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Scenari

La sfida di Riccardo Cotarella in Alto Adige: “Qui c’è una biodiversità unica”

06 Ottobre 2020

La valle Isarco è forse la regione vinicola meno conosciuta dell’Alto Adige e quella con le potenzialità più belle.

È per questo che Riccardo Cotarella, il più famoso degli enologi italiani, ha accettato la sfida lanciatagli dalla Cantina Valle Isarco – Eisacktaler Kellerei, che è andata a bussare alla sua porta per chiedergli di firmare i suoi vini a partire dalla vendemmia in corso e all’alba di un anniversario importante, quello dei 60 anni che la realtà cooperativa compirà nel 2021. “Sono estremamente contento di questo nuovo incarico e molto positivo – afferma Riccardo Cotarella –. Ho accettato questa collaborazione con molto piacere, anzitutto perché l’Alto Adige è una delle poche regioni italiane che mi mancavano dove cimentarmi come enologo, in secondo luogo perché la ritengo una zona estrema in molti sensi, e unica, nel territorio, nei vitigni, nella mentalità di produzione, nella voglia di migliorarsi. A 72 anni bisogna avere motivazioni interessanti e qui le ho trovate, in questa cantina ci sono tutti gli ingredienti per poter mettere in campo una collaborazione piena di entusiasmo e di prospettive”.

“L’Alto Adige è un territorio unico soprattutto per la sua biodiversità e l’habitat naturale, unico nel panorama italiano – dice Cotarella alla nostra redazione – Se ho paura delle altitudini? Se non altro i vigneti da queste parti soffriranno meno che in altre zone. Qui serve un’agricoltura di precisione, una viticoltura fatta di cultura e scienza. Non c’è spazio per l’improvvisazione. I cambiamenti climatici ci impongono degli approcci diversi”. E a proposito di cambiamenti climatici, Cotarella rientra nel suo ruolo di presidente di Assoenologi e fa il punto della vendemmia appena trascorsa: “Come quantità credo che abbiamo azzeccato le previsioni – dice – Siamo di appena qualche punto sotto lo zero rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda la qualità, si tratta di un’annata che va considerata buona, con punte di ottimo ed eccellente in molte zone. Ma è riduttivo, per l’Italia fare un’unica definizione della vendemmia. Camba non solo da regione a regione, ma da territorio a territorio”.

Tornamo alla nuova avventura di Cotarella in Alto Adige. Armin Gratl, direttore generale della cantina sociale, dice: “Abbiamo scelto Riccardo Cotarella per la sua grandissima esperienza nazionale e internazionale, nonché per la sua voglia di misurarsi con un territorio a lui fino a oggi sconosciuto, convinti che il nostro enologo Hannes Munter possa trarre da questa consulenza un grande aiuto per una crescita professionale che va dalla campagna alla cantina. Ci siamo dati dei tempi medio lunghi di collaborazione con Cotarella, non si tratta di una consulenza mordi e fuggi. Abbiamo stabilito assieme a lui un programma di lavoro pluriennale che coinvolga tutte le aree della cantina perché abbiamo intenzione di trarre giovamento a 360 gradi da questa collaborazione, non solo per noi, ma anche per valorizzare tutta la produzione vinicola della valle Isarco”.

L’obiettivo è, naturalmente, ambizioso: “Esistono le condizioni per riuscire a fare il vino migliore della valle – afferma Cotarella –. Quanto prodotto fino a ora è già ottimo, per renderlo ancora più speciale, quindi, dobbiamo cercare minuziosamente dei margini di miglioramento, dobbiamo impegnarci tutti. Dobbiamo fare vini importanti, oltre che beverini”. L’enologo, che è consulente di oltre un centinaio di aziende in Italia e all’estero ed è anche presidente nazionale di Assoenologi e docente di Viticoltura ed enologia presso l’Università della Tuscia di Viterbo, ha iniziato il suo incarico a partire dal primo agosto 2020 e in queste settimane ha avuto modo di conoscere meglio la realtà e il suo territorio: “Questa cantina ha diversi motivi per fare vini molto personali: vigneti, esposizione, qualità intrinseca dei vitigni. Io sono assertore del fatto che il territorio sia importante laddove chi lo abita sa cosa significa valorizzarlo, ed è questo il caso, il territorio e i vitigni sono tutto: la cosa ancora più importante è l’approccio umano. Ritengo che non ci sia entità più predisposta a voler eccellere di una cantina sociale perché solitamente è mossa dalla voglia di dimostrare che non è solo un posto dove scaricare uva. Seguo circa 12 cooperative e ho trovato sempre questo spirito. Inoltre, una cantina sociale ha a disposizione una trasversalità umana e territoriale per portare a termine in viticoltura le sperimentazioni più importanti”.

Gli atout di Cantina Valle Isarco – Eisacktaler Kellerei sono molti: “Abbiamo una varietà di microclimi e di vitigni molto interessante, distribuita su pendii aspri e versanti scoscesi, difficili da coltivare – spiega il direttore generale Gratl –. Terreni leggeri e poveri, pietrischi di origini glaciale e sedimenti fluviali, con basse rese intrinseche. Coltiviamo 10 vitigni a bacca bianca e 4 a bacca rossa per un totale di 950 mila di bottiglie prodotte all’anno. Molti dei nostri associati sono davvero piccoli, hanno in media poco più di un ettaro, ma dedicano cura e attenzione altissime”. La valle Isarco è una delle regioni viticole fra le più interessanti d’Europa (e la più a nord d’Italia) per la produzione di vini bianchi. “Beneficiamo della notevole escursione termica fra giorno e notte – continua Gratl – dovuta alla vicinanza delle montagne, delle scarse piogge e dell’importante quantità di ore di sole nel corso dell’anno. Condizioni atipiche per un territorio alpino da cui la viticoltura trae grande beneficio”. Ma non solo, perché qui crescono uve uniche: Kerner, Sylvaner, Müller Thurgau, Grüner Veltliner, Gewürztraminer, Riesling, che danno vita a vini freschi, sapidi, minerali, con alte e sorprendenti percentuali di alcol, in grado di sviluppare profumi inediti rispetto ai cugini di altre zone dell’Alto Adige. I vitigni a bacca rossa, la cui produzione si situa nelle zone meridionali della vallata, subito alle spalle della città di Bolzano, sono invece la Schiava, lo Zweigelt e il Pinot Nero, di cui sono ancora da esplorare tutte le reali potenzialità. “Sto analizzando in queste settimane le caratteristiche e le prospettive di ogni singolo vitigno – racconta Cotarella –. Noi enologi dobbiamo dare il massimo con qualsiasi tipologia di uva, è il nostro lavoro, ma certamente sono molto interessato al Sylvaner, che è il vitigno più storico, e ancora di più al Kerner, vitigno di grandissimo carattere, che si presta a molte interpretazioni e stili”.

C.d.G.