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Scenari

Vino rosato, cambio di rotta. Vizzari: “Puntare su qualità e destagionalizzare il prodotto”

18 Maggio 2013
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Il consumo cresce, sebbene rimanga ancora una tipologia per molti poco conosciuta esercita sempre più fascino, conquista per leggerezza ed eleganza, per grande bevibilità e facilità di abbinamento a tavola.

 Il vino rosato si afferma con una identità ben precisa e in fatto di qualità e territorio vuole viaggiare ad alta quota. “Non dobbiamo più parlare di moda. Il vino rosato non è una moda, piuttosto è un modo di concepire  e interpretare il momento evolutivo dei consumatori di vino. I vini rosati non devono rappresentare qualcosa di anomalo, ma di tipico perché legati a vitigni e zone di produzione”, ha dichiarato Antonio Calò, il presidente dell'Accademia Italiana della vite e del vino che ha fatto da padrone di casa al Castello Aragonese di Otranto in occasione del Concorso Enologico Rosati d'Italia.

Secondo produttore al mondo di rosati, dopo la Francia e seguito da Usa e Spagna, l'Italia ha acquistato maggiore consapevolezza del proprio potenziale produttivo, in termini di qualità. Tutt'altro che facile da fare, rappresenta una sfida che possiamo dire in parte vinta alla luce dei risultati ottenuti al Concorso. Non espressione circoscritta ad un unico areale, i migliori rosati, quelli saliti sul podio, ci offrono un panorama variegato. Da nord a sud della Penisola la rotta delle cantine è chiara: 'investimento su metodo di produzione e qualità per estrarre il massimo della caratterizzazione territoriale. Anche per questa tipologia la parola d'ordine è territorio, non sfugge alla rivendicazione del luogo di origine cui ci si sta tanto appellando per le altre. Non è più il vino che gioca solo sulle variabili colore/acidità/freschezza. “Si realizza un sogno – aggiunge Calò- raccogliamo adesso i risultati di quello che abbiamo cominciato a fare tanti anni fa con le iniziative di rilancio dei vini rosati. Abbiamo una strada aperta, non dobbiamo abbandonarla”.

L'Italia secondo Paese produttore di rosati e quarto per consumi, vanta il primato nell'esportazione. Un traguardo sul quale non ci si può adagiare secondo Enzo Vizzari, direttore delle guide de L'Espresso, anche lui presente nella citadina salentina alla cerimonia. “Non basta essere contenti solo perché siamo i maggiori esportatori – ha detto-. La quantità di vino sfuso è ancora troppo alta e troppi i vini a basso prezzo. Bisogna lavorare ancora sulla qualità. Di mode sul vino ne abbiamo viste tante. Una moda che non ho mai condiviso è quella dei vini novelli, vedete come si è spento questo fenomeno? (intendendo chi non li sapeva davvero fare). Erano tra virgolette vini finti, costruiti, si erano trovate formule chimico tecnologiche per fare vini che piacessero subito. Tutto questo non deve avvenire col rosato”. Per Vizzari chi produce rosati deve tenere presente tre concetti: “Primo – dice -Nessun compromesso, nessuna scorciatoia, bisogna fare sacrifici, mettere impegno, avere il discernimento per capire quali vitigni e terrori possano dare la migliore qualità. Secondo: preservare l'identità dei singoli vitigni e portarla avanti. Non basta far bene le cose. Terzo: capire come vendere, in quali canali e con quali strategie di marketing, lavorando soprattutto sulla destagionalizzazione dei consumi. È una delle priorità che ci si deve imporre anche a livello domestico, almeno in Italia vediamo di farlo. Che il rosato non sia solo il vino fresco, l'aperitivo d'estate”.