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L'intervista

Antonio Rallo (Doc Sicilia): “In sette anni siamo diventati il quarto consorzio d’Italia”

11 Marzo 2020
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di Emanuele Scarci
Continuare sulla strada che ha condotto la Doc Sicilia a 96 milioni di bottiglie e investire di più per la promozione e i controlli di qualità.

Antonio Rallo al suo terzo mandato al vertice del Consorzio Doc Sicilia ha le idee chiare sulla rotta da seguire. Quella che ha consentito anche di arrivare nella posizione di quarto consorzio d’Italia. Tuttavia la strada rischia di essere sbarrata da una querelle. Il 28 maggio il Consiglio di Stato discuterà il contenzioso sulla modifica del disciplinare sull’uso del nome Grillo e Nero d’Avola avviato dal ricorso di Duca di Salaparuta, accolto dal Tar ma poi sospeso dai giudici d’appello. “Ho portato a termine 3 mandati – commenta Rallo, comproprietario di Donnafugata –, il primo però quando eravamo solo un’associazione e gli altri dopo la nascita del consorzio. Al progetto della Doc Sicilia ho iniziato a lavorarci dal 2009, due anni dopo abbiamo ottenuto il disciplinare e nel 2013 siamo partiti con il consorzio”.

In effetti, la progressione è stata superiore alle attese
“In 7 anni siamo passati da zero a 96 milioni di bottiglie. Siamo diventati il quarto consorzio d’Italia dietro Prosecco, Pinot Grigio e Abruzzo Montepulciano. Un successo propiziato dal costante miglioramento della qualità e dal programma di promozione della Doc Sicilia, che non era stato mai fatto”.

Quale la rotta del nuovo mandato?
“Continueremo su questa strada, privilegiando promozione e vigilanza: siamo partiti con 2 milioni di investimenti sulla promozione, poi saliti a 3 e quest’anno probabilmente ci avvicineremo ai 4 milioni. E’ importante l’azione di vigilanza che ha creato valore per tutta la filiera. Nel 2019 sono state effettuate 228 verifiche in enoteche, wine bar, piccola e grande distribuzione, siti di e.commerce. I controlli danno fiducia a chi investe e ai produttori onesti cioè a 452 imbottigliatori e 7.500 viticoltori. Facciamo anche controlli sugli scaffali all’estero. E poi incrociamo i dati con quanto dichiarato in fase di produzione. Un lavoro che dovrebbero fare anche gli altri consorzi”.

Dei 4 milioni per la promozione una fetta consistente sarà sempre destinata agli Stati Uniti?
“Una parte. L’anno scorso abbiamo aperto alla Cina e quest’anno investiremo anche in Canada. Poi Italia e Germania. Nel nostro Paese nel 2019 siamo stati probabilmente il primo investitore del vino grazie a 2 campagne televisive più web e giornali”.

Il contratto triennale di certificazione con l’Irvos quando scade?
“Nel luglio del 2021. In concomitanza con la nuova stagione viticola”.

Quali gli effetti del coronavirus?
“Rilevanti sul consumo fuori casa in alcune regioni del Nord Italia. Al Sud meno. Mentre i consumi domestici hanno avuto una spinta poderosa”.

Sulla spinosa vicenda Doc Sicilia-Duca di Salaparuta, il consiglio di Stato ha imposto la sospensiva. Ma l’esito è incerto.
“Intanto la sospensiva ha riportato allo status quo, cioè al momento in cui il Mipaaf aveva recepito le nostre modifiche al disciplinare. Il 28 maggio ci sarà la discussione nel merito e poi si andrà a sentenza. Apprezziamo la sensibilità con cui i giudici amministrativi hanno scelto una corsia veloce in vista della vendemmia 2020 e concedere quindi alle imprese il tempo necessario per organizzarsi”.

Quali sono i pericoli in caso di pronunciamento avverso?
“Non solo si darebbe uno scossone al sistema di regole e controlli di qualità della Doc Sicilia, ma la sentenza del Tar, se confermata, aprirebbe una falla nell’intero sistema delle denominazioni italiane. Nel merito, i giudici amministrativi parlavano di concorrenza nel raffronto con la disciplina di prodotti agricoli diversi dall’uva e dai vini. Per il nostro settore la legge prevede meccanismi stringenti per i vigneti, le rese, le riserve e quant’altro al fine di regolare l’offerta. Per non citare i controlli che sono fondamentali per la crescita stessa della Denominazione. Ma di questi aspetti il Tar non ha tenuto conto”.

E’ cautelativo anche il rinvio al 2022 delle fascette di Stato?
“Qualcuno lo ha letto come un voler prendere tempo. In realtà il primo pensiero è stato quello di dare seguito alle richieste di alcune imprese che ci chiedevano altro tempo per acquistare le etichettatrici e poter apporre i contrassegni di Stato”.