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Scenari

La distillazione “spacca” il mondo del vino

28 Aprile 2020
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di Giorgio Vaiana

Distillazione sì o distillazione no?

L’argomento “spacca” il mondo del vino. O meglio l’argomento “spacca” un certo modo di intendere e volere il vino. Da un lato c’è una filiera compatta. E lo ripete più volte nella nostra telefonata Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini. Dall’altro ci sono i vignaioli artigianali, Fivi in testa, che di distillazione non ne vogliono nemmeno sentire parlare. Ma facciamo ordine. L’emergenza sanitaria causata dal coronavirus ha bloccato il mercato del vino in tutto il mondo. Almeno quello del canale dell’Horeca, che è una fetta abbastanza consistente. Il risultato è che questo vino si è accumulato nei magazzini e rischia di rimanere invenduto. E c’è un altro rischio, con la vendemmia alle porte. Quello che si possa svalutare il prezzo delle uve ancora da raccogliere. Il problema, per gli addetti ai lavori, riguarda i vini generici, soprattutto i bianchi, non certo quei rossi importanti che più invecchiano e più diventano buoni e pregiati. La distillazione era finita, almeno in Italia, nel dimenticatoio. Nel passato ci sono stati anni bui per l’enologia italiana, che produceva vini (di indubbia qualità) che poi rivendeva alle industrie per la riconversione. Per questo, spiega Leonardo Agueci, presidente di Providi Sicilia, “bisogna fare chiarezza su questa misura, perché non vorrei che si torni indietro di 50 anni e che dietro ci siano manovre speculative per indirizzare la produzione agricola di qualità verso forme di sostegno e utilizzo non consono dei prodotti enologici”.

“Noi come Fivi – chiarisce subito Matilde Poggi, presidente della Federazione vignaioli indipendenti – siamo orientati verso altre misure. Non riteniamo che la distillazione sia una misura interessante per i vignaioli che producono vino con un alto valore aggiunto. Invece si finanzi lo stoccaggio a quei produttori che devono impegnarsi a custodirlo fino alla riapertura dei mercati e valorizzare così determinate produzioni”. Angiolino Maule, presidente di VinNatur è lapidario: “Non ho nessuna idea di cosa sia la distillazione e di certo credo che interessi i vini industriali, non quelli di collina, prodotti con uve raccolte a mano. Una misura che mai mi ha interessato e che mai mi interesserà”. Sulla questione è intervenuta anche Ruenza Santandrea, ex coordinatrice del settore vitivinicolo dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari, oggi alla guida di Bolè, il progetto messo in campo da Cevico insieme a Caviro: “Ma qui parlo come una semplice cittadina esperta di questo mondo – sottolinea la Santandrea – Va bene la distillazione, ma questa va fatta in tutti i paesi della comunità europea. L’Italia ha ormai intrapreso un percorso di qualità che non va interrotto. Per questo dico che questa misura, ossia quella della distillazione, va affrontata a livello di Europa. Non avrebbe senso che un paese distilli il vino e un altro no. Anche perché – precisa ancora la Santandrea – i dati delle vendite di vino del primo trimestre non sono così tragici, anzi sono in aumento. Perché è vero che c’è stata una diminuzione nei canali dell’Horeca, ma chi aveva i mercati consolidati ha venduto lo stesso. E’ aumentato il canale della Gdo. Ora bisognerà capire il secondo semestre come sarà. In ogni caso una distillazione di emergenza si potrebbe ipotizzare. Fermo restando che il vino in Italia viene prodotto per essere venduto e non distillato. Ma a situazioni straordinarie, seguono misure straordinarie. Si potrebbero ipotizzare misure per lo stoccaggio e nell’eventualità dare la possibiltà della distillazione se i quantitativi sono eccessivi”.

