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Scenari

L’export dei vini italiani rallenta: “Serve diversificare i mercati”

10 Settembre 2019
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“I tassi di crescita del vino italiano all'estero sono inferiori a quelli di cinque anni fa e oggi la dinamica di crescita è legata solo allo spumante. Nei primi sei mesi del 2019 vediamo una crescita degli Stati Uniti, primo mercato di riferimento, dove l'import di vini è aumentato dell'8%, mentre l'Italia è cresciuta solo del 4%. La Cina è in sofferenza e anche qui l'export del vino italiano ne risente, mentre cresciamo in Giappone, a doppia cifra, e in Canada. Per il futuro l'obiettivo è certamente quello di diversificare i mercati”. 

Così Denis Pantini di Nomisma Wine Monitor, a Firenze, per la presentazione di una ricerca “sull'evoluzione dell'export enoico tricolore”. E' stata illustrata in occasione della consegna di un premio dell'Istituto Grandi marchi al giornalista americano Burton Anderson. “Al momento siamo concentrati solo su Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Svizzera e Canada – ha osservato Pantini – La vera sfida è allargarci in altri mercati, in primis la Cina e poi l'Est Europa dove cresciamo, ma non agli stessi ritmi dei nostri concorrenti”. Piero Antinori, di Marchesi Antinori, si dice “ottimista per il futuro del vino italiano perché abbiamo fatto passi da gigante, ma ancora non abbiamo raggiunto l'obiettivo finale. C'è sempre qualcosa da migliorare, sia dal punto di vista qualitativo che da quello della valorizzazione del nostro prodotto, soprattutto all'estero e ancora di più sui mercati emergenti”. Per Antinori, “abbiamo ancora uno svantaggio nei confronti dei nostri concorrenti nei paesi asiatici, soprattutto in Cina che rappresenta il futuro del vino”. Il presidente di Federvini Sandro Boscaini ha osservato che “da tre o quattro anni purtroppo abbiamo una situazione di incertezza e instabilità internazionale che non aiuta il vino italiano. Con il fenomeno Prosecco e le bollicine più in generale abbiamo tamponato e siamo continuati a crescere ma i prodotti che ci hanno accreditati nel mondo anche se non calano sono stabili. Questi sono lo zoccolo duro del vino italiano. Non dobbiamo stracciarci le vesti ma neanche dormire sugli allori”.

C.d.G.