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Scenari

Mafia, affari in agricoltura: costi che si moltiplicano del 300 % dal raccolto alla tavola

14 Agosto 2018
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(Controlli dei Carabinieri durante la raccolta delle olive)

L’ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi moltiplicano fino al 300 per cento dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali. 

E’ quanto afferma la Coldiretti in relazione all’operazione antimafia della Dia di Palermo su infiltrazioni della criminalità organizzata nel mercato ortofrutticolo. Il volume d’affari complessivo delle mafie nell’agroalimentare è salito a 21,8 miliardi di euro secondo la Coldiretti con la filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita che è divenuta una delle aree prioritarie di investimento della malavita. Le mafie – sottolinea la Coldiretti – condizionano il mercato agroalimentare stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto. In questo modo la malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. “Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale – afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -, ma anche con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto”.

C.d.G.