“Distillazione volontaria – precisa Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi – La distillazione non deve essere un’imposizione, ma una scelta del produttore. Assoenologi ha chiesto proprio la distillazione di crisi come misura di sostegno alle cantine italiane. Un modo per aiutare soprattutto i produttori che non sono dentro i canali della Gdo e che non possono permettersi di stoccare vino in cantina per lunghi invecchiamenti”. Ma c’è la questione prezzi: “Si parla di 20, 30 centesimi al litro – dice Matilde Poggi – Va bene che è un momento di crisi, ma qui si esagera. Io, per fortuna, ho letto un provvedimento interessante scritto dal Ministero dell’Agricoltura, ossia delle riduzione delle rese dei vini generici da 500 a 300 quintali per ettaro. Sarebbe importante, anche perché non ha senso produrre tutto questo vino che non avrebbe nessun canale di sbocco. Stiamo vivendo una situazione quasi da film, che ha messo a dura prova il Governo e l’Italia. Giusto che gli avanzi di spesa siano destinati alla Sanità, ma il mondo del vino mi pare che sia tornato a decenni fa. E’ una situazione difficilmente fronteggiabile e ci siamo trovati dentro dalla sera alla mattina. Mi auguro che ne usciremo con la stessa velocità”.
Il problema della distillazione, secondo Paolo Castelletti è quella di capire come trovare questi fondi. Oggi sul “piatto” ci sono dai 30 ai 50 milioni di euro, che però sono soldi già in mano all’Italia: “Da Bruxelles ci hanno autorizzato alla distillazione, ma utilizzando i risparmi dei fondi specifici di sostegno per il mondo del vino italiano”. E con i soldi a disposizione si potrebbero distillare 2,5-3 milioni di ettolitri di vino. Ne rimarrebbero fuori almeno più del doppio. Per questo la richiesta al ministro Teresa Bellanova è quella di fare pressioni a Bruxelles perché metta mano al portafogli e dia più fondi per la distillazione. Su questa tematica sono d’accordo Confagricoltura, Cia, Alleanza delle Cooperative Italiane, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi. “La distillazione di crisi è legata al momento che sta vivendo il nostro paese – dice Castelletti – Non intendiamo di certo svilire la qualità dei nostri prodotti. L’Horeca, un settore fondamentale per il mercato dei vini italiani in questo momento è bloccato in tutto il mondo. Allora la domanda è una sola: questo vino dove lo mettiamo? La permanenza sul mercato di tutto questo invenduto, rischia di compromettere il valore delle uve della prossima vendemmia. Che non è così lontana come sembra. E’ ormai alle porte”.

Ma sul banco rimane la questione remunerazione della distillazione: “Deve essere equa – precisa Cotarella – Chi critica questa misura è un po’ egoista. Magari sono coloro i quali non hanno bisogno di un minimo di sostegno economico oppure sono habitué della Gdo. E non comprendono, invece, che se si toglie dal mercato il vino in eccesso si qualificano anche quei vini che non hanno bisogno di questa misura. Ci sono tante cantine, di vini generici, che hanno una giacenza incredibile e a breve dovranno anche raccogliere l’uva del 2020. Rischiamo che tante cantine non potranno accogliere il prodotto dei soci e credo che ci sarà una rivolta sociale. Chi non vuole fare la distillazione semplicemente non la faccia, ma non critichi chi sceglie di farla. Noi saremo i primi a sostenerla. E so per cento che consorzi importanti, come il Chianti Classico, ci stanno pensando”.

“La distillazione non può essere una fonte di guadagno per i produttori di vino, ma una forma di ristoro in un momento particolare – dice Castelletti – Mica può essere vista come un premio, si tornerebbe indietro nel tempo di 50 anni, quando si generarono mercati paralleli che non servivano a nulla. I 25 centesimi al litro ci stanno e si avvicinano al prezzo (28,30 centesimi litro) di un vino generico. Sui vini a denominazione andrebbe fatto un discorso a parte, ma probabilmente, almeno inizialmente, la distillazione sarà fatta solo per i vini generici”. “A me pare un po’ prematuro parlare di distillazione – conclude Agueci – questo perché ancora non sappiamo se e quando ne usciremo dalla questione coronavirus. Chiaro che ci sarà un indebolimento dei mercati, ma come si fa fin da adesso ad avere l’idea della distillazione? In ogni caso mi auguro che, se distillazione debba essere, si evitino le manovre speculative. C’è una forte richiesta di alcol e non vorrei che a molti balenasse l’idea di riconvertire la propria produzione. Sarebbe un errore tremendo. La distillazione di solito si fa dove ci sono i grossi quantitativi. Noi abbiamo meno di 100 mila ettari vitati, forse solo la Puglia potrebbe averne bisogno. Ma anche loro hanno ridotto molto il quantitativo di vigneti. Io spingerei su altri provvedimenti. Penso alla produzione di succo d’uva o mosto concentrato, dei prodotti che potrebbero interessare importanti comparti del mondo”.