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La manifestazione

BeeRiver a Pisa “forza 10” – I NOSTRI ASSAGGI

31 Ottobre 2021

di Simone Cantoni

Un parziale, ma confortante, ritorno alla “normalità dei festival birrari”.

Così come in diverse altre piazze, tale segnale di ripresa trova conferma anche a Pisa. All’ombra della Torre Pendente, si è tenuta l’edizione 2021 di BeeRiver: la decima nella storia della rassegna (il cui esordio risale al 2016); e l’unica del 2021 (in deroga a un calendario che, normalmente, vede in agenda una versione primaverile e una, appunto, ottobrina), a fronte dell’annullamento -cinque mesi fa – della prevista “tre giorni” di maggio, cancellata chiaramente a causa delle restrizioni imposte dalle misure anti-Covid. Ebbene, l’auspicio è proprio che il peggio, riferendosi alla pandemia e ai suoi effetti più diretti, possa essere alle spalle: un auspicio confortato dai riscontri immediati raccolti a consuntivo dell’appuntamento toscano, pur in una cornice nella quale l’organizzazione ha, ovviamente, applicato le previste norme di sicurezza, contingentando ad esempio gli accessi alla Stazione Leopolda, sede dell’iniziativa. Stazione Leopolda la cui struttura, tuttavia, è tornata a ospitare – secondo la formula standard del festival – una “formazione” di dieci birrifici, ognuno con il proprio banco di somministrazione, al riparo di un ampio e confortevole spazio coperto (onde poter andare in scena anche in caso di pioggia).

UNO SPACCATO DELL’ARTIGIANALE ITALIANO
Dieci birrifici, si diceva: la cui estrazione variegata – in senso geografico ma anche in termini di filosofia produttiva (tra alte e basse fermentazioni; luppolature moderniste ed esterificazioni classiche; uso di lieviti addomesticati e microorganismi più o meno “non convenzionali”) – ha fornito uno spaccato, esso stesso parziale ma nondimeno interessante, dello scenario sul quale attualmente si muove il settore artigianale italiano. Per ciascuno dei dieci marchi protagonisti del BeeRiver 2021 ci è piaciuto annotare un prodotto rappresentativo: non necessariamente il migliore, quanto piuttosto uno tra i più capaci di “raccontare” il temperamento della propria scuderia di appartenenza.

LA BUSA DEI BRIGANTI (Padova)
Eclettica nelle direzioni stilistiche, la “ciurma” veneta mantiene in ogni caso la barra dritta verso un obiettivo chiaro: la ricerca di solidi equilibri sensoriali e, attraverso questi ultimi, di una forte bevibilità. In gamma (al momento) una sola bassa fermentazione: ma di personalità nitida. È la “Eva K”, una Keller Pils da 4 gradi e 3, la cui estetica si sostanzia in un colore paglierino, dotato di lieve velatura e di sostanziosa schiuma bianca; e la cui piattaforma aromatica ospita temi rituali per la tipologia: panificato chiaro, miele (acacia) ed erba tagliata, fiori bianchi e venature minerali. Corsaiola, la bevuta si avvale di un corpo leggero e di una bollicina guizzante, coprendo la corsa gustativa con voracità da centometrista e tagliando il traguardo con l’atteso picco di un’amaricatura comunque integrata e controllata.

CALIBRO 22 (Cavriglia, Arezzo)
Passionista del luppolo, ma rivelatosi, negli anni, capace di aprirsi – e con profitto – anche ad altre “tentazioni” organolettiche, il marchio valdarnese si cimenta con le seduzioni acide firmando la “Lei non sa chi sono io”, gustosa e ficcante Berliner Weisse ai lamponi (aggiunti al mosto in quota pari al 12%), tanto elevata nella densità sensoriale quanto moderata nella gradazione, inchiodata al 4%. Il colore è un carminio squillante, la trama visiva è limpida, la schiuma rosata e sottile; i profumi uniscono gli apporti del frutto cardine (legnosità da corteccia comprese) a quelli della fermentazione lattica (note da yogurt e lievito madre); mentre la sorsata – aitante grazie al corpo leggero e alla bollicina “sprint” – si avvita veloce attorno alla propria dorsale “sour” allegandole il supplemento di un dosato graffio tannico in chiusura di bevuta.

CANTINA ERRANTE (Barberino Tavarnelle, Firenze)
Tra i più interessanti laboratori della Penisola in fatto di birrificazioni non convenzionali, l’impianto toscano appone il proprio sigillo alla “Nonpedro”, una fermentazione spontanea (in legno) con l’accelerante metabolico garantito dai microrganismi residenti sulla buccia di frutta in aggiunta diretta (pari al 13% sul mosto): per metà pere (varietà “Decana del comizio”) e per metà mele (“Renetta Bianca”, “Deliziosa”), provenienti dalle non lontane campagne di Chianni (Pisa). Risultato? Colore dorato, aspetto velato e sottile schiuma bianca; aromi fruttati (tra cui ricordi anche di pesca e arancia sanguinella), selvatici (di prevalente matrice lattico-acetica) e liquorosi (ben 10 i gradi, benché privi di pungenza alcolica) con suggestioni da kefir; sorso sorprendentemente facile, strutturato attorno a una corporatura longilinea, in bell’equilibrio tra la stazza alcolica e la galvanica vibrazione acida.

