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Scenari

Il futuro dell’Etna del vino/22. Badalà: “Non snaturiamo il territorio del Vulcano”

19 Marzo 2020
Irene_Badal Irene_Badal

di Francesca Landolina

“Una donna ed un bicchiere di vino soddisfano ogni bisogno, chi non beve e non bacia è peggio che morto”.

Questa frase di Goethe, Irene Badalà, la vulcanica produttrice di vini etnei, la lascia campeggiare nella home page del suo sito aziendale. Una frase bellissima che, oggi, ci ricorda quanto siano importanti un bacio, un abbraccio, ma anche un calice di vino condiviso e ogni gioia che la vita può offrire. L’abbiamo sentita oggi. Irene era nel suo vigneto, a lavorare, in contrada Santo Spirito, a Passopisciaro, frazione di Castiglione di Sicilia. “Sono qui, anche oggi – dice – Il vino si produce in vigna, attraverso cure che fondono l’antico sapere con il nuovo e con grandissima attenzione alle esigenze delle piante che ogni anno cambiano in base al microclima che caratterizza la nostra contrada. Questo è il mio posto e in un momento così strano in cui tutto è sospeso, la natura ci aiuta. Noi produttori ripartiremo da qui, dalle nostre radici, dalla natura che mai ci abbandona e che va avanti da sé. Madre Natura non rispetta decreti, lei va avanti, ed è meravigliosa. Ci dà forza e speranza”.

Ed è urgente allora salvaguardarla, proteggerla. Oggi più di ieri. “La tutela del nostro territorio è la base dalla quale dobbiamo partire; l’Etna ha un’identità forte e ben riconoscibile e questo è il punto di forza che consentirà alle aziende di farsi conoscere – afferma – Ognuno è libero di utilizzare le metodologie che ritiene più opportune per produrre e per coltivare; la maggior parte dei produttori sta investendo sul territorio, sul recupero dei muretti a secco, sull’alberello e sui vitigni autoctoni; purtroppo qualcuno invece sta perdendo di vista qualche situazione e accade anche che, pur di avere vigneti da mettere in produzione, alcune zone etnee si stiano trasformando e con esse il territorio. Ma ricordiamo che il territorio dell’Etna è pieno di lava, sciare che modificano il microclima anche all’interno di un vigneto stesso. Non va snaturato. Per fortuna, la stragrande maggioranza di chi produce è attento, in molti conserviamo pure i rovi attorno alla vigna, salvaguardiamo la sua vera natura, che ha tutto ciò che ci serve”.

“A chi mi chiede se sono favorevole ad ampliare la superficie di impianti dico no. Ci sono molte zone che possono essere riprese e che sono dentro la zona della Doc. In molti casi, esistono vecchie vigne in mano a persone anziane che non hanno interesse ad andare dietro alla burocrazia; esistono e ci sono aree da valorizzare ancora, prima di pensare ad ampliare. Poi il tempo per allargarci ci sarà, se occorrerà farlo”. L’Etna regala comunque la sua essenza in ogni calice. “I vini sono riconoscibili se fatti con assoluto rispetto del territorio – afferma la produttrice – così riesci a capirne la provenienza e i versanti, anche solo attraverso la sapidità e la mineralità che ritrovi nel calice. Se perdiamo questa identità, abbiamo perso l’identità propria dell’Etna. Molti lavorano bene e aiuta tanto il riconoscimento delle singole contrade. Pensiamo che dallo stesso vigneto potremmo produrre tre rossi diversi perché tratti da zone poste su tre colate laviche diverse. Ed è meraviglioso. Per il resto, c’è un po’ di confusione, alcuni si stanno perdendo, ma molti e soprattutto i più piccoli stanno puntando sulla tipicità”.

E poi quel tema che incontra diversi pareri: i prezzi. Giusti o troppo alti? “Sinceramente, c’è qualcuno che ha alzato un po’ la cresta, ma chi lavora sull’Etna sa bene che i costi sono elevatissimi; la parte meccanizzata è veramente poca, soprattutto per chi coltiva l’alberello etneo. Ecco perché non è giustificabile trovare al supermercato una bottiglia di Etna a 4 euro. Non riesco a spiegarmelo. Fatta questa precisazione, che riguarda, per fortuna, piccoli casi isolati, i prezzi attuali per i vini base sono abbastanza in linea con i costi. Se poi parliamo di vini di contrada i prezzi aumentano, ma bisogna anche considerare, in quest’ultimo caso, i tempi di affinamento lunghi e i relativi costi, per dare ai vini caratteristiche superiori”.

Passiamo alla promozione dell’Etna del vino. “Ricordiamoci che l’Etna esiste da un paio di decenni. Gli eventi non sono poi così tanti. Contrade dell’Etna ha dato tanto all’Etna, nascendo da un’idea di un privato e al produttore Andrea Franchetti, che lo ha ideato, va il nostro ringraziamento. Anche l’evento del Consorzio sarà rinviato, a causa del coronavirus, ma attenderemo. Ciò che conta è che sia un evento che faccia partecipare tutti perché siano apprezzati tutti, grandi e piccoli, per quello che stanno facendo. Soprattutto oggi. Forse saranno proprio i piccoli ad avere più bisogno di visibilità. E se ci fosse anche un terzo evento, in un periodo diverso dell’anno, non sarebbe una brutta idea, anzi. Penso ad un evento coordinato dalla Strada del vino e dei Sapori dell’Etna e dal Consorzio per favorire gli incontri con buyer e importatori, per i più piccoli in particolare, per coloro che da soli non avrebbero opportunità e forza. Ciò che intendo è aiutare a superare la frammentazione tipica delle piccole aziende, che è un punto di forza, ma anche di debolezza davanti al mercato estero. Così si potrebbe costruire una rete di piccole aziende che siano pronte per gli importatori esteri”.

E in conclusione afferma. “In questo momento storico viene un po’ da pensare. Tutto è sospeso, fermo, ma affronteremo con coraggio, il mondo dell’Etna andrà avanti perché l’Etna farà sempre parlare di sé e avrà sempre un riflettore acceso; sta a noi saperci qualificare e sta a noi riuscire a valorizzare il nostro territorio e i nostri prodotti. Il futuro è roseo, ma ci dobbiamo impegnare”.

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