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Scenari

Ristoranti, le scelte dei proprietari: menu “più salati” per quasi 4 locali su 10

17 Ottobre 2022
ph Giovanni Franco ph Giovanni Franco

di Maria Giulia Franco

Si torna a tavola con menù più salati.

Tornano a fare affari i titolari dei ristoranti. Il 2021 è stato un anno di record negativi per la ristorazione italiana, con il numero più basso di attività iscritte alle Camere di Commercio, il saldo tra iscrizioni e cessazioni più cospicuo degli ultimi dieci anni, 8 locali su 100 chiusi nella Capitale, l’assenza di personale nel settore complicata dal -47% di iscritti alle scuole alberghiere negli ultimi 6 anni. E’ emerso al Forum della Ristorazione a Padova. Nello stesso anno, però, il mercato dell’online food delivery è aumentato del 15,3%, le prenotazioni online sono raddoppiate e nel 40% dei casi i clienti scoprono il locale via web, a testimonianza del cambiamento epocale che la tecnologia sta rappresentando per il settore.

Il 2022, seppure caratterizzato dal rincaro della materia energetica con il conseguente aumento dei prezzi in menu per il 36,9% dei ristoratori, fornisce segnali incoraggianti di ripartenza secondo il Rapporto 2022 dell’Osservatorio Ristorazione, spin-off dell’agenzia RistoratoreTop e organizzatore del Forum, realizzato con dati Istat e Censis, le associazioni di categoria Fipe e Federalberghi, Wearesocial, le banche dati di Infocamere e la web app Plateform. Nel 2022 per far fronte al caro bollette di luce e gas, il 63,6% dei ristoratori intervistati ha dichiarato di aver modificato la propria attività: di questi, il 36,9% ha aumentato i prezzi in menu, il 32,1% ha ridotto i consumi, il 20,7% ha ottimizzato i costi di produzione, il 10,3% afferma di aver dovuto effettuare tagli al personale. Quanto ai rincari in menu per il cliente finale, il 26,95% degli intervistati ha effettuato aumenti inferiori al 5%, il 44,6% tra il 6 e il 10%, il 19,7% tra 11 e 15% e l’8,75% sopra il 16%. E’ emerso anche che l’anno scolastico 2021/2022 ha invece visto iscriversi solo 34.015 giovanissimi aspiranti operatori del settore, -47,1%. La fuga di capitale umano dal settore, definita a livello internazionale “The Great Resignation”, è frutto di una complessa concomitanza di cause, riassumibili nella disillusione rispetto al modello di ristorazione “patinato” raccontato dai media e dalla stessa categoria. All’aumento dei prezzi per i clienti deve corrispondere un offerta di qualità se no il rischio di tavoli vuoti si ripresenta.