PICCOLO BIRRIFICIO CLANDESTINO (Livorno)
Tra i cavalli di battaglia del marchio labronico, la “Santa Giulia” (Brown Ale da 6 gradi) è tanto un’etichetta “della prima ora”, quanto una “sempreverde”, inossidabile nel conforto del gradimento da parte di pubblico e critica. Il colore è un ambrato pieno, l’aspetto è pulito, il colletto di schiuma ampio e a tinte beige; il ventaglio olfattivo salda, su solide basi maltate (biscotto, nocciola, miele, un lieve caramello), argomenti più “aerei” (tabacco, fiori di zagara, delicate correnti da mela grattugiata); mentre la condotta gustativo-palatale – impernata attorno a una corporatura medio-leggera e a una bolla soffice – punta risolutamente verso una chiusura asciutta in cui s’intrecciano dosatissimi residui zuccherini ed eleganti amaricature.

DARF (Darfo Boario Terme, Brescia)
Tra gli alfieri italiani della bassa fermentazione, il birrificio lombardo firma una “Doppelbock” dalle robustezze ginniche: tratto espresso fin dalla gradazione, fissata a non oltre quota 7. La mescita – ramata nella massa liquida e abbellita da fitta schiuma nocciola – introduce un’olfazione fatta di temi tostati (biscotto, calotta di dolce da forno), fruttati (fichi, mandorle) e caramellati; mentre la sorsata – dotata di corpo medio-robusto e di bollicina vivace – parte abboccata e chiude asciutta, contenendo i residui zuccherini entro un telaio godibilmente atletico.

BIRRIFICIO FINALESE (Finale Ligure, Savona)
Meritatamente noto per le proprie Bitter, il marchio ligure spazia tuttavia lungo ampi segmenti dell’orizzonte tipologico internazionale; ad esempio con la sua “Gose”: una bomba di gusto a dispetto dei soli 4,5 gradi alcolici. Al banco di mescita il colore è un paglierino pieno, dalla trama ottica lievemente velata e dalla sottile schiuma bianca; l’argomento aromatico si attiene ai binari classici delle trame lattiche (yogurt), fruttate (pesca), minerali e agrumate; l’iter gustativo offre una carbonazione pimpante e una mordace cuneo acido-salino a sollecitare irrorazione del cavo orale, regalando bevute piacevoli a più riprese, con il beneficio della fruibilità seriale…

BIRRIFICIO DEL FORTE (Pietrasanta, Lucca)
Il “Grande Belgio” è ancora ben vivo tra i fermentatori dell’impianto versiliese; una vena pulsante che sforna stabilmente etichette ormai classiche per l’intero panorama italiano. Tra esse la “Regina del Mare”, muscolare Dark Strong Ale (8 i gradi alcolici) dal carattere profondamente rappresentativo rispetto alle tradizioni vigenti tra Fiandra e Vallonia. Il colore è un ramato squillante, di lieve velatura e ricca schiuma beige; i profumi – densi – abbracciano panificazioni dolci (a lunga cottura) e caramellature, frutta disidratata (prugna, fichi, banana) e speziature fenoliche (noce moscata), il tutto anche in versione “liquore monastico”; la bocca – calda ma non surriscaldante – calibra i residui zuccherini in un finale snello ai cui equilibri contribuiscono efficacemente anche una bollicina arzilla e una consapevole corrente di amaricatura di matrice tostata.

LA GILDA DEI NANI BIRRAI (Pisa)
Presentata anche in speciale versione natalizia, con aggiunta di cannella e pepe di Sichuan, la “Cordis” è una tra le referenze-bandiera del birrificio tirrenico. Si tratta di una robusta Wee Heavy da 8 gradi alcolici, sostanzialmente canonica nella costruzione estetica e sensoriale. Il colore è bruno e delicatamente velato, la schiuma beige e di stabile fattura; gli aromi compendiano tostature di varia matrice (calotta di panettone, nocciola), frutta surmatura e disidratata (fichi), tratti mielati (castagno) e prime torrefazioni (cioccolato); la sorsata, dotata di corpo medio-robusto e carbonazione soffice, si sviluppa prendendo le mosse da un incipit abboccato per procedere verso una chiusura snella, di voluta persistenza dolceamara.

KARMA (Alife, Caserta)
Dal catalogo del marchio campano peschiamo “Na’ tazzulella ‘e cafè”, possente Imperial Stout da 8,5 gradi (peraltro assai garbatamente avvertibili), elaborata con avena e pasta di vaniglia, oltre che – ingrediente cardine – caffè, utilizzato sia in semi sia in estrazione da moca (con classica caffettiera napoletana). Color ebano e schiuma beige, il suo naso intreccia alle ovvie note da “espresso”, altre torrefazioni (cioccolato, orzo in tazza), sentori legnosi (tabacco), di frutta in guscio (noce) e disidratata (prugna). La bocca, poi, compendia affilatezze e morbidezze facendo prevalere le seconde, tanto da offrire una bevuta provocatoria e carezzevole insieme.

MUTTNIK (Pavia)
Altro produttore assai eclettico, il birrificio lombardo trova una delle sue etichette-bandiera (se non altro per anzianità della presenza in gamma) nella “Strelka”, una Hoppy Saison a basso grado alcolico (4.7%) e ad inversamente proporzionale densità sensoriale. La ricetta, che in luppolatura vede il protagonismo di una varietà tra le più iconiche del repertorio statunitense, il Citra, dà vita a una mescita color paglierino, di diffusa tessitura e copiosa schiuma bianca; a un arco olfattivo composito in cui si alleano temi fruttati (pesca, banana, pera), agrumati (pompelmo) e speziati (ginepro) e floreali (lino); a una sorsata guizzante (leggero il corpo, vivace la bollicina), tesa a culminare in una chiusura secca che evidenzia la convivenza, e l’equilibrio, tra le due dominanti gustative, l’acidula e l’amaricante.