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L'intervista

Aldo Lorenzoni: “I vini vulcanici pronti a conquistare il Mondo”

27 Agosto 2015
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Il direttore del consorzio del Soave parla di “Volcanic Wines”: “Ma prima dobbiamo imparare meglio a fare sistema”

 

(Aldo Lorenzoni)

Quando sei anni fa il primo calice di questi vini “speciali” finì tra le mani di esperti degustatori ed addetti ai lavori, ci si rese conto che i “vini vulcanici” avevano una sorta di marcia in più.

Aldo Lorenzoni, direttore del consorzio del Soave, racconta quasi con un pizzico di nostalgia quel giorno: “Stavamo svolgendo una manifestazione dal nome 'Tutti i colori del bianco' e ci siamo subito accorti che questi vini, provenienti da territori così affascinanti e quasi incontaminati mettevano in mostra tutti loro caratteri e le caratteristiche di longevità dei bianchi ed erano quelli che ci piacevano di più”.

Alla manifestazione presero parte vini bianchi provenienti da tutta Italia, ma quelli vulcanici, “oscurarono” quasi del tutto le altre etichette. “Non assomigliavano agli altri – racconta Lorenzoni -. Penso al Caricante, al Garganega, al Falanghina, al Grechetto, al Vermentino, che avevano ed hanno caratteristiche uniche, irripetibili e subito individuabili, al primo assaggio”.

Per questo Lorenzoni, insieme a Giovanni Ponchia, enologo del consorzio Soave, studiarono e misero su il primo evento dei vini vulcanici, che si chiamava “Vulcania”. “Noi vogliamo che questo evento, oggi conosciuto come ‘Volcanic wines’, racconti storie, personaggi, quei territori che non sono spesso sui giornali, un po’ sconosciuti, ma che sono fortemente caratterizzati da vini incredibili”.

Ma i Vini Vulcanici hanno voglia di Europa e di Mondo. “Tenere unito un comparto così vasto non è facile – spiega Lorenzoni –perché ogni territorio ha le sue dinamiche, le sue organizzazioni, insomma situazioni variegate ed articolate. Ora cercheremo di darci un regolamento, ma soprattutto degli obiettivi che orientino i vini vulcanici verso l’Europa e un mercato globale”.

Perché i vini vulcanici non sono solo tipici del Belpaese. In Francia, ad esempio, ma anche in Germania, a Santorini in Grecia, a Capo Verde, alle Canarie, in Giappone, solo per fare un esempio, ci sono territori che hanno anche loro voglia di raccontare le loro storie e di mostrare i loro vini.
“Con questi paesi abbiamo relazioni intense – dice Lorenzoni – ma prima di presentarci in Europa e nel mondo, per raccontare questi vini e queste storie, ci dobbiamo consolidare in Italia”.

È pur vero che i vini vulcanici piacciono fuori dall’Italia, oseremmo dire affascinano. “Perché più ci allontaniamo dall’Italia – aggiunge Lorenzoni – più il racconto diventa intrigante e nuovo, troviamo tantissima attenzione, in questi vini dislocati tra Veneto e Pantelleria”. Ma i vini vulcanici stanno crescendo. Qualche tempo fa le regioni Veneto, Toscana, Umbria e Lazio hanno ospitato una serie di buyer che sono rimasti molto soddisfatti.

Il Soave ha fatto da apripista a questa nuovissima e bellissima realtà. Questo per il potenziale di cui dispone, con 6.500 ettari di vigneti e ipoteticamente 50, 60 milioni di bottiglie da produrre. Ma anche altri territori fanno la loro parte ed hanno un fortissimo appeal. Dai Campi Flegrei con 75 ettari, ai Castelli Romani con 1.700 ettari, Frascati con 1.500 ettari, l’Etna con 700 ettari, Ischia con 50 ettari, Lessini Durello con 430 ettari.

“Una scoperta continua – dice Lorenzoni – ma ora ci aspettano due o tre sfide che vogliamo portare in porto al più presto. In primis stabilire con un regolamento apposito la possibilità per le aziende di inserire il marchio nelle bottiglie prodotte”.
E chiusura sull’Etna: “Adoro il Caricante – conclude Lorenzoni -, ma le potenzialità che può avere il Nerello sul mercato sono impressionanti. Ho detto a molti produttori di questa zona che l’Etna è un giocattolo incredibile e che possono romperlo solo loro”.

Giorgio Vaiana