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Scenari

Il tristellato spagnolo che vuole produrre riso sotto il mare: “Così salvo il mondo”

12 Aprile 2021

Lui si chiama Ángel León ed è uno dei migliori cuochi di Spagna.

Il suo ristorante, l’Aponiente di Cadice, tre Stelle Michelin, porta avanti una filosofia basata sulla “cucina dei mari sconosciuti”, come la definisce lui, capace cioè di usare e valorizzare il gusto di pesci, frutti di mare e alghe snobbati dalla cucina tradizionale. Sono famosi i suoi salami di mare (fatti con gli “scarti” del pesce) o le sue insalate di pomodori marini coltivati nella baia di Cadice, sull’Oceano Atlantico. Usare i prodotti del mare che normalmente vengono scartati è una delle cose più ecologiche ed ecologiste che si possano fare: oggi la sovrapesca, come si legge nell’articolo del Corriere, il fenomeno per cui una specie marina viene pescata più velocemente di quanto riesca a riprodursi, è diventata una minaccia enorme per l’ambiente marino. León, il “cuoco del mare” come è soprannominato, vuole portare la sua cucina dei fondali disprezzati un passo più in là: ha trovato un “nuovo” cereale marino ed è convinto che possa permettere di sfamare gran parte dell’umanità senza inquinare, come racconta il Guardian. Nuotando nel Golfo di Cadice, infatti, ha notato che i banchi di Zostera marina, un’alga presente anche nel Mediterraneo, producevano dei piccoli grani, simili a riso. Ha fatto analizzare questo cereale marino e ha visto che ha un “enorme potenziale: senza glutine, ricco di acidi grassi omega-6 e -9, contiene il 50% di proteine per chicco in più del riso, secondo la ricerca di Aponiente”, spiega il Guardian. La Zostera ha in più l’enorme vantaggio di poter essere coltivata senza acqua dolce, pesticidi o fertilizzanti artificiali. León ha fatto ulteriori ricerche e ha scoperto che è commestibile, perché esiste almeno un precedente al mondo di un suo uso alimentare: quello della tribù Seri nativa della California messicana, che raccoglie i grani dell’alga in primavera e basa su di essa una parte importante della propria dieta.

“In un mondo che è per tre quarti acqua, potrebbe trasformare fondamentalmente il modo in cui vediamo gli oceani – dice León -. Potrebbe essere l’inizio di una nuova concezione del mare come orto”. Quattro anni fa León ha investito personalmente in un progetto pilota realizzato in collaborazione con l’Università di Cadice per coltivare la Zostera marina nel Parco naturale del Golfo di Cadice, su un fondale di circa tremila metri quadri. I primi risultati mostrano che il riso marino ha una produttività di circa 3,5 tonnellate per ettaro, circa un terzo di quella del riso terrestre. Ma con molto meno impegno. “Se la natura ti regala 3.500 chili di raccolto senza fare nulla (niente antibiotici, niente fertilizzanti, solo acqua di mare e movimento) allora abbiamo un progetto riuscito che suggerisce che si può coltivare grano marino” sostiene León. C’è un ma: l’alga, che cresce in paludi salmastre, è diminuita molto negli ultimi anni, in parte a causa dell’aumento della salinità delle acque. Ma ripristinarne gli habitat creando “orti marini” aiuta tutto l’ecosistema. In quello di Cadice i ricercatori hanno visto tornare molti organismi, dai cavallucci marini alle capesante. “L’impatto dell’alga potrebbe estendersi molto oltre. Capace di catturare il carbonio 35 volte più velocemente delle foreste pluviali tropicali e descritta dal Wwf come uno “strumento incredibile” nella lotta contro la crisi climatica, l’alga assorbe il 10% del carbonio dell’oceano ogni anno nonostante copra solo lo 0,2% del fondo marino” scrive il Guardian. Inoltre il riso di mare è anche buono, a prova di cuoco stellato. “È interessante. Se lo mangi con la pula, come se fosse riso integrale, ha un accenno di mare alla fine – dice León -. Ma senza la pula, non si sente il sapore del mare”. Il chicco assorbe bene il sapore, e per cuocere ha bisogno solo di due minuti in più del riso tradizionale. Ci vorrà ancora tempo per capire se sia davvero possibile una produzione alimentare a basso impatto di riso marino. Ma León crede nel progetto visionario. Ed è deciso a convincere il resto del mondo. “Quando ho aperto Aponiente 12 anni fa, il mio obiettivo era di creare un ristorante che servisse tutto ciò che normalmente non ha valore nel mare – ricorda -. I primi anni sono stati terribili: nessuno capiva perché servissi ai clienti prodotti che nessuno voleva”. Adesso ha tre stelle Michelin e i clienti fanno la fila per mangiare da lui.

C.d.G.