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Scenari

Limoni “a ruba”: e il prezzo raddoppia

08 Aprile 2020
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Con lo scoppio dell’emergenza coronavirus, è boom di richieste di limoni in Europa e nel resto del mondo con la produzione insufficiente che ha fatto quasi raddoppiare i prezzi.

E’ quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti dal quale si evidenzia che a spingere le quotazioni è l’incremento della domanda mondiale come disinfettante naturale. Le esportazioni di limoni sono sottoposte addirittura a controllo preventivo al pari di mascherine, ventilatori polmonari e altro materiale sanitario in Turchia dove l’agrume è impiegato in modo massiccio nella produzione di disinfettanti a base alcolica nelle abitazioni private e nei locali pubblici, con una conseguente impennata dei prezzi. Anche in Spagna che è il primo produttore di limoni dell’Unione Europa la domanda è aumentata enormemente mentre la produzione è risultata limitata per motivi climatici ed i prezzi sono schizzati. L’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Spagna con una superficie coltivata di poco più di 25.000 ettari dalla quale si sono ottenuti circa 3,8 milioni di quintali nel 2019, in calo del 14%, secondo l’analisi della Coldiretti. La regione maggiormente interessata dalla coltura è la Sicilia, dove si ottiene più dell’87% del raccolto nazionale ed a seguire la Campania e la Basilicata. Una produzione che non è sufficiente a soddisfare i consumi nazionali con 1,2 milioni di quintali di importazioni e 0,48 milioni di quintali di esportazioni nel 2019.

La produzione nazionale di limoni era notevole in passato, ma negli ultimi decenni si è persa oltre la metà della superficie coltivata, a causa soprattutto dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzioni. I limoni italiani peraltro sono di migliore qualità e, a seconda del tipo, si trovano tutto l’anno: limoni “primofiore” tra la fine di settembre e la fine di novembre, limoni “invernali” tra dicembre ed aprile, limoni “bianchetti” tra aprile e maggio e limoni “verdelli” tra giugno e inizio settembre. Particolarmente rilevante è il gruppo dei limoni con riconoscimento comunitario, sono ben 6 i limoni Igp: Costa d’Amalfi, Rocca Imperiale, Siracusa, Sorrento, Femminello del Gargano, Interdonato di Messina. L’emergenza coronavirus e l’aumento esplosivo della richiesta mondiale si è fatto sentire anche in Italia con aumenti delle richieste del 30% in Sicilia. In Campania per i limoni Igp di Amalfi salgono le richieste, ma c’è il 50% di produzione in meno ed il prezzo sulla pianta è quasi raddoppiato e oscilla fra 1,20 e 1,50 euro al chilo contro circa 0,60 dello stesso periodo dello scorso anno mentre in Calabria nell’alto Jonio a partire dalla piana di Sibari è caccia ai limoni con un aumento delle quotazioni fra il 10 e il 15%.

Il caso eclatante dei limoni è la punta dell’iceberg dello sconvolgimento in atto sul mercato agroalimentare mondiale dove si riducono i commerci con fluttuazioni violente dei prezzi e carenze per alcune categorie di prodotto. Infatti un numero crescente di Paesi cerca di garantire prima di tutto l’approvvigionamento della propria popolazione con la Russia che ha deciso di trattenere per uso interno parte della produzione di grano dopo essere diventata il maggior esportatore del mondo ed il Kazakistan che ne ha addirittura vietato le esportazioni mentre il Vietnam ha temporaneamente sospeso i nuovi contratti di esportazione di riso, il cereale piu’ consumato nel mondo. Una nuova centralità per l’agricoltura con anche la riscoperta di nuove funzionalità come l’impiego in Italia dei trattori per la sanificazione delle strade o la possibilità – suggerita dalla Coldiretti – di utilizzare le eccedenze di vini generici per ottenere alcol disinfettante per usi sanitari da utilizzare nelle trincee della guerra al virus da nord a sud del Paese dove gli acquisti di alcol denaturato praticamente triplicati (179%)

Gli effetti della pandemia hanno fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dalla produzione agricola per l’alimentazione, l’ambiente e la salute dei cittadini” conclude il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che in uno scenario di questo tipo “l’Italia in futuro potrà trarre beneficio dalla sua tradizione rurale ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale in una situazione in cui l’ultima generazione è stata responsabile della perdita di ¼ delle terre fertile nella Penisola per colpa all’urbanizzazione e all’abbandono forzato”.

C.d.G.