giuridica. Ci sono voluti oltre due anni e mezzo per avere un'autorizzazione che avevo chiesto e io ho assunto una persona, che chiamo scherzosamente il mio “agrocarte”, un uomo che segue tutti gli incartamenti della mia azienda”. Ma c'è di più: “Il fenomeno Trump mi preoccupa molto – dice Carissimo – I dazi possono essere un brutto colpo per i nostri vini. Spero che il presidente degli Stati Uniti non faccia ritorsioni contro il nostro paese”. E fra dieci anni come sarà il Chianti Classico? “Difficile dirlo – dice Carissimo – Bisogna continuare a fare il duro lavoro che stiamo facendo adesso. Ma il futuro dipende solo da noi”. 

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